mercoledì 4 marzo 2015

Benjamin Netanyahu al Congresso Usa - 3.3.2015




I passi piu' significativi del discorso ...



"So che questo mio intervento è stato oggetto di molte controversie. 
Sono profondamente dispiaciuto che alcuni abbiano interpretato la mia presenza qui come una mossa politica. Questa non è mai stata mia intenzione. So che voi qui, indipendentemente da che parte dell’aula sedete, siete a fianco di Israele. La forte alleanza tra Stati Uniti e Israele è stata e deve sempre rimane al di sopra della politica. Noi apprezziamo tutto quello che il presidente Barack Obama ha fatto per Israele. Alcune di queste cose sono ben note, altre sono meno note perché riguardano questioni delicate e strategiche. Sarò sempre grato al presidente Obama per tale sostegno. E Israele è grato al Congresso americano per il suo sostegno. La scorsa estate, milioni di israeliani sono stati protetti da migliaia di razzi di Hamas, grazie al fatto che la cupola in questa capitale [il Campidoglio] ha aiutato a costruire la nostra “cupola di ferro” [anti-missili].


Come nella vicenda di Purim (nel Libro di Ester) in cui i persiani cercarono di spazzare via gli ebrei, oggi la Guida Suprema iraniana, l’ayatollah Ali Khamenei, sta cercando di spazzare via gli ebrei. E rigurgita il più vecchio odio antisemita usando le tecnologie più nuove. Scrive su Twitter che Israele deve essere distrutto. Sapete, in Iran non è che internet sia proprio libera. Ma lui twitta in inglese che Israele deve essere distrutto. Chi crede che l’Iran minacci lo stato ebraico ma non il popolo ebraico, ascolti Hassan Nasrallah, il capo di Hezbollah, il principale lacchè terrorista dell’Iran. Ha detto: “Se tutti gli ebrei si riuniscono in Israele, questo ci risparmierà il fastidio di dare loro la caccia in tutto il mondo”.


Ma il regime iraniano non è solo un problema per gli ebrei, esattamente come il regime nazista non era solo un problema per gli ebrei. Il regime iraniano rappresenta una grave minaccia non solo per Israele, ma per la pace del mondo intero

Per capire quanto sarebbe pericoloso un Iran con armi nucleari, bisogna capire la natura di quel regime, che nel 1979 ha sequestrato un paese di grande civiltà imponendo una dittatura oscurantista e spietata, redigendo una nuova costituzione che contiene la missione ideologica della jihad oltre i confini. Il fondatore del regime, l’ayatollah Khomeini, esortava i suoi seguaci a “esportare la rivoluzione in tutto il mondo”. La costituzione del regime iraniano promette jihad, tirannia e morte. E mentre gli stati crollano in tutto il Medio Oriente, l’Iran va a riempire il vuoto. Gli scagnozzi dell’Iran a Gaza, i suoi lacchè in Libano, le sue guardie rivoluzionarie sulle alture del Golan stringono Israele con tre tentacoli del terrore. Sostenuti dall’Iran, Assad sta massacrando i siriani, le milizie sciite infuriano in Iraq, gli Houthi prendono il controllo dello Yemen minacciando gli stretti strategici alla foce del Mar Rosso. Oggi l’Iran controlla Damasco, Baghdad, Beirut, Sana’a. 
Sicché, nel momento in cui tanti sperano che l’Iran si unisca alla comunità delle nazioni, l’Iran è intento a inghiottire nazioni.


Anche al di là del Medio Oriente, l’Iran attacca l’America e i suoi alleati attraverso la sua rete terroristica globale. Dobbiamo stare tutti uniti per fermare la marcia iraniana di conquista, assoggettamento e terrore. Il governo di Rouhani impicca omosessuali, perseguita cristiani, incarcera giornalisti e mette a morte detenuti più di prima. Lo stesso ministro degli esteri Zarif, che affascina i diplomatici occidentali, ha deposto una corona sulla tomba di Imad Mughniyeh, l’arci-terrorista che ha versato più sangue americano di qualsiasi altro terrorista a parte Osama bin Laden.


