mercoledì 13 aprile 2016

Jihad guerra all'Occidente, Maurizio Molinari dialoga con Massimo Gramellini




Martedi 12 aprile  a Torino presso il Circolo dei Lettori Maurizio Molinari è stato intervistato 
da Massimo Gramellini sul tema del suo ultimo libro “Jihad, guerra all’Occidente”

MG “spesso sentiamo etichettare gli jihadisti come persone povere, di strato sociale basso, che non avendo
 nulla da perdere si votano alla violenza, ma è proprio così?
MM: non è assolutamente una questione di povertà, i tanti giovani che si mettono a seguire la jihad lo 
fanno perché seguono un ideale, un ideala forte e preciso. La jihad è una questione ideologica non una 
questione sociale.
Possiamo davvero dire che lo jihadismo è il primo vero grande fenomeno ideologico di questo secolo.   
I foreign fighters  sono spesso ragazzi nati in paesi europei di II e III generazione , con media/alta 
scolarizzazione, e anche all’interno del mondo arabo i seguaci di ISis sono appartenenti a ceti medi/alti  
di conoscenza dell’Islam
Si sentono parte di una ideologia al cui centro c’è  l’Islam, una sua deformazione, una sua forzatura 
diciamo che promuove la violenza richiamando la fede religiosa, grande collante:  l’ideologia della violenza
del potere di sottomettere tutti alla mia ideologia
L’ideologia si posa sulla fede religiosa, la richiama, e si pone l’obbiettivo di riportare alla società perfetta, 
quella cioè delle origini della fede islamica, obbligando tutti gli islamici a tale ritorno.

MG: abbiamo milioni di persone islamiche che in questo momento storico stanno cercando di entrare in 
Italia, alcuni profughi, alcuni no..  dobbiamo temere?
MM: per prima cosa occorre dire che molte delle persone in fuga stanno effettivamente scappando da
 situazioni di guerra civile, da violenze, fuggono proprio a causa della violenza portata da Isis
E poi per seconda cosa occorre prendere visione dei documenti del Califfato stesso, che è contrario alla
fuga della popolazione islamica dalle terre islamiche. Isis non vorrebbe che gli islamici prendessero al fuga, 
li vogliono tenere soggiogati e adepti a loro stessi, nelle terre dell’Islam. 
Per Isis la fuga degli islamici verso l’occidente è una sconfitta

MG: Se è una guerra ideologica all’interno dell’islam, perché Isis colpisce l’Europa? Se il loro scopo è sottomettere gli 
altri islamici alla loro visione, perchè colpire l’occidente?
MM: essenzialmente per due motivi.
Per reclutare nelle comunità islamiche presenti in europa, per farsi vedere dai ragazzi di II e III generazione
nati in europa, per farsi ammirare per la loro forza e spregiudicatezza. Il Califfato fa propaganda, vuole 
portare l’ideologia nelle comunità islamiche dell’europa, usa la spregiudicatezza della violenza per attirare consensi
La seconda ragione è una questione interna, una sfida all’interno del modno islmaico. Isis colpendo
 l’Europa, lancia un forte messaggio agli altri islamici: “io riesco a colpire addirittura l’Occidente, dimostro
 la mia forza la mia grandezza”. Un lait motiv: piu’ attacco un nemico grande piu’ sono grande io stesso.

MG: noi ragioniamo per Stati, ma qui lo Stato non c’è, non abbiamo uno Stato del Califfato. Dobbiamo pensare 
in termini diversi dal passato?
MM: Si, certamente. Qui abbiamo i clan le vecchie e tradizionali formazioni di stampo familiare e tribale  
tipiche del mondo arabo e islamico.
In questo mondo le tribu’  si uniscono , laddove un capo di carisma e forte riesce a tenere uniti piu’ clan e 
si formano le tribu.  Questi gruppi hanno anche una base religiosa e ideologica pertanto.. 
Spesso si innescano scontri tra tribu’, essenzialmente per il controllo di pozzi o terreni.
Isis non si presenta in maniera diversa, non c’è un capo di Stato con cui  l’occidente possa relazionarsi. 
Isis si rinnova, ri- modifica..
Le sue radici si possono ritrovare  nel 1928, ideologicamente, quando Hasan Al Banna fondò il gruppo dei 
Fratelli Musulmani, movimento che generò diversi filoni, spesso divenuti fondamentalisti.

