articolo dell'Ambasciatore di Israele in
Italia Naor Gilon, apparso oggi su Il Messaggero (30 gennaio 2015):
Questa settimana è ricorso il 70 anniversario della liberazione del campo di
sterminio di Auschwitz, principale simbolo dei devastanti esiti dell'odio
antiebraico in Europa. Un odio che ha portato rovina e distruzione su un
ebraismo che ha contribuito alla vita e alla civilizzazione europea e
occidentale. Sono trascorsi 70 anni, ma l'ombra nefasta dell'antisemitismo in
Europa è tornata a crescere.
Com'è possibile che molti ebrei d'Europa debbano
aver paura di camminare liberamente per strada indossando simboli che li
identifichino come ebrei? Com'è concepibile che le scuole ebraiche debbano
essere protette da migliaia di militari?
Purtroppo, all'antisemitismo tradizionale si è aggiunto un nuovo tipo di
antisemitismo: odio estremista per l'esistenza stessa dello Stato d'Israele e
per il diritto del popolo ebraico a vivere in un proprio Stato.
Non esiste al
mondo altro Paese di cui si discuta continuamente il diritto ad esistere e su
cui si riversano quotidianamente minacce di essere cancellato dalla faccia della
terra. Da persona i cui genitori sono nati in Europa e il cui padre ha perso la
maggior parte della famiglia nella Shoah, io resto sbalordito di fronte alla
posizione che molti in Europa hanno scelto di adottare nei confronti del mio
Paese: l'unica democrazia liberale del Medio Oriente.
Come si è potuta creare una situazione in cui esponenti europei abbiano deciso
di palesare identificazione assoluta con la parte palestinese del conflitto,
anche quando essa diffonde manifestamente odio e istigazione, anche quando essa
lancia missili contro i civili?
A volte si ha l'impressione che ci sia chi voglia ripulire la propria coscienza
per le atrocità commesse dai propri genitori, sostenendo accuse e paragoni
privi di ogni fondamento nei confronti dello Stato degli ebrei. Ci sono,
purtroppo, parlamentari che stanno comodamente seduti in Svezia o in Irlanda e
credono di sapere meglio degli ebrei che vivono in Medio Oriente che cosa sia
più opportuno per risolvere il conflitto. Nell'ebraismo c'è un adagio che recita:
«Non giudicare mai una persona, finché non ti trovi nella sua situazione».
Basta osservare bene ciò che sta avvenendo attualmente in Europa, alle prese
con la minaccia dell'estremismo islamico, per poter comprendere meglio le sfide
cui si è trovato di fronte Israele. Quei parlamentari decidono di regalare ai
palestinesi dall'Europa, con un telecomando, uno Stato, senza che questi ultimi
debbano condurre dei negoziati così come da impegni presi.
Che cosa garantisce che in questo modo non sorga una nuova entità terroristica?
Abbiamo forse bisogno ancora di un altro Stato terrorista in Medio Oriente?
Quegli stessi esponenti politici, che in gran parte agiscono per ingenuità o
per concezioni errate della realtà, e non - spero - per malafede, si affretteranno
poi a esprimere il proprio rammarico, qualora questo "esperimento"
sulla pelle dei cittadini israeliani dovesse fallire. Sappiamo già per
esperienza diretta che il ritiro israeliano da Gaza non ha portato con sé la
pace e la quiete promesse. Al contrario, ha portato un riarmo senza precedenti
delle organizzazioni terroristiche al confine. A differenza di 70 anni fa, oggi
esiste nel mondo uno Stato che si autodefinisce patria del popolo ebraico e che
comprende anche più del 20% di popolazione non ebraica che vive in piena
uguaglianza. Il numero degli ebrei che vivono oggi in Israele ha raggiunto la
simbolica cifra di 6 milioni: lo stesso numero di ebrei trucidati durante la
Shoah. Non abbiamo più alcuna intenzione di suicidarci a causa della volontà di
alcuni politici. Tutti i capi di governo israeliani dall'avvio del processo di
pace di Oslo (1993) hanno espresso il proprio sostegno alla soluzione dei due
stati. Un accordo sostenibile potrà essere tale soltanto se non metterà a
rischio lo Stato degli ebrei, che ultimamente sembra essere sempre più l'unico
rifugio sicuro per gli ebrei del mondo. La sfida per l'Europa è quella di
riuscire a consentire, 70 anni dopo la Shoah, a tutti, e in particolare agli
ebrei europei, di vivere una vita sicura sul proprio suolo. La nostra sfida,
come Stato d'Israele, è invece quella di difendere la nostra condizione di
patria sicura del popolo ebraico e di accogliere tutti gli ebrei che scelgono
di vivere in Israele.
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Come non condividere le preoccupazione dell'Ambasciatore?Io, personalmente sono scioccata da questa Europa.., nel 2015, vorrei vedere un' Europa senza piu' estremismi, senza piu' pericoli per le persone, per TUTTE le persone, senza piu' antisemitismo, senza piu' brutalità in ragione dell'appartenenza a un gruppo
Ecco, pochi giorni fa abbiamo "ricordiato"..ma non basta..no signori..ricordare e dire "che orrore" NON basta.
Oggi noi dobbiamo alzarci e dire forte e chiaro NO al nuovo antisemitismo che in Europa vive, serpeggia e si ingrassa.. non voglio vedere altre scuole attaccate, altre sinagoghe bruciate, altri supermercati divenire luoghi di orrore e paura..non voglio piangere altri ebrei morti.
Voglio siano fermati i criminali estremisti perchè l'antisemitismo è razzismo, una delle peggiori e piu' subdole forme di razzismo.
Ricordiamo ma non fermiamoci a questo. Ricordiamo e non dimentichiamo chi non c'è piu', ma agiamo affinchè l'antisemitismo sia abbattuto per sempre.
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