Il regime iraniano sarà sempre nemico dell’America. Non fatevi ingannare. La battaglia tra l’Iran e l’ISIS non trasforma l’Iran in un amico dell’America. Iran e ISIS si contendono lo scettro dell’islamismo militante. Uno si chiama Repubblica Islamica, l’altro si fa chiamare Stato Islamico. Entrambi vogliono imporre un impero islamista prima sul Medio Oriente, poi su tutto il mondo. Sono solo in disaccordo tra loro su chi sarà il sovrano di quell’impero. Quando si tratta di Iran e ISIS, anche il nemico del tuo nemico è tuo nemico.

Lo ripeto ancora una volta: il più grande pericolo che minaccia il nostro mondo è il connubio fra islamismo militante e armi nucleari. Sconfiggere l’ISIS ma lasciare che l’Iran ottenga armi nucleari equivale a vincere la battaglia, ma perdere la guerra. Non possiamo permettere che accada.

Ma potrebbe accadere, se l’accordo in corso di negoziato verrà accettato dall’Iran. Quell’accordo non impedirà all’Iran di sviluppare armi nucleari, molte armi nucleari.

L’accordo finale non è ancora firmato, ma diversi elementi che saranno presenti in qualunque sua formulazione sono noti a tutti. Salvo cambiamenti clamorosi, esso prevede concessioni importanti all’Iran. Lascerebbe all’Iran una vasta infrastruttura nucleare: non un solo impianto nucleare verrebbe demolito. Spento, magari, ma non smantellato. Il tempo necessario all’Iran per produrre abbastanza materiale per una bomba atomica sarebbe solo di un anno, secondo la stima degli Stati Uniti, anche meno secondo la valutazione di Israele.

Certo, vi sarebbero limiti e ispezioni. Ma gli ispettori documentano le violazioni, non le fermano. Gli ispettori sapevano che la Corea del Nord stava per produrre la Bomba, ma questo non fermò nulla. La Corea del Nord spense le telecamere, buttò fuori gli ispettori e nel giro di pochi anni ottenne la Bomba. Come la Corea del Nord, anche l’Iran ha sfidato gli ispettori internazionali. Lo ha fatto almeno tre volte, nel 2005, nel 2006 e nel 2010. E come la Corea del Nord, ha rotto i lucchetti e spento le telecamere. L’Iran gioca a nascondino con gli ispettori nucleari. Proprio ieri l’agenzia di controllo nucleare dell’Onu, l’AIEA, ha detto che l’Iran si rifiuta ancora di fare chiarezza sul suo programma nucleare militare. L’Iran è stato colto due volte, non una ma due volte, a far funzionare a Natanz e Qom impianti nucleari segreti che gli ispettori non sapevo nemmeno esistessero. In questo stesso momento l’Iran potrebbe avere impianti nucleari nascosti di cui nessuno è a conoscenza, nemmeno gli Stati Uniti e Israele.

L’accordo prevede inoltre che quasi tutte le restrizioni scadranno automaticamente nell’arco di una decina di anni. Dieci anni sono un batter d’occhio nella vita di una nazione, nella vita dei nostri figli. Il mio vecchio amico e Segretario di Stato John Kerry ha confermato la scorsa settimana che l’Iran a quel punto potrà legittimamente possedere quella enorme quantità di centrifughe. Dunque, al principale sponsor del terrorismo globale basteranno poche settimane per avere uranio arricchito sufficiente per un intero arsenale di armi nucleari. Con piena legittimità internazionale. E, per inciso, l’Iran rifiuta di inserire nell’accordo il suo programma di missili intercontinentali, cioè gli strumenti per far arrivare quell’arsenale in ogni parte della terra, Stati Uniti compresi.