MG: l’Occidente ha qualche responsabilità nella situazione, nella creazione di questi gruppi?non amo chi  
si da’ colpe che non ha, ma li abbiamo creati noi?
MM: è innegabile che vi siano colpe dell’Occidente.
Furono gli usa (insieme a Arabia Saudita e Pakistan nonché ai finanziamenti di Osama Bin Laden) a creare
 i  mujaheddin per usarli per fronteggiare l’avanzata russa in Afgahanistan
I mujaheddin "vinsero" quando l'Urss ritirò le truppe dall'Afghanistan nel 1989, seguite dalla 
caduta del regime di Najibullah nel 1992. Ma arrivati a questo punto  i mujaheddin non 
fondarono un governo unito, e, dopo la ritirata sovietica, si divisero in due fazioni, l'Allenza del Nord e il Talebani , che vennero a scontrarsi per il controllo del paese afghano e iniziarono una terribile guerra civile.
 I mujaheddin vennero a loro volta estromessi dal potere dai Talebani nel 1996.
Ma responsabilità deriva anche dal ritiro usa dall’Iraq, voluto dal presidente Obama  che in questo modo 
ha però lasciato il paese allo stato brado. Proprio dalle terre del nord abbandonate dall’esercito Usa, 
nasce e prende le mosse Isis.
Però vi è anche da dire che noi occidentali possiamo essere pacifisti o guerrafondai, ma in ogni caso  il 
mondo islamico ha logiche che vanno al di là del nostro intervento o non intervento.
Il Presidente Obama ha di certo molto indebolito la posizione Usa in MO: In Egitto ha sostenuto tre 
diversi presidenti in due anni, salvo sì abbandonarli subito dopo.
Hillary Clinton, con una visione forse piu’ approfondita del MO, non concordava sul ritiro dall’Iraq 
e probabilmente sarebbe stata la scelta migliore; sosteneva l’intervento contro Assad, in Siria, in sostegno dell’opposizione siriana, ma la sua linea non venne seguita. 
Il risultato è sotto gli occhi di tutti: a sostenere l’opposizione è giunto Isis

MG IN Italia, abbiamo da temere?
MM:  i testi del Califfato sono chiari, le sue intenzioni sono messe nero su bianco e pertanto non serve far 
altro che leggere e dare il giusto peso a cio’ che è il loro intendimento, senza allarmismi ma senza 
sottovalutare.  Dai testi si legge che l’Italia è un bersaglio.
Il Califfato ha una visione apocalittica, di scontro inevitabile tra islam e infedeli. Scrivono che  una volta conquistata tutta la terra islamica, sino alla Turchia, allora si aprirà lo scontro con gli infedeli e la conquista
di Roma.

MG Ci sono rischi concreti di attentati?
MM:  Dobbiamo dire che gli italiani sono efficienti in campo di prevenzione attentati terroristici, 
soprattutto perché addestrati da anni di lotta alla mafia, che si comporta un po’ come Isis in effetti (clan 
famiglie, capi, violenza). La difesa italiana quindi parte avvantaggiata nel contrastare il fenomeno Isis e comprenderne le dinamiche. Chi meglio conosce il nemico meglio lo sa affrontare, per esempio dalle 
parole del procuratore Generale di Roma si comprende come questi dopo anni di lotta alla mafia, abbia 
gli strumenti per capire chi sia Isis e come si muove. L’Italia è un paese di transito e certamente è esposto
molti rischi, di fatto siamo una piattaforma strategica per arrivare nel resto dell’Europa, ma, attenzione, 
siamo anche terreno di caccia, caccia al terrorista. Solo lo scorso anno la nostra difesa ha individuato e 
espulso 465 persone sospette.

