giovedì 30 aprile 2015

Israele all'Expo 2015 di Milano



L’Expo di Milano parte, da domani sarà aperto al pubblico. Il tema della grande kermesse è “Nutrire il Pianeta, energia per la vita”.

Tra i Padiglioni delle Nazioni, non poteva mancare quello di Israele.

All’interno del Padiglione di Israele, che si sviluppa su di un’area complessiva di 2369 metri quadri,  il visitatore è immerso in un’immediata e potente esperienza visiva che presenta un meraviglioso viaggio nell’ingegneria agricola con uno sguardo verso il domani dell’umanità.

Nel Deuteronomio la promessa che Dio fa al popolo di Israele è di una “terra di grano e orzo, di uva, di fichi e di melograni, una terra di ulivi e datteri”. Rispetto alla Terra Promessa, però, il moderno stato israeliano ha dovuto fare i conti con una limitatezza di risorse che ha spinto verso un approccio innovativo e tecnologico applicato  soprattutto all’agricoltura. E’ questo rapporto, i campi e la tecnologia, che si sviluppa in  “Fields of Tomorrow”, il padiglione dell’Expo targato Israele, presentato nei giorni scorsi a Milano.

ll padiglione è diviso in quattro aree. L’elemento caratterizzante ideato dall’architetto David Knafo è il “giardino verticale”: una parete lunga 70 metri e alta 12 interamente adorna di piante vive, i cui fiori e colori cambieranno con il passare delle stagioni. Un impatto visivo di forte spettacolarità, per dar modo al Paese di affrancarsi dall’immagine di un territorio arido. Il Padiglione infatti racconterà come in “soli 66 anni”, riporta la presentazione, “[Israele] ha trasformato una terra arida con poche risorse naturali in un terreno fertile grazie alla spinta della ricerca”.

Il richiamo alla vegetazione simboleggia la posizione d’avanguardia del Paese nel settore agroalimentare e nella lotta contro la desertificazione. Negli anni sono stati raggiunti dei grandi risultati grazie all’utilizzo di soluzioni innovative e tecnologicamente avanzate, all’ottimizzazione delle risorse idriche e alle opere di bonifica dei terreni incolti.


Il Padiglione è costruito per offrire al visitatore un’esperienza avvolgente divisa in due fasi. Nel primo spazio, attraverso film 3D ed effetti multidirezionali, è illustrata la storia dell’agricoltura israeliana dai suoi inizi al giorno d’oggi. Uno dei film presentati racconta il piano di rimboschimento di Israele portato avanti dal Fondo Nazionale Ebraico (KKL). Nel secondo spazio, una tappezzeria luminosa di led danza in ogni direzione.


Con la cucina a vista, all’interno del ristorante dai vividi colori e dal sottofondo musicale tradizionale, Israele conferma la volontà di stupire con i frutti della terra, la tradizione e l’ingegno.


“Non tutti avranno la possibilità o il tempo di entrare nel nostro Padiglione “ racconta Knafo “ così la nostra idea era di mostrare sin dalla struttura esterna il messaggio che Israele vuole mandare ai paesi presenti: siamo qui, a condividere la nostra conoscenza e aiutarvi a produrre il  vostro cibo”. I 70 metri su cui sorge il campo verticale sono infatti il biglietto da visita di Israele e della sua capacità di unire innovazione, hich tech e agricoltura.

I primi appuntamenti, alcuni di essi per lo meno, sono:
4 maggio: Simposio sulla certificazione kasher, con Rav. Alfonso Arbib, rav Roberto della Rocca , Jacques Fellus, rav. Menachem Genek
7 maggio presso il Padiglione Israele, concerto lirico di Orit Gavriel e Sivan Goldman
14 maggio presso il Padiglione Israele, inaugurazione ColorFood, mostra fotografica ideata dal’artitsa isrealiano Dan Lev e curata da Ilit Engel e con la partecipazione di oltre 30 rinomati chef, israeliani e italiani
14 maggio, presso Università Bocconi, L’alimentazione ebraica come opportunità di business, con rav David Lau rabbino capo di israele, rav Avrhama Haza, Andrea Sironi, Giuliano Pisapia, rav Alfonso Arbib
10 giugno, presentazione del libro La dieta kasher  cura di Rossella Tercatin, con la scrittrice Victoria Acik, Giorgio Mortara, rav Alberto Somekh, Silvio Tedeschi.


La tematica, nutrire il pianeta, non poteva che essere di grande stimolo per una delle eccellenze di Israele, e cioè il KKL , il Keren Kayameth LeIsrael , l’organizzazione ebraica ecologista che sin dai primi del 900 si è occupata di piantare gli alberi nel deserto, di contribuire alla creazione di quel giardino in mezzo al deserto e alla sabbia che è oggi Israele. Israele, grazie all’importante opera del KKL, è tra le nazioni, se non LA nazione, all’avanguardia nella lotta alla desertificazione.
Oggi il KKL non solo presta attenzione alla vegetazione, ma è all’avanguardia in settori come agricoltura, irrigazione e nuove tecnologie.  All’Expo, cui il KKL partecipa per la prima volta, ci sarà una parte interamente dedicata al KKL, ma in  verità gli intrecci tra KKL e tutto cio’ che il Padiglione Israele metterà in mostra sono tante davvero.
Previste conferenze su moltissimi temi  come “L’agricoltura nel deserto” o “Gli alberi di Terra Santa”

“La scarsità delle risorse naturali ha portato il paese a essere un pioniere nell’uso delle tecnologie innovative”, ha dichiarato Elazar Cohen commissario generale dell’Expo per Israele. “Oggi il comparto agricolo è interamente basato sulla tecnologia e riesce a tenere il passo grazie alla rapidità delle innovazioni”.