Dunque questo accordo non sbarra la strada, bensì apre la strada all’atomica iraniana.

Il regime iraniano diventerà meno aggressivo allentando le sanzioni? Se l’Iran sta divorando quattro paesi mentre è sotto sanzioni, quanti ne divorerà quando le sanzioni verranno levate? Finanzierà meno terrorismo quando avrà montagne di denaro a disposizione? Perché il regime dovrebbe cambiare quando potrà praticare contemporaneamente aggressione all’estero e prosperità all’interno? Questa è la domanda che tutti si fanno nella nostra regione. E molti di questi paesi dicono che reagiranno con una gara per dotarsi di armi nucleari. Quindi questo accordo non cambierà l’Iran in meglio: cambierà il Medio Oriente in peggio. Questo accordo non sarà un addio alle armi, sarà un addio al controllo sulle armi. Una regione dove piccoli scontri possono innescare grandi guerre si trasformerebbe in una polveriera nucleare.

Se qualcuno pensa che questo accordo servirà almeno a rinviare il problema, ci ripensi. Alla fine avremo di fonte un Iran molto più pericoloso e un Medio Oriente disseminato di bombe nucleari.

Dobbiamo invece insistere che le restrizioni al programma nucleare iraniano non vengano revocate finché l’Iran continua la sua politica di aggressione nella regione e nella mondo. Prima di togliere le restrizioni, il mondo deve esigere che l’Iran faccia tre cose. Primo, cessare l’aggressione ai suoi vicini mediorientali. Secondo, smettere di sostenere il terrorismo in tutto il mondo. Terzo, smetterla di minacciare di annientamento il mio paese: Israele, l’unico e solo stato ebraico.

Se l’Iran vuole essere trattato come un paese normale, che si comporti da paese normale.

Il programma nucleare iraniano può essere riportato indietro ben oltre l’attuale proposta in discussione, insistendo su un accordo migliore e mantenendo la pressione su un regime in realtà assai vulnerabile. E se l’Iran minaccia di abbandonare il tavolo delle trattative, non credete al suo bluff da bazar: dovrà tornare, perché l’Iran ha bisogno dell’accordo molto più di voi.

Per più di un anno ci hanno detto che nessun accordo è meglio di un cattivo accordo. Ebbene, quello che si prospetta è un pessimo accordo. Ora ci viene detto che l’unica alternativa a questo pessimo accordo è la guerra. Ma non è vero. L’alternativa è un accordo migliore. Un accordo migliore che forse non piacerà granché a Israele e ai suoi vicini, ma con il quale potremo almeno convivere. Letteralmente.

Opporsi ai regimi oscurantisti e sanguinari non è mai facile. 

C’è qui con noi, oggi, il sopravvissuto alla Shoà e premio Nobel Elie Wiesel
Elie, la tua vita e la tua opera ci ispirano per dare un senso alla frase “mai più”. Vorrei poterti garantire che la lezione della storia è stata appresa. Posso solo esortare i leader del mondo a non ripetere gli errori del passato. A non sacrificare il futuro per il presente. A non ignorare l’aggressione nella speranza di ottenere una pace illusoria. Ma una cosa posso garantirti. I giorni in cui il popolo ebraico rimaneva passivo di fronte all’aggressione sono finiti per sempre. Non siamo più dispersi fra le nazioni, nell’impossibilità di difenderci. Abbiamo ripristinato la nostra sovranità nella nostra antica casa. E i soldati che difendono la nostra casa hanno coraggio senza limiti. Per la prima volta dopo cento generazioni, noi, popolo ebraico, siamo in grado di difenderci. Ecco perché, come primo ministro d’Israele, ti posso garantire un’altra cosa: Israele, anche se dovrà resistere da solo, resisterà.