MG: esiste la possibilità che Isis si doti della cosiddetta bomba atomica “sporca”?  
MM:  Se il presidente Obama ha convocato un summit sulla prolificazione del nucleare dicendo che la sua
maggior paura è la creazione di bombe atomiche sporche, evidentemente sì, il pericolo è concreto e 
preoccupa non poco.
In Iraq Isis ha usato il temibile gas mostarda (nota mia: gas che provoca  piaghe grandi e dolorose e può 
causare anche cecità e danni all’apparato respiratorio. Al momento del contatto non si avverte dolore, ma 
in caso di alte concentrazioni la morte può sopraggiungere fino a una settimana dal contatto.) e non è 
impensabile possa arrivare ad avere del materiale nucleare, con cui magari attaccare gli Usa stessi.
Infatti è probabile che proprio gli Usa siano un bersaglio appettibile.  Al qaeda e Isis sono gruppi rivali, e 
mirano ad essere uno piu’ forte dell’altro.
Alqaeda compì un atto  di grande spregiudicatezza e ferocia, l’abbattimento delle torri gemelle nel 2001 a 
New York. Un gesto che fece sentire e percepire nel mondo islamica Alqaeda come grande. Logico che Isis
 possa voler dimostrare di essere ancora piu’ grande, con un atto terroristico di maggior portata.
Al momento l’allarme Isis è piu’ sentito in Europa che negli usa, mentre per Alqaeda era l’opposto.  
Cio’ perché ad oggi l’antiterrorismo Usa sta funzionando meglio che nel 2001.

MG Tuttavia gli Usa tendono a rintanarsi, a non essere interventisti nel MO attuale. Perché?
MM: non intervengono in parte per ragioni energetiche, hanno perso un po’ di interesse diciamo, ma 
soprattutto non intervengono perché  dalle analisi del Pentagono questa guerra per ora non ha definizioni 
di vittoria.
Nella seconda guerra mondiale per esempio, gli usa sapevano che raggiunta Berlino, la guerra sarebbe stata
 vinta. Con Isis non è così, raggiunta Raqqa, la guerra non è vinta. La guerra si sposta.
La vittoria prevede, oggi, la eliminazione fisica del nemico. Ma non è semplice, come faccio, anche volendo, ad uccidere tutti?
In assenza di definizioni di vittoria, gli usa non si sbilanciano

MG : il ritorno agli Stati nazionali di prima è possibile?
MM. no, almeno nei prossimi anni no. Gli Stati scomparsi e implosi non torneranno tanto presto. 
Nazioni come Siria, Iraq e Libia non si riformeranno a breve. Oggi la realtà è quella clanica, le tribu’,  
ogni ex nazione ha una serie di tribu’ che padroneggia un certo territorio L’idea di nazione non c’è, 
e anzi esiste il preciso rischio che la realtà clanica conquisti altri stati, tipo la Tunisia e la l’Egitto

MG. Quando alcuni anni fa sono scoppiate le primavere arabe, le abbiamo accolte con un certo favore…
cosa è accaduto poi?
MM:  ci siamo resi conto che aveva ragione Bush padre, quando durante la prima guerra contro l’Iraq, 
seppur vincente, non arrivò a catturare e uccidere Saddam, ma lo lascio’ lì. Saddam teneva la nazione
Dobbiamo capire che gli Stati di questa zona del mondo sono nati allo smembramento dell’impero 
ottomano e su disegni occidentali, su modelli occidentali che non corrispondono alla mentalità araba. 
E infatti ora implodono, non reggono piu’, e stanno tornando a cio’ che era prima: tribu’ che si contendono
 il territorio.
Dove c’è un Rais forte (che significa anche duro, violento) allora lo Stato tiene. 
 Ne è un esempio l’Egitto con Al Sisi. Ma anche qui è chiaro l’intento di abbatterlo.
Cos’è infatti il caso Regeni?  Se guardiamo la superficie è un triste e doloroso caso di giovane uomo 
massacrato e di uno Stato che tentenna e rifiuta la collaborazione.
Ma se guardiamo piu’ a fondo, sotto sotto, si vede uno Stato teatro di una feroce guerra di potere, che 
arriva al punto di voler impedire al Presidente di far luce sul caso, con l’obiettivo cioè di mettere il rais in 
difficoltà di fronte al mondo occidentale.  Regeni è stato buttato su Al Sisi per fini meramente politici
L’Egitto è sull’orlo di una crisi, di una implosione e solo Al Sisi è al momento cio’ lo impedisce. 
Indebolire il rais significa far implodere l’Egitto.  E cio’ sarebbe peggio della guerra in Siria. L’Egitto ha 
90 milioni di cittadini e uno degli eserciti piu’ forti del MO. Se tutto fosse allo sbaraglio, assisteremmo a 
una guerra civile terribile.

