Martedi
12 aprile a Torino presso il Circolo dei
Lettori Maurizio Molinari è stato intervistato
da Massimo Gramellini sul tema del
suo ultimo libro “Jihad, guerra all’Occidente”
MG “spesso sentiamo etichettare gli jihadisti
come persone povere, di strato sociale basso, che non avendo
nulla da perdere
si votano alla violenza, ma è proprio così?
MM: non è assolutamente una questione di
povertà, i tanti giovani che si mettono a seguire la jihad lo
fanno perché seguono
un ideale, un ideala forte e preciso. La jihad è una questione ideologica non
una
questione sociale.
Possiamo davvero dire che lo jihadismo è il
primo vero grande fenomeno ideologico di questo secolo.
I foreign
fighters sono spesso ragazzi nati in
paesi europei di II e III generazione , con media/alta
scolarizzazione, e anche
all’interno del mondo arabo i seguaci di ISis sono appartenenti a ceti
medi/alti
di conoscenza dell’Islam
Si sentono parte di una ideologia al cui
centro c’è l’Islam, una sua
deformazione, una sua forzatura
diciamo che promuove la violenza richiamando la
fede religiosa, grande collante: l’ideologia
della violenza
del potere di sottomettere tutti alla mia ideologia
L’ideologia si posa sulla fede religiosa, la
richiama, e si pone l’obbiettivo di riportare alla società perfetta,
quella
cioè delle origini della fede islamica, obbligando tutti gli islamici a tale
ritorno.
MG: abbiamo milioni di persone islamiche che
in questo momento storico stanno cercando di entrare in
Italia, alcuni
profughi, alcuni no.. dobbiamo temere?
MM: per prima cosa occorre dire che molte
delle persone in fuga stanno effettivamente scappando da
situazioni di guerra
civile, da violenze, fuggono proprio a causa della violenza portata da Isis
E poi per seconda cosa occorre prendere
visione dei documenti del Califfato stesso, che è contrario alla
fuga della
popolazione islamica dalle terre islamiche. Isis non vorrebbe che gli islamici
prendessero al fuga,
li vogliono tenere soggiogati e adepti a loro stessi,
nelle terre dell’Islam.
Per Isis la fuga degli islamici verso l’occidente è una
sconfitta
MG: Se è una guerra ideologica all’interno
dell’islam, perché Isis colpisce l’Europa? Se il loro scopo è sottomettere gli
altri
islamici alla loro visione, perchè colpire l’occidente?
MM: essenzialmente per due motivi.
Per reclutare nelle comunità islamiche
presenti in europa, per farsi vedere dai ragazzi di II e III generazione
nati
in europa, per farsi ammirare per la loro forza e spregiudicatezza. Il
Califfato fa propaganda, vuole
portare l’ideologia nelle comunità islamiche
dell’europa, usa la spregiudicatezza della violenza per attirare consensi
La seconda ragione è una questione interna,
una sfida all’interno del modno islmaico. Isis colpendo
l’Europa, lancia un
forte messaggio agli altri islamici: “io riesco a colpire addirittura l’Occidente,
dimostro
la mia forza la mia grandezza”. Un lait motiv: piu’ attacco un nemico
grande piu’ sono grande io stesso.
MG: noi ragioniamo per Stati, ma qui lo Stato
non c’è, non abbiamo uno Stato del Califfato. Dobbiamo pensare
in termini
diversi dal passato?
MM: Si, certamente. Qui abbiamo i clan le
vecchie e tradizionali formazioni di stampo familiare e tribale
tipiche del mondo arabo e islamico.
In questo mondo le tribu’ si uniscono , laddove un capo di carisma e
forte riesce a tenere uniti piu’ clan e
si formano le tribu. Questi gruppi hanno anche una base religiosa e
ideologica pertanto..
Spesso si innescano scontri tra tribu’, essenzialmente
per il controllo di pozzi o terreni.
Isis non si presenta in maniera diversa, non
c’è un capo di Stato con cui l’occidente
possa relazionarsi.
Isis si rinnova, ri- modifica..
Le sue radici si possono ritrovare nel 1928, ideologicamente, quando Hasan Al
Banna fondò il gruppo dei
Fratelli Musulmani, movimento che generò diversi
filoni, spesso divenuti fondamentalisti.
MG: l’Occidente ha qualche responsabilità
nella situazione, nella creazione di questi gruppi?non amo chi
si da’ colpe che non ha, ma li abbiamo creati
noi?
MM: è innegabile che vi siano colpe dell’Occidente.
Furono gli usa (insieme a Arabia Saudita e
Pakistan nonché ai finanziamenti di Osama Bin Laden) a creare
i mujaheddin per usarli per fronteggiare l’avanzata
russa in Afgahanistan
I mujaheddin "vinsero" quando l'Urss ritirò le truppe dall'Afghanistan nel 1989, seguite dalla
caduta del regime di Najibullah nel 1992. Ma arrivati a questo punto i mujaheddin non
fondarono un governo unito,
e, dopo la ritirata sovietica, si divisero in due fazioni, l'Allenza del Nord e il Talebani , che vennero a
scontrarsi per il controllo del paese afghano e iniziarono una terribile guerra civile.