Ma so che Israele non è da solo. So che l’America è al fianco di Israele"


Un grande discorso, applauso!

martedì 3 marzo 2015

Discorso di Netanyahu - AIPAC 2 marzo 2015


 Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu alla Conferenza sulla politica di AIPAC  cosi si esprime (2 marzo 2015) 
"Grazie. Wow, 16.000 persone. Qualcuno qui dalla California? Florida? New York?
Beh, quelli erano i più facili. Che ne dite del Colorado? Indiana? Penso di averci preso. Montana? Texas?
Siete qui in un numero record. Siete qui da costa a costa, da ogni parte di questa grande terra. E siete qui in un momento critico. Siete qui per dire al mondo che i resoconti sulla fine delle relazioni israelo-statunitensi sono non solo prematuri, sono proprio sbagliati.
Siete qui per dire al mondo che la nostra alleanza è più forte che mai.
E grazie a voi, e a milioni come voi, in questo grande paese, che essa sta per diventare ancora più forte nei prossimi anni.
Grazie a Bob Cohen, a Michael Kassen, a Howard Kohr e a tutta la leadership di AIPAC. Grazie a voi per il vostro instancabile lavoro dedicato a rafforzare la partnership tra Israele e gli Stati Uniti.
Voglio ringraziare, in modo particolare, i membri del Congresso, democratici e repubblicani. Apprezzo profondamente il vostro costante sostegno a Israele, anno dopo anno. Avete la nostra sconfinata gratitudine.
Voglio dare il benvenuto al Presidente Zeman della Repubblica Ceca. Signor Presidente, Israele non dimentica mai i suoi amici. E il popolo ceco è sempre stato un solido amico di Israele e del popolo ebraico, dai giorni di Thomas Masaryk agli albori del sionismo.
Sa, signor Presidente, quando entrai nell’esercito israeliano, nel 1967, ricevetti un fucile ceco. Era uno di quei fucili che ci furono dati dal vostro popolo nel momento del bisogno, nel 1948. Quindi la ringrazio per essere qui oggi.
Sono qui anche due grandi amici di Israele, l’ex Primo Ministro spagnolo José Maria Aznar e, come il mese scorso, l’ex ministro degli Esteri canadese John Baird. Grazie a entrambi per il vostro incondizionato sostegno. Voi siete dei veri difensori di Israele e siete, anche, dei difensori della verità.
Voglio anche ringraziare l’ambasciatore americano in Israele, Dan Shapiro, per la tua amicizia autentica, Dan, e per il grande lavoro che stai facendo rappresentando gli Stati Uniti e a favore dello Stato di Israele.
E voglio ringraziare i due Ron. Voglio ringraziare l’ambasciatore Ron Prosor per il lavoro esemplare che sta facendo alle Nazioni Unite, in un consesso molto difficile.
E voglio ringraziare l’altro Ron, un uomo che sa come affrontare la crisi, l’ambasciatore israeliano negli Stati Uniti, Ron Dermer.Ron, non potrei essere più fiero di averti a rappresentare Israele a Washington.
E, infine, voglio ringraziare mia moglie, Sara, il cui coraggio di fronte alle avversità è per me fonte di ispirazione. Sara divide il suo tempo tra il ruolo di psicologo infantile, quello di madre amorevole e i suoi impegni pubblici, come moglie del primo ministro. Sara, sono così orgoglioso di averti qui con me oggi, di averti sempre con me al mio fianco.
Amici miei, vi porto i saluti da Gerusalemme, la nostra eterna indivisa capitale.
Vi porto anche notizie di cui potreste anche non aver sentito parlare. Vedete, io parlerò al Congresso, domani.
Sapete, non è mai stato scritto così tanto su un discorso che non è stato ancora pronunciato. E non ho intenzione di parlare oggi del contenuto di quel discorso, però voglio dire qualche parola sullo scopo di quel discorso.
In primo luogo, vorrei chiarire cosa non è lo scopo di quel discorso. Il mio intervento non è destinato a mostrare alcuna mancanza di rispetto per il presidente Obama o lo stimato ufficio che lui ricopre. Ho grande rispetto per entrambi.
Apprezzo profondamente tutto ciò che il presidente Obama ha fatto per Israele, la cooperazione per la sicurezza, la condivisione dell’intelligence, il supporto alle Nazioni Unite e molto altro, alcune cose che io, come primo ministro di Israele, non posso nemmeno divulgarvi perché rimangono nel regno delle confidenze che intercorrono tra un presidente americano e un primo ministro israeliano. Sono profondamente grato per questo sostegno, e così dovrebbe essere.