spot promozionale  Israele all'Expo

sabato 25 aprile 2015

I ragazzi venuti da Israele - la Brigata Ebraica




E' il 25 aprile, 70 anni dalla Liberazione dell'Italia dal Nazifascismo.
Nel mio titolo ho voluto riprendere quello di un libro recentemente letto (e spero non me ne voglia l'autore, Primo Fornaciari).
 L'incipit del libro è lasciato alle parole di Hanoch Bartov uno di quei ragazzi, oggi scrittore, " Non eravamo nè santi nè nobili cavalieri. Eravamo semplici ragazzi venuti d Israele, capimmo che eravamo lì per gli altri ebrei perseguitati d'Europa e che semplicemente dovevamo fare qualcosa per loro"

 Chi erano questi "palestinesi", questi ragazzi che provenivano dalla Palestina sotto mandato britannico?
Erano i ragazzi della Brigata Ebraica.

Negli ultimi giorni  si sono levate voci (ma ci sono da alcuni anni a questa parte a ridosso di ogni 25 aprile)  che vorrebbero l'esclusione della Brigata Ebraica dalle sfilate del 25 aprile, mentre si vorrebbero accreditare bandiere palestinesi.

Sgombriamo subito il campo da equivoci:  il 25 aprile ricorda la liberazione di Italia dal nazifascismo ed il rispristino della libertà e della democrazia
L'unica bandiera che deve sventolare nelle manifestazioni e nei cortei è la bandiera ITALIANA  unitamente alla bandiere delle formazioni partigiane e di resistenti che contribuirono a tale liberazione.
E certamente la Brigata Ebraica ha pieno titolo di esserci, la Brigata Ebraica contribui' con le sue azioni, con il sudore e il sangue dei suoi ragazzi alla liberazione del nostro paese, e ha diritto di manifestare con le sue bandiere e i suoi vessilli. 

Le bandiere palestinesi invece non c'entrano niente. 
Hanno avuto un ruolo nella liberazione di Italia ? no, anzi, per completezza di informazione, occorre ricordare che il Gan Muftì di Gerusalemme era un forte simpatizzatore del signor Hitler, proprio il nostro oppressore!
 Pertanto non hanno alcuna legittimazione a sfilare  nei cortei del 25 aprile. Chi intende manifestare per la causa palestinese avrà certamente altre occasioni o potrà indire manifestazioni  ad hoc, ma certamente non puo' arrogarsi il diritto di porre il veto alla presenza della Brigata Ebraica .
Chi continua a sostenere il contrario dovrebbe entrare in una biblioteca e prendersi alcuni testi di storia. Studiarla un po' meglio potrebbe essere illuminante.


Per tornare alla genesi, alla storia dei corpi combattenti sin da Jabotinski e da Trumpeldor vi rimando all'importante ed esaustiva opera dell'Associazione Amici della Brigata Ebraica    Origine della Brigata Ebraica

La Brigata Ebraica fu costituita nel 1944, dopo una lunghissima trattativa tra le Autorità ebraiche in Palestina e il Governo britannico mandatario su quell'area. La Brigata Ebraica era formata da ebrei che provenivano dalla Palestina, dalle Terre che poi di li a pochi anni sarebbero diventate Israele, ai quali si aggiunsero ebrei provenienti da Paesi soggetti al controllo inglese, come Canada, Sudafrica ed Australia ed altri provenienti dalla Russia e dalla Polonia.
 Il brigadiere generale canadese Ernest Frank Benjamin fu nominato Comandante della Brigata.
 Dopo un breve addestramento in Egitto, la Brigata fu inviata sul fronte italiano nel 1944 e integrata nell'Armata britannica. Insieme al Gruppo di Combattimento "Friuli", fu protagonista dello sfondamento della famosa Linea Gotica nella vallata del Senio. La Brigata ebbe la propria bandiera, bianco e azzurra con la Stella di Davide al centro, che sarebbe diventata la bandiera del futuro Stato di Israele.
In tutto la Brigata Ebraica combatté in Italia fino al 25 aprile 1945.

La Brigata si sciolse nel 1946 e i circa 9.000 soldati, che ne fecero parte, tornarono in Israele e furono determinanti per la costituzione del futuro esercito di Israele presto chiamato a doversi difendere nelle prime guerre che dovette sostenere.

Per approfondire il contributo della Brigata Ebraica alla liberazione di Italia riporto il seguente testo reperito  qui  http://www.brigataebraica.org/italiano/ilcontributo.html   sul sito dell'associazione amici della Brigata Ebraica