I
mujaheddin vennero a loro volta estromessi dal potere dai Talebani nel 1996.
Ma responsabilità deriva anche dal ritiro usa dall’Iraq,
voluto dal presidente Obama che in questo
modo
ha però lasciato il paese allo stato brado. Proprio dalle terre del nord
abbandonate dall’esercito Usa,
nasce e prende le mosse Isis.
Però vi è anche da dire che noi occidentali possiamo essere
pacifisti o guerrafondai, ma in ogni caso
il
mondo islamico ha logiche che vanno al di là del nostro intervento o
non intervento.
Il Presidente Obama ha di certo molto indebolito la posizione
Usa in MO: In Egitto ha sostenuto tre
diversi presidenti in due anni, salvo sì
abbandonarli subito dopo.
Hillary Clinton, con una visione forse piu’ approfondita del
MO, non concordava sul ritiro dall’Iraq
e probabilmente sarebbe stata la scelta
migliore; sosteneva l’intervento contro Assad, in Siria, in sostegno dell’opposizione
siriana, ma la sua linea non venne seguita.
Il risultato è sotto gli occhi di
tutti: a sostenere l’opposizione è giunto Isis
MG IN Italia, abbiamo da temere?
MM: i
testi del Califfato sono chiari, le sue intenzioni sono messe nero su bianco e
pertanto non serve far
altro che leggere e dare il giusto peso a cio’ che è il
loro intendimento, senza allarmismi ma senza
sottovalutare. Dai testi si legge che l’Italia è un
bersaglio.
Il Califfato ha una visione apocalittica, di
scontro inevitabile tra islam e infedeli. Scrivono che una volta conquistata tutta la terra
islamica, sino alla Turchia, allora si aprirà lo scontro con gli infedeli e la
conquista
di Roma.
MG Ci sono rischi concreti di attentati?
MM: Dobbiamo dire che gli italiani sono efficienti
in campo di prevenzione attentati terroristici,
soprattutto perché addestrati
da anni di lotta alla mafia, che si comporta un po’ come Isis in effetti (clan
famiglie, capi, violenza). La difesa italiana quindi parte avvantaggiata nel
contrastare il fenomeno Isis e comprenderne le dinamiche. Chi meglio conosce il
nemico meglio lo sa affrontare, per esempio dalle
parole del procuratore Generale
di Roma si comprende come questi dopo anni di lotta alla mafia, abbia
gli
strumenti per capire chi sia Isis e come si muove. L’Italia è un paese di
transito e certamente è esposto
a molti rischi, di fatto siamo una piattaforma
strategica per arrivare nel resto dell’Europa, ma, attenzione,
siamo anche
terreno di caccia, caccia al terrorista. Solo lo scorso anno la nostra difesa
ha individuato e
espulso 465 persone sospette.
MG: esiste la possibilità che Isis si doti
della cosiddetta bomba atomica “sporca”?
MM: Se
il presidente Obama ha convocato un summit sulla prolificazione del nucleare
dicendo che la sua
maggior paura è la creazione di bombe atomiche sporche,
evidentemente sì, il pericolo è concreto e
preoccupa non poco.
In Iraq Isis ha usato il temibile gas
mostarda (nota mia: gas che provoca piaghe grandi e dolorose e può
causare anche
cecità e danni all’apparato respiratorio. Al momento del contatto non si
avverte dolore, ma
in caso di alte concentrazioni la morte può sopraggiungere
fino a una settimana dal contatto.) e non è
impensabile possa arrivare
ad avere del materiale nucleare, con cui magari attaccare gli Usa stessi.
Infatti è
probabile che proprio gli Usa siano un bersaglio appettibile. Al qaeda e Isis sono gruppi rivali, e
mirano
ad essere uno piu’ forte dell’altro.
Alqaeda compì un
atto di grande spregiudicatezza e
ferocia, l’abbattimento delle torri gemelle nel 2001 a
New York. Un gesto che
fece sentire e percepire nel mondo islamica Alqaeda come grande. Logico che
Isis
possa voler dimostrare di essere ancora piu’ grande, con un atto
terroristico di maggior portata.
Al momento l’allarme
Isis è piu’ sentito in Europa che negli usa, mentre per Alqaeda era l’opposto.
Cio’ perché ad oggi l’antiterrorismo Usa sta
funzionando meglio che nel 2001.
MG Tuttavia gli
Usa tendono a rintanarsi, a non essere interventisti nel MO attuale. Perché?