Il mio discorso non è destinato neanche a iniettare Israele nel dibattito politico americano. Una ragione importante per cui la nostra alleanza è cresciuta più forte decennio dopo decennio è che è stato sostenuto da entrambe le parti e così deve rimanere.
Sia i presidenti democratici e che repubblicani hanno lavorato insieme, con amici da entrambi i lati dell’aula del Congresso al fine di rafforzare Israele e la nostra alleanza tra i nostri due paesi e lavorando insieme hanno fornito ad Israele una generosa assistenza militare e le spese per la difesa missilistica. Abbiamo appena visto quanto è importante giusto la scorsa estate.
Lavorando insieme, essi hanno reso Israele il primo partner di libero scambio dell’America trenta anni or sono e il suo primo partner strategico ufficiale l’anno scorso.
Hanno spalleggiato Israele nel difendersi in guerra e nei nostri sforzi per raggiungere una pace duratura con i nostri vicini. Lavorare insieme ha reso Israele più forte; lavorare insieme ha reso la nostra alleanza più forte.
Ed è per questo che l’ultima cosa che vorrebbe chiunque abbia a cuore Israele, l’ultima cosa che vorrei io è che Israele diventi una questione di parte. E mi dispiace che alcune persone abbano mal percepito la mia visita qui questa settimana come un tentativo in tal senso. Israele è sempre stata una questione bipartisan.
Israele dovrebbe sempre rimanere una questione bipartisan.
Signore e signori, lo scopo del mio intervento al Congresso di domani è quello di parlare di un potenziale accordo con l’Iran che potrebbe minacciare la sopravvivenza di Israele. L’Iran è il più importante stato sponsor del terrorismo nel mondo. Guardate questo grafico. Guardate questa mappa. Si vede sulla parete, mostra l’Iran formare, armare e dispiegare terroristi nei cinque continenti. L’Iran avvolge il mondo intero con i suoi tentacoli di terrore. Questo è ciò che l’Iran sta facendo ora senza armi nucleari. Immaginate cosa farebbe un Iran con delle armi nucleari.
Questo stesso Iran promette di distruggere Israele. Se sviluppasse armi nucleari, avrebbe i mezzi per raggiungere tale obiettivo. Non dobbiamo lasciare che questo accada.
Come primo ministro di Israele ho l’obbligo morale di parlare, di fronte a questi pericoli, finché c’è ancora tempo per evitarli. Per duemila anni, la mia gente, il popolo ebraico, è stata apolide, indifesa, senza voce. Eravamo assolutamente impotenti contro i nostri nemici che avevano giurato di distruggerci. Abbiamo sofferto una persecuzione implacabile e attacchi orribili. Non potevamo mai parlare a nostro nome e non siamo riusciti a difenderci.
Beh, mai più, mai più.
I giorni in cui il popolo ebraico era passivo di fronte alle minacce di annientarci, quei giorni sono finiti. Oggi, nel nostro stato sovrano di Israele, ci difendiamo. Ed essendo in grado di difenderci, ci alleiamo con gli altri e, principalmente, con gli Stati Uniti d’America, per difendere la nostra comune civiltà contro le minacce ci accomunano.
Nella nostra parte del mondo e sempre di più in ogni parte del mondo, nessuno si allea con il debole. Si ricerca coloro che hanno la forza, che hanno la volontà, quelli che hanno la determinazione a combattere per se stessi. Ecco come si formano le alleanze.
Così ci difendiamo e così facendo creiamo le basi di un’alleanza più ampia.
Oggi non stiamo più in silenzio; oggi abbiamo una voce. E domani, come primo ministro dell’unico stato ebraico, ho intenzione di usare quella voce.
Ho intenzione di parlare di un regime iraniano che minaccia di distruggere Israele, che si sta divorando, paese dopo paese, il Medio Oriente, che esporta il terrore in tutto il mondo e che sta sviluppando, mentre parliamo, la capacità di costruire armi nucleari, di costruirne tante.
Signore e signori, Israele e gli Stati Uniti concordano che l’Iran non dovrebbe avere armi nucleari, ma non siamo d’accordo sul modo migliore per impedire all’Iran di sviluppare quelle armi.