Di Rav Luciano Caro

Rabbino capo della comunità ebraica di Ferrara e delle Romagne
(Tratto dal libro “La Brigata Ebraica – fronte del Senio 1945” di Romano Rossi, per gentile concessione dell’autore)
La Brigata Ebraica, costituita da volontari ebrei provenienti dalla Palestina, allora sotto Mandato britannico, fu istituita da Churchill, d'accordo col Presidente americano Roosevelt, nel settembre del 1944, aderendo con una certa riluttanza alle molteplici richieste dell'Agenzia Ebraica che, fino dal settembre del 1939, aveva offerto l'appoggio della Comunità ebraica di Erez Israel allo sforzo bellico degli alleati.
Il 29 agosto del 1939, due giorni prima dell'invasione tedesca della Polonia, atto d'inizio della II Guerra Mondiale, Chaim Weizmann, leader del Movimento Sionista, comunicava al Governo britannico, che, nell'imminenza di un conflitto con la Germania, gli Ebrei di Palestina avrebbero collaborato attivamente con la Gran Bretagna.
L'Inghilterra non era particolarmente entusiasta dell'offerta ebraica sia per non suscitare reazioni del mondo arabo, sia per precludere una possibile futura richiesta ebraica di dare vita ad uno Stato ebraico in Palestina.
Ma, nonostante la fredda risposta britannica, su una popolazione ebraica residente in Palestina di circa 550 mila persone, 30 mila tra uomini e donne si presentarono alle autorità inglesi come volontari.
Nel 1941, pressato dagli eventi bellici, il comando militare britannico del Medio Oriente, diffuse un appello per un reclutamento individuale. Si presentarono volontari arabi ed ebrei che furono inseriti nelle varie unità dell'esercito inglese, più tardi entrate nel Palestine Regiment. Furono anche costituite piccole unità ausiliarie composte da personale specializzato per essere impiegate in caso di necessità.
Tali compagnie (PLUGOT) , composte di circa 250 elementi ciascuna, comprendevano originariamente arabi ed ebrei, ma, per le difficoltà di coesistenza tra i due gruppi e per l'alto numero di diserzioni arabe, finirono per essere costituite solo da personale ebraico. I membri delle PLUGOT godevano di una certa libertà di movimento ed erano connotati dalla dicitura "PALESTINE" sulle spalline della divisa. Elementi appartenenti alle PLUGOT giunsero in Italia nel corso degli sbarchi alleati; le PLUGOT non vanno confuse con la Brigata ebraica che si formò solo nel novembre del '44. E' interessante notare che la notizia della costituzione di una unità combattente ebraica (per la prima volta dopo circa 20 secoli!) suscitò la scomposta reazione della propaganda tedesca a cui si unì quella della Repubblica di Salò. 
Con rabbia e sarcasmo le emittenti tedesche criticavano Churchill per aver permesso "ai giudei di avventarsi come cani idrofobi contro il popolo germanico.....Il popolo inglese si è abbassato fino al punto di sguinzagliare la sanguinaria brigata giudaica".
I componenti della Plugot erano generalmente molto motivati in quanto provenienti dai Kibuzim e dalla Haganà (organizzazione militare preposta alla difesa della popolazione ebraica in Palestina), si attivarono per ridar vita alle Comunità ebraiche sconvolte dalla guerra. Si erano arruolati non solo per combattere i tedeschi, ma anche per portare soccorso a quanti erano scampati alle persecuzioni oltre che per diffondere l'idea sionistica quale soluzione ai problemi degli ebrei della diaspora. 
Al termine del conflitto si prodigarono nella riorganizzazione delle Comunità ebraiche curando soprattutto il settore giovanile e in primo luogo la riapertura delle scuole e l'istituzione di centri culturali e sociali. 
Si distinsero anche nelle attività assistenziali rivolte ai numerosi profughi non italiani. A sbarcare per prima in Italia, più precisamente in Sicilia nell'agosto del '43, fu una piccola unità addetta a un deposito cartografico (20° Map Depot). Ai suoi componenti fu riferito che in Italia nessun ebreo era sopravvissuto alle deportazioni. Ma nessuno li aveva informati che, per quanto attiene alla Sicilia, la presenza ebraica era da secoli insignificante. Nel settembre del '43, sbarcò a Salerno un distaccamento della 148° compagnia "autocisterne - acqua" che si distinse nel compito di rifornire d'acqua la popolazione napoletana e nel prestare aiuto agli ebrei della città. Altre compagnie autotrasporti giunsero nei giorni successivi. In ottobre, membri di queste compagnie incontrarono gruppi di ebrei Jugoslavi giunti fortunosamente sulle spiagge meridionali italiane. Fu questo il primo commovente incontro tra militari ebrei e profughi scampati ai lager nazisti.Nel novembre del '43 sbarcava a Taranto la 1a compagnia Genio (mimetizzazione), specializzata nel realizzare finte strutture militari per ingannare i comandi tedeschi.
I suoi membri si distinsero per aver saputo escogitare brillanti soluzioni per raggiungere lo scopo.
I membri delle PLUGOT sparsi nel territorio liberato dai tedeschi ammontavano a più di tremila uomini. Allo scopo di coordinare l'attività delle varie Compagnie nell'opera di soccorso ai profughi ebrei che stavano affluendo nell'Italia meridionale, venne costituito a Bari un "Centro profughi". Con la liberazione di Roma (giugno '44) questo fu trasferito nella capitale. Il 15 luglio, nell'Oratorio di V.Balbo si tenne un incontro al quale presero parte rappresentanti delle varie unità militari e il Rabbino dell'VIII armata inglese.
Furono affrontati i gravi problemi della Comunità Ebraica di Roma. Successivamente altri centri operativi furono istituiti a Ancona, Fano, Faenza, Ravenna, Firenze, Arezzo, e Siena.
Dopo la liberazione, centri analoghi furono costituiti in varie città dell'Italia settentrionale.Tra le attività finalizzate al recupero dei giovani scampati alla Shoà, vennero istituiti centri di preparazione professionale (Hakhsharot), per quanti fossero interessati a "salire" in Terra d'Israele. Si trattava di centri agricoli sul modello del Kibbuz. Le prime strutture di questo genere sorsero a Bari (1944) per accogliere profughi iugoslavi e giovani cecoslovacchi e, poco più tardi, nei pressi di Foggia.
Nell'opera di soccorso e specialmente nel campo dell'assistenza sanitaria, si distinsero ausiliarie femminili sbarcate a Taranto nel maggio del '44.
L'attività dei militari ebrei nell'opera di ricostruzione morale e materiale delle comunità ebraiche delle città via via liberate è stata veramente meritoria.
Le Comunità erano in stato disastroso. Ai sopravvissuti, sbigottiti dall'immane tragedia che li aveva colpiti, i giovani militari ebrei infusero incoraggiamento, entusiasmo e voglia di vivere. L'incontro con militari le cui insegne recavano il simbolo ebraico della stella a sei punte, fu per gli scampati, motivo di emozione e di orgoglio.
Si devono ai giovani militari i primi provvedimenti per la riattivazione delle istituzioni comunitarie a cominciare dalla registrazione degli ebrei presenti , dalla riapertura delle scuole e con la riattivazione della DELASEM (Delegazione Assistenza Emigrati), benemerita organizzazione per l'assistenza ai profughi.
Allo scopo di preparare istruttori in grado di risollevare le Comunità ebraiche del Centro e del Nord Italia, furono organizzati a Roma appositi Seminari.
Lo stesso personale fu anche impiegato per dar vita, come si è detto, alle Haksharot, centri predisposti per avviare i giovani alla Terra dei Padri soprattutto per colonizzare zone incolte del deserto. Ne furono istituite nei pressi di Roma, Firenze, Livorno e Ancona.
I soldati delle Compagnie, per provvedere alle necessità dei sopravvissuti, collaborarono con l'American Joint Committee e l'UNRRA e spesso non esitarono a prelevare disinvoltamente materiale dai magazzini militari inglesi.
Molti ricordano ancora di aver frequentato la scuola riaperta dai militari a Firenze nei locali attigui alla sinagoga di via Farini. Altre scuole furono aperte a Livorno e a Siena.
Le varie PLUGOT chiesero più volte invano di essere incorporate nei ranghi della Brigata ebraica combattente. Solo tre Compagnie furono accettate perchè ritenute indispensabili a completare i ranghi della Brigata.
Tra le attività delle PLUGOT, va ricordata l'opera di una compagnia del Genio, la 745a, composta da membri del Solèl Bonè (impresa edile della confederazione dei lavoratori di Erez Israel). Questa riuscì, in tempi brevi, a riattivare un ponte sul Po, nei pressi di Lagoscuro. Il ponte era stato distrutto dai tedeschi in ritirata e la sua ricostruzione permise ai carri americani di irrompere nella Pianura Padana.
A fine maggio del 1945, le Compagnie Genieri e Trasporti furono trasferite nel nord Italia e si prodigarono per riattivare le comunità ebraiche di Milano, Trieste, Venezia, Padova e Torino. I loro membri collaborarono con il centro di coordinamento per l'assistenza istituito a Milano in via Unione e all'istituzione di Hakhsarot a Brivio e Ceriano Laghetto nei pressi del Lago di Como.
Le attività belliche della Brigata Ebraica durarono circa sette settimane, ma l'azione delle PLUGOT si protrasse molto più a lungo. Poi le Compagnie furono smobilitate e iniziò il rimpatrio dei soldati. Ma alcuni restarono in Italia come civili per proseguire l'opera di sostegno e soccorso ai sopravvissuti.
Non va sottaciuto che le attività della Brigata e delle PLUGOT sono state una scuola di guerra per coloro che entrarono a far parte dell'esercito del nuovo Stato d' Israele. E' giusto quanto afferma Romano Rossi che " la Brigata Ebraica divenne la struttura portante delle nascenti forze armate israeliane".
Ai membri della Brigata Ebraica e delle PLUGOT, va la riconoscenza della comunità ebraica italiana e delle migliaia di profughi assistiti durante la loro permanenza nella Penisola.


