Combattè
per la nascita dello Stato di Israele. Diplomatico di rango, inviato,
avrebbe potuto fare politica: fondò con Montanelli il Giornale.
È morto a
92 anni
Combattè
per la nascita dello Stato di Israele. Diplomatico di rango, inviato,
avrebbe potuto fare politica: fondò con Montanelli il Giornale.
È morto a 92 anni
È morto a 92 anni
Vittorio
Dan Segre (era nato solo Vittorio, poi aggiunse Dan Avni in omaggio al
suo essere ebreo, poi si firmò R.A. per ricordare la moglie Rosetta) se
n'è andato.
E ricordandolo con commozione mi accorgo di dire addio non a
un singolo personaggio ma a tanti personaggi in lui riuniti. Quell'uomo
pacato, saggio, disincantato era stato esule, giovanissimo combattente
contro la ferocia nazista e per la creazione di Israele, diplomatico di
rango, professore universitario, consigliere di potenti...
Era stato, e ne siamo orgogliosi, uno dei fondatori del Giornale ,
nel 1974: legato a Indro Montanelli da un'amicizia che era un legame
d'affetto ma anche d'idee e di ideali. Entrambi, il piemontese e il
toscano, borghesi di buona famiglia e di buoni studi che avevano
tuttavia in comune un fondo ribelle se non proprio anarchico,
l'insofferenza per i luoghi comuni e per le infatuazioni collettive.
Dan Segre era da tempo molto malato. In un articolo malinconico e fieramente «civico» del febbraio scorso,
volendo far l'elogio dell'ospedale in cui era benissimo assistito,
aveva scritto: «Alla giovane età di 92 anni sono stato colpito da una
malattia di nome leucemia acuta. Qualcuno me la qualifica terminale.
Definizione ridicola non solo per la mia età ma per il fatto che l'unica
malattia mortale, per tutti gli esseri viventi, mi sembra essere la
vita che inizia a spegnersi con la concezione». Frasi con un guizzo
d'ironia e con un pessimismo leopardiano. Accompagnate tuttavia dalla
fede. Segre era un credente, rispettava profondamente la religione dei
padri.
Quell'annuncio, che era anche un congedo, l'avevo subito e sentito
come una mazzata. L'indomani volli fargli sapere, su queste stesse
colonne, che mi sentivo vicino al suo tormento e al grande momento.
«Siamo coetanei - queste le mie righe - l'ultimo appuntamento ci attende
a breve. Un po' prima o un po' dopo non fa molta differenza. Mi
piacerebbe avviarmi verso la tenebra - o la luce? - con il tuo coraggio
antico e con la tua straordinaria dignità».
Addio Dan. O arrivederci. Come recita un titolo di bellissime pagine
autobiografiche, la sua è stata la vita di «un ebreo fortunato». Ha
scampato l'Olocausto rifugiandosi per tempo in Palestina, è tornato in
Italia da vincitore - vincitore davvero non come gli antifascisti
dell'ultima ora - nei reparti della «Brigata ebraica», ha visto e
vissuto la nascita dello Stato di Israele addestrandone reparti di
paracadutisti. È stato attaché dell'ambasciata israeliana a Parigi, e
poi ambasciatore in Madagascar, e infine delegato diplomatico per
l'Africa occidentale.
Chissà dove sarebbe potuto arrivare se si fosse messo in politica. Ha
preferito mettersi nel giornalismo, della qual cosa noi suoi colleghi
dobbiamo essergli sommamente grati. Prima qualche collaborazione con
quotidiani esteri (in particolare il Figaro dove firmava con lo
pseudonimo Renè Bauduc per onorare la moglie Rosetta Bauducco). Poi Il
Giornale , traguardo del suo impegno di saggista, di divulgatore, di
maestro. Fu a lungo onnipresente e considerato a ragione onnisciente
quando ci si riferiva al groviglio inestricabile del Medio Oriente. Sia
Andreotti sia Gianni Agnelli se volevano avere un quadro chiaro di
situazioni sempre confusissime si rivolgevano a lui fidandosene
ciecamente. Perché Segre, appartenente secondo una certa ottica
all'universo dei suggeritori e dei consigliori , aveva caratteristiche
professionali che in quell'universo sono sconosciute: la sincerità e
l'onestà.
Segre era un buon italiano e un patriota israeliano. Ma questi
sentimenti personali non gli hanno mai fatto velo nel raccontare e
commentare i fatti evidenti e i retroscena oscuri. Non s'è lasciato
condizionare dal suo essere ebreo e dal suo essere risolutamente
«occidentale». Era troppo intelligente e troppo sapiente per cedere alle
semplificazioni, alle rappresentazioni d'una realtà sempre in bianco o
in nero. Ci mancherà. Quando saremo assaliti da dubbi non potremo più
affidarci a uno che i dubbi, anche se non li risolveva, almeno li
chiariva. Dan Segre è stato un uomo dalle molte vite. È stato
soprattutto un Uomo.
Note di biografia
Dan Segre nasce da famiglia ebraica piemontese,
nel ‘39, dopo l'avvento delle leggi razziali, emigra in Palestina, dove
cambia il nome anagrafico italiano (semplicemente "Vittorio Segre") in
"Dan Avni".
Nel 1944 torna in Italia come corrispondente di guerra al seguito della Brigata Ebraica
Nel 1948 assiste e partecipa alla fondazione dello Stato di Israele, addestrando fra l'altro un reparto di paracadutisti
Diventa in seguito attaché all'ambasciata israeliana a Parigi, cominciando così una carriera che lo condurrà a diventare ambasciatore di Israele in Madagascar e poi delegato diplomatico per l'Africa occidentale.
Collabora negli anni con "Le Figaro" (con lo pseudonimo René Bauduc, omaggio al cognome della moglie Rosetta Bauducco), "La Nazione" (con lo pseudonimo Giacomo Sorgi) e il "Corriere della Sera" (con lo pseudonimo R.A.Segre, sempre in omaggio alla moglie, e al proprio cognome israeliano).
Nel 1974 è fra i fondatori e finanziatori del "Giornale" di Indro Montanelli.
Dal 1969 si dedica alla carriera accademica insegnando a Oxford,
Stanford, al MIT di Boston, alla Bocconi e alle Statali di Torino e
Milano e dal 1989 è Professore emerito di Pensiero politico ebraico a
Haifa.
Autore di saggi come Il poligono mediorientale (1994) e Le metamorfosi di Israele (2006), è noto però soprattutto per la sua autobiografia, Storia di un ebreo fortunato (del 1985, seguita poi dagli ancora autobiografici Il bottone di Molotov, del 2004, e Storia dell'ebreo che voleva essere eroe, del 2014), e per la non-fiction La guerra privata del tenente Guillet (1993).
Nel 1998 ha fondato, presso l'Università della Svizzera Italiana di Lugano, l'Istituto Studi Mediterranei, di cui è ancora presidente.
Nel 2007 l'Archivio Ebraico Terracini di Torino ha acquisito il suo
ricco epistolario (con alcuni vincoli temporali), creando così il "Fondo
Vittorio Dan & Rosetta Segre"; fra i corrispondenti spiccano i nomi
di Golda Meir e Ben Gurion, René Girard, Adin Steinsaltz, Isaiah Berlin, Ralph Dahrendorf, Indro Montanelli, Colette Rosselli, Mario Missiroli, Alfio Russo, Enzo Biagi, nonché Yogananda.
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