Adesso, i disaccordi tra gli alleati non sono altro che naturali di tanto in tanto, anche tra i più stretti degli alleati. Perché ci sono importanti differenze tra l’America e Israele.
Gli Stati Uniti d’America sono un paese grande, uno dei più grandi. Israele è un paese piccolo, uno dei più piccoli.
L’America vive in una delle zone più sicure al mondo. Israele vive nella zona più pericolosa del mondo. L’America è la più forte potenza del mondo. Israele è forte, ma è molto più vulnerabile. I leader americani si preoccupano della sicurezza del loro paese. I leader israeliani si preoccupano della sopravvivenza del loro paese.
Sapete, io so cosa riassuma questa differenza. Sono stato primo ministro di Israele per nove anni. Non c’è stato un solo giorno, non un solo giorno in cui non abbia pensato alla sopravvivenza del mio paese e alle azioni da intraprendere per garantirne la sopravvivenza, non un solo giorno.
E a causa di queste differenze, l’America e Israele hanno avuto seri disaccordi nel corso della nostra quasi settantennale amicizia.
Adesso, ciò cominciò sin dall’inizio. Nel 1948, il segretario di Stato Marshall si oppose all’intenzione di David Ben Gurion di dichiarare lo stato. È un eufemismo. Egli si oppose veementemente ad esso. Ma Ben Gurion, capendo cosa era in gioco, andò avanti e dichiarò l’indipendenza di Israele.
Nel 1967, mentre un cappio arabo si stava stringendo intorno al collo di Israele, gli Stati Uniti avvertireno il primo ministro Levi Eshkol che se Israele avesse agito da sola, sarebbe rimasto isolata. Ma Israele agì – agì da solo per difendersi.
Nel 1981, sotto la guida del primo ministro Menachem Begin, Israele distrusse il reattore nucleare di Osirak. Gli Stati Uniti criticarono Israele e sospesero le forniture di armamenti per tre mesi. E nel 2002, dopo la peggiore ondata di attacchi terroristici palestinesi nella storia di Israele, il primo ministro Sharon lanciò l’Operazione Scudo Difensivo. Gli Stati Uniti chiesero che Israele ritirasse immediatamente le sue truppe, ma Sharon continuò fino a completare l’operazione.
C’è una ragione per cui ho citato tutto ciò. Lo cito per fissare un punto. Nonostante occasionali disaccordi, l’amicizia tra America e Israele divenne sempre più forte, decennio dopo decennio.
E la nostra amicizia supererà la controversia in corso, parimenti, per crescere ancora più forte nel futuro. Vi dirò il perché; perché condividiamo gli stessi sogni. Perché noi preghiamo, speriamo e aspiriamo nell’identico mondo migliore; perché i valori che ci uniscono sono molto più forti delle differenze che ci dividono, valori come la libertà, l’uguaglianza, la giustizia, la tolleranza e la compassione.
Mentre la nostra regione sprofonda nella barbarie medievale, Israele è quella che sostiene questi valori, comuni a noi e a voi.
Mentre Assad innaffia di bombe il proprio stesso popolo, i medici israeliani curano le sue vittime nei nostri ospedali proprio a ridosso del confine sulle alture del Golan.
Mentre i cristiani in Medio Oriente vengono decapitati e le loro antiche comunità vengono decimate, la comunità cristiana di Israele cresce e prospera, l’unica di tali comunità nel Medio Oriente.
Mentre le donne della regione vengono represse, ridotte in schiavitù e violentate, le donne in Israele lavorano come giudici supremi, amministratori delegati, piloti di caccia, le primi due donne giudici supremi affiancate. Beh, non insieme, ma in successione. Questo è abbastanza buono.
In un buio, selvaggio e disperato Medio Oriente, Israele è un faro di umanità, di luce e di speranza.
Signore e signori, Israele e gli Stati Uniti continueranno a stare insieme, perché l’America e Israele sono più che amici. Siamo come una famiglia. Siamo praticamente una mishpacha [famiglia in ebraico, NdT].
Ora, i disaccordi in famiglia mettono sempre a disagio, ma dobbiamo sempre ricordare che siamo una famiglia.
Radicata in un patrimonio comune, difendendo valori comuni, condividendo lo stesso destino. E questo è il messaggio sono venuto a dirvi oggi. La nostra alleanza è vibrante. La nostra amicizia è forte. E grazie ai vostri sforzi si rafforzerà ancora di più negli anni a venire.
Grazie, AIPAC. Grazie, America. 