Interessante e importante anche il contributo Il contributo femminile alla Brigata Ebraica  contributofemminile




Hanoch Bartov, continua"  Ci sentivamo diversi dagli ebrei della diaspora, dai nostri fratelli appena immigrati dall’Europa.  Ma poi, l’aver militato nella Brigata Ebraica, durante la seconda guerra mondiale, mi ha fatto incontrare la realtà dell’Olocausto, ed è stato uno shock incontrare i sopravvissuti in Europa, o come si chiamavano in ebraico, “shearit hapleta”, gli sfollati. 

Il mio modo di pensare è cambiato. Ho capito che appartenevamo alla stessa nazione. Mi ricordo come in quei mesi abbiamo cercato, noi soldati della Brigata, i nostri parenti che forse erano sopravvissuti all’Olocausto. Ricordo ancora il nostro commovente incontro con i sopravvissuti. Certo, alcuni di noi sostennero propositi di vendetta, ammazzare nazisti e SS. Si discusse, ricordo, di queste cose.
Ma alla fine decidemmo che la vittoria, e la vittoria dell’idea sionista, sarebbe stata la miglior vendetta contro chi aveva tentato di distruggerci "
Testimonianza dello scrittore Hanoch Bartov  (sempre da www.brigataebraica.org)





Buon 25 aprile a tutti, con il ricordo di tutti i caduti per la libertà e la democrazia.
Io sono di Alba, quella città che "Alba la presero in duemila il 10 ottobre, e la persero in duecento il 2 novembre 1944" (Fenoglio, I 23 giorni della città di Alba), ho conosciuto partigiani, anche con il numero tatuato sull'avambraccio perchè la loro fede nella libertà era piu' forte del giogo del nazista o perchè non si piegarono alle leggi razziali e non denunciarono il vicino di casa in quanto ebreo.

Oggi è giornata di ricordo, di memoria. Non di polemiche sterili e pretestuose. 
Alziamo la bandiera dell'Italia e di chi  supportò e aiutò la liberazione di questa nostra Terra.


mercoledì 22 aprile 2015

Yom HaAtzmaut - Happy Birthday Israel!

.


Yom Ha-'Atzmaut è il giorno della proclamazione dello Stato d’Israele, cade il 5 di Iyar,   giorno della proclamazione dello Stato di Israele nell'anno ebraico 5708, corrispondente al 14 maggio 1948

La celebrazione cade, quest'anno (5775) giovedi 23 aprile  (vigilia 22 aprile 2015).

