mercoledì 24 giugno 2015

Gli standard morali dell'IDF


"Possibili  crimini di guerra commessi sia da Israele che dai gruppi armati palestinesi" 
E' questa la conclusione a cui è giunta la Commissione d'inchiesta delle Nazioni Unite sulla "guerra" del 2014, o meglio sull'operazione Margine Protettivo che Israele è stata costretta a portare avanti a seguito dei continui lanci di razzi, migliaia di razzi, sulla propria popolazione civile.
Non credo si possano mettere sullo steso piano un esercito regolare di uno Stato e una banda di terroristi, per prima cosa,  e, non secondariamente, mi sembra che  lanciare razzi su uno Stato vicino e  scavare tunnel sotto le sue case  sia un gesto -come dire- provocatorio? direi anche  criminale.
Perchè è chi si difende da attacchi quotidiani a doversi giustificare? a dover essere messo sotto processo?

Francamente stanca di sentire sciocchezze enormi non solo dal popolino ma anche da Commissioni varie, della cui bontà e imparzialità dubito fortemente, ho voluto capire un po' meglio e provare a conoscere chi compone questo "terribile" esercito.

Per prima cosa chiediamoci chi  componga questa fantomatica"commissione"
La Commissione che l’ha redatto è stato nominata da un Consiglio che si definisce ‘dei diritti umani’ e che in realtà fa tutto meno che prendersi cura dei diritti umani. 

Dalle parole del Primo Ministro: 
" Si tratta di un organismo che condanna Israele più di Iran, Siria e Corea del Nord messi insieme”. Lo ha detto ieri il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, che ha aggiunto: “Il primo presidente nominato a capo della Commissione era un uomo che incitava contro Israele e che aveva anche preso soldi dai palestinesi. La Commissione aveva il mandato di indagare gli eventi a partire dal giorno dopo – ripeto: dopo – il sequestro dei tre adolescenti israeliani assassinati da Hamas a sangue freddo. E’ su queste basi che bisogna considerare le sue conclusioni. Israele si sta difendendo e lo fa in base al diritto internazionale. Non siamo gli unici a dirlo. La scorsa settimana è stato pubblicato un dettagliato rapporto professionale che ha valutato le nostre azioni come conformi al diritto internazionale, contro terroristi che sparano ai civili e si nascondono dietro ai civili. E’ la conclusione a cui è giunto anche un rapporto pubblicato da alti generali americani ed europei secondo i quali Israele si è difeso in conformità alle norme del diritto internazionale. Anzi, dicono: al di là di quelle norme. Uno degli alti generali ha detto che non c’è nessun altro paese che si sia comportato come Israele andando oltre la lettera della legge nel rispettare il diritto internazionale. Israele – ha concluso Netanyahu – non commette crimini di guerra. Israele si sta difendendo da una sanguinaria organizzazione terroristica che invoca la sua distruzione e che ha perpetrato innumerevoli crimini di guerra. Qualsiasi paese che voglia sopravvivere agirebbe allo questo modo. Ma la Commissione si aspetta che un paese, i cui cittadini sono stati attaccati da migliaia di missili, se ne stia fermo e passivo. Noi non siamo rimasti e non rimarremo fermi e passivi. Continueremo a intraprendere azioni forti e decise contro tutti coloro che cercano di attaccare noi e i nostri cittadini, e continueremo a farlo sulla base del diritto internazionale”.

E nell'ottica di conoscere davvero l'IDF lascerei la parola ai ragazzi, quelli che  compongono le fila dell'esercito, quelli che sono in prima linea nel difendere il loro Stato e la popolazione civile  (quanto segue sono interviste riprese da israele.net)


L’etica delle Forze di Difesa israeliane nella testimonianza dei soldati sul campo

Dor Matot: “Ho prestato servizio nelle unità di soccorso a Shejaiya. Ci vennero spiegate le regole di ingaggio per i sei giorni che siamo rimasti lì. La sera prima dell’incursione di terra un ufficiale dei servizi di sicurezza venne a dirci che c’era troppa popolazione civile nel luogo dove eravamo diretti.Per questo non entrammo a Shejaiya in quel momento, anche se quella era la manovra tattica giusta per cui ci eravamo preparati. Dopo un riesame della situazione, siamo entrati il giorno successivo lungo una direttrice ormai preannunciata, dove i miliziani di Hamas aspettavano il nostro arrivo. Hamas aveva avuto il tempo di capire le nostre mosse, aveva capito come ognuna delle nostre operazioni tenesse in considerazioni gli aspetti umanitari e morali, e per questo erano pronti a riceverci. Avevano creato posti di osservazione nelle zone circostanti e avevano previsto il nostro arrivo a causa della decisione di non entrare finché c’era troppa popolazione civile. La prima sera in cui entrammo, fummo attaccati. Cinque dei nostri sono stati uccisi, altri 20 feriti. A dispetto di quanto viene detto contro le Forze di Difesa israeliane e il loro rispetto del diritto internazionale, in questo caso è stato evidentissimo che il nostro standard etico è costato la vita dei nostri soldati. A mio parere è importante che esistano organizzazioni come Breaking the Silence. Il problema è che Breaking the Silence fa un’opera distruttiva. Se inoltrassero le loro denunce attraverso le istituzioni adeguate, avrebbero luogo le inchieste e le illegalità verrebbero indagate, come è giusto. Quando invece bypassano il sistema giudico israeliano e diffondono le loro informazioni attraverso i mass-media in Israele e all’estero, ciò che fanno è presentare alla gente una realtà totalmente sbilanciata che serve solo ad aizzare l’odio che esiste già. Sostengono di rappresentare la verità: in realtà mostrano solo un piccolo campione di casi che non sono rappresentativi di tutta la vicenda. Hanno presentato 68 testimonianze, ma i soldati che hanno prestato servizio in combattimento la scorsa estate sono 40.000, e dunque si fa loro una grande ingiustizia. E le Nazioni Unite si basano sulle testimonianze di Breaking the Silence e altre organizzazioni simili. Il rapporto Onu che è stato appena pubblicato, così come i rapporti di Breaking the Silence, ignora completamente i miei amici che sono stati uccisi in nome dei valori etici delle nostre forze armate. Affermare che l’esercito israeliano ha agito immoralmente è falso, e la nostra situazione a Shejaiya ne è l’esempio migliore. I miliziani di Hamas ci aspettavano, siamo finiti in una trappola che era stata accuratamente preparata approfittando della nostra preoccupazione di non nuocere alla popolazione civile palestinese. Abbiamo visto le loro strutture, le gallerie, le case trasformate in trappole esplosive. Un quartiere civile? Quello era un fortino militare di Hamas sotto mentite spoglie”. 
(Da: Jerusalem Post, 23.6.15)