Dio vi benedica tutti"
E l'Italia, è amica di Israele?  cosa significa essere "amici di Israele"?
Essere amici di Israele non significa non poterlo criticare, ma significa non mettere in dubbio la sua legittimità ad esistere come Nazione, il suo diritto a difendersi, il suo diritto alla sicurezza.  Questo chiede da sempre Netanyahu, denunciando di volta in volta - Hamas, Iran  ecc.- chi invece minaccia da vicino queste sicurezze, questi diritti.
E ancora una volta non posso che condividere le parole e le preoccupazioni del Primo Ministro, in un rapporto di sempre piu' amicizia con Israele


Festività ebraiche : Purim



La festività di Purim viene osservata ogni anno nel 14 giorno del mese ebraico di Adar, nel calendario gregoriuano, quest'anno, dal tramonto del 4 marzo al crepuscolo del 5 marzo . 
Purim  ricorda la miracolosa salvezza del popolo ebraico che si trovava alla mercé del malvagio Haman, in Persia.
La storia di Purim.
Con la distruzione del primo Tempio e l'estinzione del Regno di Giuda, il popolo ebraico fu mandato in esilio in Babilonia. 
Poco dopo, i Persiani conquistarono la Babilonia ed i paesi circostanti concedendo una certa autonomia ai loro sudditi ebrei fino al punto che Ciro, re di Persia, permise che gli Ebrei tornassero in patria, ricostruissero il Tempio e le città, e ristabilissero la loro vita nazionale e religiosa.
Nel corso di questi anni, Assuero (Achashveròsh) ascese al potere e regnò su 127 province, proibendo la continuazione della costruzione del Tempio.
Com'è riportato nella Meghillat Estèr, il suo primo ministro Hamàn decise di sterminare tutti gli ebrei residenti all'interno di queste province. Hamàn tirò a sorte il mese ed il giorno nei quali avrebbe realizzato le sue malvagie intenzioni. Da qui il nome di Purìm, che significa "le sorti". 
La sorte indicò il mese di Adàr e il suo 13° giorno.
Un'ebrea, Estèr, fu scelta tra le più belle del regno per prendere il posto della regina Vashtì, giustiziata per aver rifiutato di presentarsi al cospetto del re nel corso del fastoso banchetto da lui organizzato. Mordechài, parente di Estèr nonché capo del Sinedrio (sanhedrìn - la Corte Suprema ebraica), godeva anch'esso di un'alta posizione al servizio del re.
Consigliata ed istruita da lui, Estèr intercesse in favore del popolo e denunciò il piano di Hamàn al re. 
In un eccesso di collera, questi ordinò che Hamàn fosse impiccato e permise agli ebrei di difendersi contro chi ne aveva voluto la distruzione. 
Il 14 di Adàr (il giorno seguente la data fissata da Hamàn), fu quindi scelto dai saggi come data di celebrazione per la Festa di Purìm."