Il giorno dell'Indipendenza, festa nazionale israeliana, si commemora quindi la Dichiarazione di Indipendenza di Israele e la fine del Mandato Britannico, ed è l'unica festività piena del calendario decretata per legge che non provenga da una tradizione millenaria.

Il testo della Dichiarazione :

Quindi noi, membri del Consiglio del Popolo, rappresentanti della Comunità Ebraica in Eretz Israel e del Movimento Sionista, siamo qui riuniti nel giorno della fine del Mandato Britannico su Eretz Israel e, in virtù del nostro diritto naturale e storico e della risoluzione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, dichiariamo la fondazione di uno Stato ebraico in Eretz Israel, che avrà il nome di Stato d'Israele.
Decidiamo che, con effetto dal momento della fine del Mandato, stanotte, giorno di sabato 6 di Iyar 5708, 15 maggio 1948, fino a quando saranno regolarmente stabilite le autorità dello Stato elette secondo la Costituzione che sarà adottata dall'Assemblea costituente eletta non più tardi del 1 ottobre 1948, il Consiglio del Popolo opererà come provvisorio Consiglio di Stato, e il suo organo esecutivo, l'Amministrazione del Popolo, sarà il Governo provvisorio dello Stato ebraico che sarà chiamato Israele.
Lo Stato d'Israele sarà aperto per l'immigrazione ebraica e per la riunione degli esuli, incrementerà lo sviluppo del paese per il bene di tutti i suoi abitanti, sarà fondato sulla libertà, sulla giustizia e sulla pace come predetto dai profeti d'Israele, assicurerà completa uguaglianza di diritti sociali e politici a tutti i suoi abitanti senza distinzione di religione, razza o sesso, garantirà libertà di religione, di coscienza, di lingua, di istruzione e di cultura, preserverà i luoghi santi di tutte le religioni e sarà fedele ai principi della Carta delle Nazioni Unite. Lo Stato d'Israele sarà pronto a collaborare con le agenzie e le rappresentanze delle Nazioni Unite per l'applicazione della risoluzione dell'Assemblea Generale del 29 novembre 1947 e compirà passi per realizzare l'unità economica di tutte le parti di Eretz Israel.
Facciamo appello alle Nazioni Unite affinché assistano il popolo ebraico nella costruzione del suo Stato e accolgano lo Stato ebraico nella famiglia delle nazioni. Facciamo appello - nel mezzo dell'attacco che ci viene sferrato contro da mesi - ai cittadini arabi dello Stato di Israele affinché mantengano la pace e partecipino alla costruzione dello Stato sulla base della piena e uguale cittadinanza e della rappresentanza appropriata in tutte le sue istituzioni provvisorie e permanenti.
Tendiamo una mano di pace e di buon vicinato a tutti gli Stati vicini e ai loro popoli, e facciamo loro appello affinché stabiliscano legami di collaborazione e di aiuto reciproco col sovrano popolo ebraico stabilito nella sua terra. Lo Stato d'Israele è pronto a compiere la sua parte in uno sforzo comune per il progresso del Medio Oriente intero.
Facciamo appello al popolo ebraico dovunque nella Diaspora affinché si raccolga intorno alla comunità ebraica di Eretz Israel e la sostenga nello sforzo dell'immigrazione e della costruzione e la assista nella grande impresa per la realizzazione dell'antica aspirazione: la redenzione di Israele.
Confidando nell'Onnipotente, noi firmiamo questa Dichiarazione in questa sessione del Consiglio di Stato provvisorio, sul suolo della patria, nella città di Tel Aviv, oggi, vigilia di sabato 5 Iyar 5708, 14 maggio 1948. 


La Dichiarazione in originale è visibile alla Indipendence Hall di Tel Aviv.

Otto ore dopo la dichiarazione di indipendenza, quindi con uno Stato neonato e spaesato, gli eserciti di Egitto, Iraq, Libano, Siria, Transgiordania, Yemen e Arabia Saudita invasero il territorio legale di Israele. Alla vigilia dell’invasione panaraba, ‘Abd al-Rahman Azzam Pascià, segretario generale della Lega araba, dichiarò che si sarebbe trattato di una guerra di sterminio, di un terribile massacro, paragonabile alle stragi mongole e alle Crociate. E una settimana prima dell’invasione, incontrando ad Amman un rappresentante britannico, Azzam Pascià aveva affermato: "Non importa quanti siano gli ebrei. Li ributteremo a mare" (Shlaim, 1988, p.227).

Fu così l’inizio della prima guerra arabo-israeliana, per Israele una vera e propria guerra d’indipendenza: "agli arabi di Palestina premeva di più non avere uno Stato ebraico che averne uno arabo-palestinese" (A. De Rosa, 1989, p.335)


 L'inno nazionale dello Stato di Israele è "Ha-Tikva" (La Speranza), scritto da Naftali Herz Imber (1856/1909), sionista e poeta ebreo di origine galiziana, sulla melodia di una canzona popolare europea ripresa dal compositore ceco Smetana Bedrich nel suo poema sinfonico "Mà vlast", "La mia patria". Nel 1933, Ha-Tikva" venne scelta come inno del Movimento Sionista e, dopo la fondazione dello Stato di Israele, mantenuta come inno nazionale, ma riconosciuta ufficialmente dallo Knesset solo nel 2004.http://www.youtube.com/watch?v=NjfFpFW9OdA