Dror Dagan, ufficiale medico nell’unità d’élite Duvdevan, racconta la sua esperienza dopo un attentato suicida del 2004 che aveva ucciso 11 persone a Gerusalemme. “Hamas da Betlemme aveva rivendicato l’attentato. Dopo un po’ i servizi di intelligence riuscirono a individuare il comandante militare di Hamas nella città. Venne mandata l’unità Duvdevan, e dopo una giornata passata a studiare l’ordine di battaglia decidemmo di catturare il terrorista. Si trattava di una missione molto complicata e pericolosa per ragioni di sicurezza sul terreno che non posso approfondire. Quando abbiamo fatto irruzione nella casa del comandante di Hamas e abbiamo iniziato a perlustrare le stanze, una donna – che avevamo identificato come la moglie del comandante – cadde svenuta. In quanto medico non ho esitato e mi sono precipitato a soccorrerla. Nel giro di un paio di minuti ci siamo resi conto lo svenimento era finto e che faceva parte di una trappola. Era un trucco, un modo per dare tempo al terrorista ricercato che all’improvviso è saltato fuori da dietro un’intercapedine del muro sparando all’impazzata in tutte le direzioni. Molti soldati caddero immediatamente feriti, me compreso. Un proiettile ha attraversato parte della mia testa, un altro mi si è conficcato nel midollo spinale. Dopo un lungo periodo di riabilitazione, sono ancora paralizzato dal torace in giù e sono considerato disabile al 100%. Sono stato colpito perché ero addestrato secondo i valori delle Forze di Difesa israeliane a soccorrere nello stesso modo ogni persona ferita, anche la moglie di un capo terrorista che sviene nel bel mezzo di una difficile operazione di arresto. E questo dice tutto. I nostri soldati vengono feriti e uccisi perché si comportano più umanamente e moralmente di qualsiasi altro esercito in guerra”.

“Mi chiamo Gal Shmul, sono un medico nelle unità di combattimento del 13esimo battaglione Golani. Circa quattro mesi prima dell’operazione Margine Protettivo, eravamo in servizio nei pressi del Monte Hermon e mi sono trovato a curare un ribelle siriano ferito che aveva perso un braccio. Sono riuscito a salvargli la vita. Dopo la cura, il ribelle ci ha detto che un giorno sarebbe andato a Gerusalemme. Durante l’operazione Margine Protettivo siamo stati mandati a Gaza. Dovevamo entrare un venerdì, ma ci hanno fatto aspettare perché ci hanno detto che c’erano ancora dei civili nella zona. Quando abbiamo ricevuto luce verde, ormai Hamas ci aspettava a Shujaiyya, usando i civili come scudi umani e nascondendosi negli ospedali e negli asili. I terroristi ci aspettavano nei tunnel, e questo perché avevamo mandato ai civili il preavviso di sgomberare: abbiamo perso totalmente il fattore sorpresa. Come risultato, otto dei miei compagni sono stati uccisi”.
Ofir Evron, del pronto soccorso militare, in servizio dal 2012 al 2015. “Nel nostro servizio siamo addestrati ad essere operativi entro sette minuti, una volta chiamati, anche se stiamo dormendo o siamo sotto la doccia: dopo tutto, il nostro lavoro è salvare vite umane. Come medici delle Forze di Difesa israeliane siamo impegnati a fornire assistenza a tutti, anche a costo di rischiare la nostra vita. Spesso venivamo chiamati per soccorre feriti palestinesi, che noi raggiungevamo in ambulanza e Dio solo sa quello che avrebbero potuto nascondere sotto i vestiti. Durante il mio servizio ho curato un centinaio di persone, ma gli israeliani li posso contare sulle dita di una mano. Il resto erano palestinesi. Sono fiera di aver servito nelle Forze di Difesa israeliane e sono orgogliosa di come opera il mio esercito”.
(Da: Israel HaYom, 23.6.15)
(tratto da israele.net