Come si celebra
Il giorno precedente Purim si fa digiuno, per ricordare  quello analogo fatto da Ester e Mardocheo quando il perfido Amàn,  tramò per liberarsi degli ebrei, cercando di convincere il medesimo Assuero ad ucciderli tutti.
 Il digiuno viene quindi chiamato Digiuno di Ester e dura dall'alba a dopo il tramonto, pochi minuti dopo lo spuntare di un gruppo di almeno tre stelle non "abitualmente" visibili.
Durante lo Shabbat precedente Purim, si legge, oltre alla parasha della settimana, anche il brano del Deuteronomio (25;17-19) in cui si racconta dell'attacco subito dagli ebrei in fuga dall' Egitto da parte del popolo degli Amaleciti, "gente" del malvagio Amàn. Le letture richiamano l'evento di Amàn e degli Amaleciti. 
Il 13 di Adar si digiuna, come detto,  ma se questa data dovesse coincidere con lo shabbat, il digiuno viene anticipato al giovedì precedente (11 di Adar).

La sera di Purim si usa fare Tzedakà ( carità..atti di giustizia verso i bisognosi) .
La meghillàt di Ester deve essere letta sia la sera del 13 che la mattina del 14 di Adar ed è mitzvah (precetto) sia per i bambini che per le donne. La meghillàt deve essere letta dal rotolo in pergamena, anche su "testi", per adempiere alla mitzvah.
Durante la lettura, è d'uso fare molto rumore ogni qualvolta viene pronunciato il nome di Amàn.
Purim è una festa gioiosa, i bambini a volte si travestono, si ride e si scherza perchè ci si rallegra per lo scampato pericolo e con la gioia si esprime fiducia nel Signore 
In occasione di questa festa si usa donare agli amici un pacchetto di dolci, chiamato mishloach manot: si fa questo dono per assicurarsi che coloro che amiamo abbiano abbastanza cibo per festeggiare e per condividere la gioia con le persone che ci sono vicine.

Dolci tipici le "orecchie di Aman" ..

Ricetta  (tratta da www.labna.it)
  • 2 uova
  • 1 bicchiere di zucchero
  • 1/2 bicchiere di olio d’oliva leggero (o un quarto olio d’oliva e un quarto olio di semi)
  • 1/2 bustina di lievito
  • 2 bicchieri e 1/2 di farina
  • marmellate, a piacere
Mescolate tutti gli ingredienti in una ciotola e impastateli bene, dapprima con l’aiuto di un leccapentola o di un cucchiaio di legno, poi a mano, fino ad ottenere un bell’impasto sodo e compatto, che non si attacchi alle mani.
Fate riposare l’impasto così ottenuto, coperto con uno strofinaccio, per mezz’oretta, poi stendetelo sul piano di lavoro ben infarinato allo spessore di circa mezzo centimetro (se riuscite anche più sottile, ma poi l’operazione si complica).
Col l’aiuto di un coppapasta tagliate dei cerchi di impasto della misura che preferite, disponete al centro dei cerchi una piccola quantità di marmellata e poi chiudete i cerchi a triangolo, sovrapponendo le alette e premendo leggermente per sigillare il tutto.
Disponete le “orecchie” così ottenute su un foglio di carta da forno e infornate a 150 gradi per una decina di minuti, sorvegliando attentamente la cottura perchè a seconda del forno la temperatura può variare ed è facilissimo bruciare i biscotti.
Sfornate le orecchie di Aman e fatele raffreddare all’aria aperta.

Ps. vengono buoni anche senza uova..li feci in versione vegana la scorso anno ottenendo gran successo presso un pubblico molto difficile:mio figlio ^_^