MG: In questo scenario come è cambiato, se è cambiato l ruolo di Israele nel medio oriente?
MM: in effetti lo scenario è cambiato, sotto due punti di vista.
Molti regimi arabi sono islamici sunniti e si stanno avvicinando ad Israele in quanto sentono come 
minaccia l’Iran (che è sciita). In questo periodo, cosa assolutamente impensabile fino a poco tempo fa, vi 
sono ad esempio scambi commerciali tra Israele e gli Emirati Arabi.  E’ probabile che anche l’assenza 
degli usa dal MO contribuisca a spingere stati meno forti  verso Israele, vedendolo un po’ come sostituto 
degli Usa
Sono cambiate le dinamiche col mondo palestinese. Infatti Isis è molto contrariato dall’idea di uno stato
palestinese, Isis non vuole Stati, e pertanto contrasta in ogni modo l’idea di uno stato palestinese, 
anzi Isis  ha piu’ volte minacciato e bacchettato lo stesso Hamas.

MG. Nello scenario mediorientale si puo’ vedere ulteriore influenza della Russia?
MM: Putin è uno statista cinico spregiudicato rigido e spietato ma nella decomposizione del Medio Oriente
 trova certamente terreno, del resto come già detto l’assenza Usa  lascia molti varchi aperti. 
E se gli Usa osservano, Putin ha maggior volontà di esserci,
Il Califfato sta perdendo terreni in Iraq e Siria, cercherà pertanto a breve altre terre..la Libia su tutte è a
portata di mano.
 I membri di Isis in Libia si stimano in circa 2-3000, per lo piu’ non libici, ma tunisini o nordafricani che 
intendono far proselitismo nelle tribu’ della Libia, arruolano per Isis.
Si vede quindi come sia difficile far la guerra a questo soggetto, a Isis, e non è detto che l’invio di truppe 
possa essere positivo.
Putin, in Siria, ha utilizzano questo metodo:  massicci bombardamenti aerei, brutali, che hanno colpito indistintamente chiunque e poi invio di gruppi spiccioli su singole realtà a far rintanare il nemico
Ha cioè puntato all’eliminazione del nemico e non alla conquista di terre. Cio’ comporta però dar origine a
 una guerra infinita. Ricaccio il nemico, questo si riorganizza e torna alla ribalta.
Dovremmo ragionare su una nuova dottrina della sicurezza, dove la vittoria non è prendere Berlino 
(per tornare all’esempio di cui sopra) ma eliminare fisicamente il nemico.

MG: l’Europa potrebbe avere un esercito unito?
MM: questa crisi dovrebbe insegnarci a far fronte comune e portarci proprio a  questo: un esercito europeo, 
delle misure comuni.
I tre punti di crisi dell’europa sono: a) crisi economica b) immigrazione  c) terrorismo
Di fronte ad essi serve una posizione comune. Invece l’Europa si sta dimenticando delle frontiere esterne, 
per ripiegare sulle frontiere interne. Ed ecco allora l’Austria che erige il muro al Brennero.
Chiudere le frontiere di un singolo stato non serve.
I leader politici europei piu’ forti, quelli di Francia e Germania, si concentrano  sui problemi nazionali e 
non portano avanti misure comuni, non pensano in chiave europea.

MG. La popolazione araba è con Isis? E se no, perché non vediamo la loro dissociazione di fronte alle 
brutalità di isis?
MM: la grande maggioranza della popolazione araba non è con Isis, ma la minoranza violenta riesce ad 
imporre timore, con la forza ottiene paura e silenzio.
Noi oggi vediamo quella che Primo Levi chiamò “zona grigia”, ossia una maggioranza che assiste ma
non interviene, si chiude in casa.

MG.  Qual è  il focolaio di tutto?e cosa potrebbe cambiare la situazione?
MM. l’islam è un terreno di scontro tra islamici stessi, tra tribu’, tra chi vuole la modernità e chi vuole il 
ritorno alle origini
L’elemento fondamentale, a mio avviso, sarà la rivendicazione dei diritti delle donne.

Oggi la donna in molti paesi araboislamici è un soggetto privo di diritti o con diritti limitati. 
Ma le donne sono la maggioranza, loro sostengono le famiglie, loro hanno ruoli importanti nella vita 
quotidiana delle case.  Non ci vorrà molto che arriveranno a rivendicare diritti, i giusti diritti e questo 
potrebbe essere il tassello che cambierà le cose in questi paesi, un movimento di liberazione femminile.

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