Yom Ha'atzmaut è sempre preceduta da Yom Hazikaron, il Memorial Day in cui, come abbiamo detto un giorno fa, Israele piange e ricorda i soldati caduti nelle guerre e le vittime del terrorismo.
Yom Ha’atzmaut è un importante momento di transizione, dalla tristezza del Giorno del Ricordo, Yom HaZikaron, all’inebriante felicità e spensieratezza di questa festa nazionale che è tra le più importanti del calendario ebraico, celebrata non solo in Israele, ma anche in tutte le comunità ebraiche del mondo

Ed è  un forte messaggio quello di collegare questi due giorni: Israele deve la sua indipendenza, la sua stessa esistenza ai soldati che hanno sacrificato la loro vita.
Israele non intende dimenticarli. Mai. E pertanto prima della gioia per la nascita dello Stato, Israele si raccoglie e si veste a lutto per i suoi caduti
Il passaggio ufficiale da Yom Hazikaron a Yom Ha'atzmaut si svolge pochi minuti dopo il tramonto di oggi, con una cerimonia sul Monte Herzl a Gerusalemme, in cui la bandiera dalla mezz'asta in cui si trova (per il lutto del Memorial Day) viene innalzata alla cima del palo .
Il presidente di Israele tiene generalmente un discorso di congratulazioni, e i soldati che rappresentano l'esercito, marina e aviazione sfilano con le loro bandiere.
La cerimonia nazionale si svolge appunto al Monte Herzl, il cimitero militare, davanti al sepolcro di Teodoro Herzl.
Ogni anno la cerimonia affronta una tematica, quest’anno il tema sarà: “La Donna – traguardi e sfide”.
Ogni anno la sfilata è seguita dalla cerimonia dell'illuminazione di 12 torce  (hadlakat masuot) che  che simboleggiano le 12 tribù di Israele,
La cerimonia include soldati che marciano con le bandiere e che realizzeranno diverse figure, centinaia di ballerini e ovviamente fuochi d’artificio.
 
In questi giorni, particolarmente in questi giorni, Israele si tinge di bianco e azzurro.. ogni auto, ogni balcone, ogni parete ha una bandiera esposta.

Buon 67esimo Compleanno Israele!!!




.

martedì 21 aprile 2015

Yom Ha Zikaron





Yom HaZikaron , la Giornata della Memoria dei Caduti delle Guerre di Israele e per le vittime Terrorismo cade ogni anno il quarto giorno di Iyar ( verso la fine di aprile o all'inizio di maggio, quest'anno cade il 22 aprile inizia pertanto questa sera, al tramonto) una settimana dopo la Giornata della Memoria (YomHaShoa) e due settimane dopo Pesach, nonchè il giorno precedente l'inizio di Yom HaAtzmaut (festa dell'indipendenza).

La giornata è dedicata alla commemorazione dei soldati e membri delle forze di sicurezza del paese , la memoria dei caduti  e delle vittime del terrorismo .Yom HaZikaron è stato formalmente decretato per legge nel 1963 , ma la pratica di commemorare i caduti in questo giorno è presente sin dal 1951 per celebrare il legame tra Independence Day e le persone che morirono per raggiungere e mantenere questa indipendenza .

La giornata, come sopra detto,  inizia la sera del quarto giorno di Iyar e termina la sera successiva con l'apertura delle celebrazioni del Giorno dell'Indipendenza .

Cerimonie commemorative dei caduti si svolgono in tutto il paese, e le bandiere sono a mezz'asta. 

 Alla vigilia di Yom HaZikaron una sirena suona alle 8 di sera e di nuovo alle ore 11 del mattino seguente . E 'consuetudine  stare in silenzio al suono delle sirene e volgere la memoria ai  soldati caduti in battaglia. 

Nel giorno più triste dell'anno, per 24 ore, Israele volge il suo pensiero a 23.320 eroi caduti. 
Israele riconosce così -e noi amici e fratelli di Israele con lui - che sarà per sempre in debito con quelli che hanno pagato il prezzo più alto per la libertà e l'esistenza di Israele stesso.  

lunedì 20 aprile 2015

Rav Elio Toaff : "Non bisogna aver paura di attraversare il mondo"

Ieri sera ci ha lasciati il rav Elio Toaff, una delle figure, se non LA figura, piu' importante dell'ebraismo italiano degli ultimi tempi.



Con lui perdiamo un pezzo di storia, un testimone di anni terribili ma anche un testimone della speranza.


Nato nel 1915 a Livorno,  ha studiato presso il Collegio Rabbinico della sua città, Livorno, frequentando al tempo stesso giurisprudenza alla Facoltà di Pisa dove si laurea nel 1938 alla soglia dell'emanazione di quelle leggi razziali che infamano ancor oggi l'Italia.
L'anno successivo completa i suoi studi rabbinici laureandosi in teologia al Collegio rabbinico i Livorno ottenendo il titolo di "rabbino maggiore" 
Viene nominato rabbino capo di Ancona dal 1941 al 1943
 Dopo l'8 settembre 1943, con la recrudescenza della violenza nazista e le prime deportazioni italiane per i lager, Elio Toaff e la sua famiglia  fuggirono in Versilia scampando all'assassinio in casa per l'aiuto del parroco della vicina chiesa che lo salvò avvertendolo dell'agguato, facendolo poi fuggire con l'aiuto di famiglie cattoliche e alterando le generalità sui loro documenti, girovagando tra mille insidie. Più volte Toaff scampò alla morte per mano nazista (in un'occasione scampò ai nazisti rifugiandosi a Città di Castello di cui è  cittadino onorario dal 1999). Ha partecipato attivamente alla Resistenza combattendo sui monti e vedendo con i propri occhi le atrocità ai danni di civili inermi.
Anni dopo scrive 
Grazie all'insegnamento e all'esempio di mio padre, io imparai a non avere pregiudizi nei confronti dei sacerdoti cattolici, Nel periodo delle leggi razziali e della guerra... furono proprio i preti, quelli più semplici e modesti, che iniziarono generosamente a dimostrare ai perseguitati la loro solidarietà, con i fatti e non con le parole... Fra loro ci fu padre Benedetto nobile e generoso cappuccino, che con incrollabile dedizione riuscì a salvare migliaia di ebrei"

Dopo la guerra è rabbino di Venezia, dal 1946 al 1951 insegnando anche lingua e lettere ebraiche presso l'Università Ca' Foscari.
Nel 1951 diviene rabbino capo di Roma. Oltre al suo ruolo spirituale, ricopre diverse cariche nella comunità ebraica italiana: presidente della Consulta rabbinica italiana per molti anni, direttore del Collegio rabbinico italiano e dell'istituto superiore di studi ebraici, direttore dell'Annuario di Studi Ebraici. Inoltre è membro dell'Esecutivo della Conferenza dei rabbini europei fin dalla fondazione nel 1957

Nel 1987 pubblica una sua autobiografia: Perfidi giudei, fratelli maggiori (Mondadori, Milano).
Quello con Roma, con la Comunità romana, è certamente un grande amore, che nel corso del tempo è sempre costantemente cresciuto Nel 2001 decide di lasciare il suo posto a capo del rabbinato romano, in questo mezzo secolo Toaff scrive la storia dell’ebraismo italiano
Tradizionalista, ma riformatore, vicino alla gente, capace di parlare al popolo e sembrare allo stesso tempo un gigante in presenza di presidenti, autorità e Papi. Comunica con il verbo e con il cuore, storico il suo incontro nella sinagoga di Roma con Papa Giovanni Paolo II, incontro simbolo della sua capacità di avvicinare le fedi, a farle dialogare per scrivere insieme un futuro di pace, rispetto e fratellanza

La sua ultima intervista risale al 2010, e la potete trovare qui, per il periodico Shalom.
Da ieri il mondo è un po' piu' povero umanamente e spiritualmente. Questo uomo di statura morale ed etica difficilmente eguagliabile, questo uomo che ha affrontato con l' intera comunita' Ebraica uno dei periodi storici piu' bui per la nostra Nazione, questo uomo che ha sempre lottato per unire piuttosto che dividere, che ha gettato ponti aperti al dialogo, ci ha purtroppo lasciato.

Le mie piu' sentite condoglianze alla famiglia Toaff ed alla Comunita' Ebraica, di Roma e non solo.

mercoledì 15 aprile 2015

Yom HaShoa

Domani  è il 27 di Nissan.
Domani Israele si fermerà. Come ogni anno, per due minuti, un tempo apparentemente breve e invece interminabile, ogni israeliano si fermerà, resterà in piedi ovunque si trova e ci sarà silenzio.


E' lo  Yom Hashoah Ve-Hagvura”  il “Giorno (del ricordo) della Shoà e dell’eroismo”

La Knesset - il Parlamento israeliano- durante la seduta del 12 aprile 1951 scelse la data del 27 di Nissan come giorno dedicato alla celebrazione ed al ricordo di questo evento. 
Esso cade una settimana dopo la fine della festa di Pesach e una settimana prima di Yom Hazikaron – in memoria dei soldati di Israele caduti in guerra . 
Quest’ ultima ricorrenza è immediatamente seguita da Yom Haazmauth – festa dell’Indipendenza dello Stato d’Israele –
Il 27 di Nissan è il giorno (18 aprile 1943) in cui iniziò l’eroica rivolta degli ebrei confinati nel Ghetto di Varsavia.

venerdì 3 aprile 2015

Happy Passover !




Pesach è forse la principale ricorrenza ebraica, quest'anno cade tra il 4 e il 12 aprile (14-22 del mese di nisan); ancora oggi la festa, fin dalla vigilia, ricalca le indicazioni bibliche presenti nel Pentateuco, con gli adattamenti resi necessari in seguito alla diaspora ebraica.


In Israele Pesach dura sette giorni, mentre fuori da Israele, nei territori della diaspora, dura otto giorni. La distinzione ha origini antiche: in passato, infatti, nei territori della diaspora era difficile far pervenire per tempo l'esatta data della ricorrenza e, per ovviare all'insorgere di errori, si decise di far durare la celebrazione un giorno in più. La pratica viene mantenuta ancora oggi, nonostante ormai non vi siano più problemi di comunicazione tali da giustificarla, serve solo a sottolineare simbolicamente la differenza tra chi vive nella Terra promessa e chi vive fuori da essa. 


La Pasqua è una delle tre feste bibliche di pellegrinaggio (Esodo 23:14-17), celebrata in ricordo della liberazione del popolo israeliano dalla schiavitù d'Egitto. Il primo giorno di Pesach prevedeva una santa convocazione durante la quale veniva offerto a Dio, oltre all'olocausto del mattino, un olocausto di due torelli, un montone e sette agnelli di un anno, i quali dovevano essere senza difetto, insieme a un 'oblazione di cibo di fior di farina mescolata con olio (Numeri 28:19-20). Inoltre veniva offerto anche un capro come sacrificio espiatorio per il peccato. Tutti questi olocausti dovevano essere offerti anche per i sette giorni successivi. Il primo e il settimo giorno di Pesach si celebrava una santa convocazione e non doveva essere svolto alcun lavoro servile (Numeri 28: 16-25) -

Il 14 di Nisan (quest'anno venerdì 3 aprile) è la vigilia di Pesach, detta ta'anìt bekhoròt. In passato, quando esisteva ancora il Tempio di Gerusalemme, ogni famiglia ebrea "sacrificava la Pasqua" per mezzo di un agnello di un anno, senza difetto, ricordando la salvezza degli israeliti dalla piaga dello sterminio dei primogeniti, che invece colpì gli egiziani (episodio ricordato in Esodo 11:1-7); durante la vigilia i primogeniti ebrei digiunano.


Il termine Pesach viene dal verbo pasach, col significato di "passare oltre", in ricordo dell'azione dell'angelo della morte che "passò oltre" i primogeniti israeliti, risparmiando le case i cui stipiti erano segnati con il sangue d'agnello.
Dopo il tramonto del 14, quindi all'inizio del 15 di Nisan, (quest'anno sabato 4 aprile) parte la festa effettiva, che dà il via a sette giorni durante i quali ebrei e non ebrei (questi ultimi in territorio d'Israele) mangiano, come in passato, pani azzimi o matzot (la festa degli Azzimi citata in Esodo 23:14) e organizzano cene di commemorazione con un preciso rituale.



Prima della festa, la sera precedente alla vigilia di Pesach, le case delle famiglie ebree vengono ripulite da ogni traccia di lievito e alimenti lievitati (hamez).
Il lievito rappresenta il peccato e la malvagità. 

Quindi, il gesto di eliminare ogni traccia di hamez rappresenta il fare pulizia nella propria vita e nella propria famiglia da ogni peccato e malvagità.

Dopo aver eliminato l'hamez si prendono alcuni pezzetti di pane e si nascondono per casa, di modo che i bambini possano trovarli. La ricerca viene effettuata a lume di candela e ha uno scopo prettamente educativo. Prima di dar via alla ricerca dei pezzetti di pane si pronuncia la benedizione Baruch atah Adonai Elohenu melech a'olam asher kiddeshanu bemitzvotav vetzivvanu al biur chametz ("Benedetto sei Tu Signore Iddio nostro, Re del mondo, che ci hai santificato coi tuoi precetti e ci hai comandato lo sgombro del hamez"). I pezzi di pane trovati vengono, poi, messi da parte fino al mattino seguente, avendo pronunciato la formula Kol chamirà vechamità deica birshtì, delà chamitè udelà viartè, livtil veleevè keafrà dearà ("Qualunque cibo lievitato sia ancora in mio possesso e mi sia sfuggito e sia stato eliminato, sia resto nullo e considerato polvere di terra"). Successivamente, il mattino dopo, vengono presi i pezzi di hametz precedentemente conservati per essere bruciati con gli elementi utilizzati per il Sukkot precedente, ovvero il lulav e i rametti di salice. A questo punto, viene detto quanto segue: Kol chamirà vechamità deica birshtì, dechamitè udelà chamitè, deviartè udelà viartè, livtil veleevè keafrà dearà ("Qualunque cibo lievitato che ancora sia in mio possesso, che lo abbia visto o che mi sia sfuggito, che lo abbia sgombrato o meno, sia resto nullo e considerato polvere di terra").



LA CENA DI PESACH 


La cerimonia più importante si tiene la prima sera con la cena - il primo séder di Pesach - il cui rituale, come detto, è descritto minuziosamente nell'Hagaddah. Gli alimenti utilizzati sono i seguenti: quattro coppe di vino più una coppa detta "la coppa di Elia", del vino rosso, pane azzimo, uno stinco d'agnello o un collo di pollo arrostito (zroah), che rappresenta l'agnello portato al Tempio per essere sacrificato. Inoltre, altri elementi simbolici sono le verdure o erbe amare come il rafano o la lattuga romana in rappresentanza dell'amarezza della vita (chazeret e maròr), una ciotola con acqua salata (che rappresenta le lacrime versate dagli ebrei in Egitto) in cui viene inzuppato solitamente del sedano, della cipolla cruda o la patata bollita e sbucciata (karpas), delle erbe amare e una ciotola con una sorta di impasto o marmellata (charoset) realizzata con frutta e frutta secca (solitamente composta di mele, pere, noci e vino) in ricordo della malta d'Egitto utilizzata dagli schiavi israeliani per fabbricare i mattoni. Tutti questi ingredienti vengono posizionati in un particolare vassoio (ke'arà) utilizzato in occasione del pasto di Pasqua. Al centro del piatto del seder, in un vassoio coperto da un panno bianco o in una sacca bianca a tre scomparti ("tasca della matzah"), si adagiano tre pani azzimi (matzot shemurot), accuratamente selezionati in base al processo di lavorazione. L'azzimo è simbolo di servitù, è il pane del povero, segno della partenza improvvisa e frettolosa degli israeliani dal paese d'Egitto. Il pane azzimo è anche conosciuto anche come "il pane di afflizione" (lechem).

In tavola, durante il seder, viene sempre lasciato un posto vuoto con la Coppa di Elia posta davanti, dalla quale nessuno deve bere perché è riservata all'Elia delle profezie. Egli, infatti, è colui che annuncia la venuta del Messia escatologico. Il posto, perciò, rimane vuoto nel caso egli venga. Elia, secondo l'ebraismo, verrà e porterà con sé il Messia.
Le pietanze si alternano a meditazioni talmudiche, canti e letture bibliche correlate, introdotte dalla domanda rituale sul senso della celebrazione (anche questa riportata nella Bibbia), posta dai bambini agli adulti, e alla relativa risposta; dopo che gli adulti hanno bevuto la quarta coppa di vino, l'ultima prevista dal rituale, i bambini corrono ad aprire la porta di casa e tutti i commensali, in piedi, esclamano: Baruch haba b'shem Adonai! ("Benedetto colui che viene nel nome del Signore!"). La celebrazione si conclude poi con canti tradizionali che ricordano la potenza di Dio e la comune fede. - 


http://iomeetiziana.blogspot.it/2014/04/festivita-ebraiche-pesach.html