MM: non
intervengono in parte per ragioni energetiche, hanno perso un po’ di interesse
diciamo, ma
soprattutto non intervengono perché dalle analisi del Pentagono questa guerra per
ora non ha definizioni
di vittoria.
Nella seconda
guerra mondiale per esempio, gli usa sapevano che raggiunta Berlino, la guerra
sarebbe stata
vinta. Con Isis non è così, raggiunta Raqqa, la guerra non è
vinta. La guerra si sposta.
La vittoria
prevede, oggi, la eliminazione fisica del nemico. Ma non è semplice, come
faccio, anche volendo, ad uccidere tutti?
In assenza di
definizioni di vittoria, gli usa non si sbilanciano
MG : il ritorno
agli Stati nazionali di prima è possibile?
MM. no, almeno
nei prossimi anni no. Gli Stati scomparsi e implosi non torneranno tanto presto.
Nazioni come Siria, Iraq e Libia non si riformeranno a breve. Oggi la realtà è
quella clanica, le tribu’,
ogni ex
nazione ha una serie di tribu’ che padroneggia un certo territorio L’idea di
nazione non c’è,
e anzi esiste il preciso rischio che la realtà clanica
conquisti altri stati, tipo la Tunisia e la l’Egitto
MG. Quando alcuni
anni fa sono scoppiate le primavere arabe, le abbiamo accolte con un certo
favore…
cosa è accaduto poi?
MM: ci siamo resi conto che aveva ragione Bush
padre, quando durante la prima guerra contro l’Iraq,
seppur vincente, non
arrivò a catturare e uccidere Saddam, ma lo lascio’ lì. Saddam teneva la
nazione
Dobbiamo capire
che gli Stati di questa zona del mondo sono nati allo smembramento dell’impero
ottomano e su disegni occidentali, su modelli occidentali che non corrispondono
alla mentalità araba.
E infatti ora implodono, non reggono piu’, e stanno
tornando a cio’ che era prima: tribu’ che si contendono
il territorio.
Dove c’è un Rais
forte (che significa anche duro, violento) allora lo Stato tiene.
Ne è un esempio l’Egitto con Al Sisi. Ma anche
qui è chiaro l’intento di abbatterlo.
Cos’è infatti il caso Regeni? Se guardiamo la
superficie è un triste e doloroso caso di giovane uomo
massacrato e di uno
Stato che tentenna e rifiuta la collaborazione.
Ma se guardiamo
piu’ a fondo, sotto sotto, si vede uno
Stato teatro di una feroce guerra di potere, che
arriva al punto di voler
impedire al Presidente di far luce sul caso, con l’obiettivo cioè di mettere il
rais in
difficoltà di fronte al mondo occidentale. Regeni è stato buttato su Al Sisi per fini
meramente politici
L’Egitto è sull’orlo
di una crisi, di una implosione e solo
Al Sisi è al momento cio’ lo impedisce.
Indebolire il rais significa far
implodere l’Egitto. E cio’ sarebbe
peggio della guerra in Siria. L’Egitto ha
90 milioni di cittadini e uno degli
eserciti piu’ forti del MO. Se tutto fosse allo sbaraglio, assisteremmo a
una
guerra civile terribile.
MG: In questo
scenario come è cambiato, se è cambiato l ruolo di Israele nel medio oriente?
MM: in effetti
lo scenario è cambiato, sotto due punti di vista.
Molti regimi
arabi sono islamici sunniti e si stanno avvicinando ad Israele in quanto
sentono come
minaccia l’Iran (che è sciita). In questo periodo, cosa
assolutamente impensabile fino a poco tempo fa, vi
sono ad esempio scambi
commerciali tra Israele e gli Emirati Arabi. E’ probabile che anche l’assenza
degli usa dal
MO contribuisca a spingere stati meno forti
verso Israele, vedendolo un po’ come sostituto
degli Usa
Sono cambiate le
dinamiche col mondo palestinese. Infatti Isis è molto contrariato dall’idea di
uno stato
palestinese, Isis non vuole Stati, e pertanto contrasta in ogni modo
l’idea di uno stato palestinese,
anzi Isis ha piu’ volte minacciato e
bacchettato lo stesso Hamas.
MG. Nello scenario
mediorientale si puo’ vedere ulteriore influenza della Russia?
MM: Putin è uno
statista cinico spregiudicato rigido e spietato ma nella decomposizione del
Medio Oriente
trova certamente terreno, del resto come già detto l’assenza
Usa lascia molti varchi aperti.
E se gli Usa osservano, Putin ha maggior volontà di esserci,
Il Califfato sta
perdendo terreni in Iraq e Siria, cercherà pertanto a breve altre terre..la
Libia su tutte è a
portata di mano.
I membri di Isis in Libia si stimano in circa
2-3000, per lo piu’ non libici, ma tunisini o nordafricani che
intendono far
proselitismo nelle tribu’ della Libia, arruolano per Isis.
Si vede quindi
come sia difficile far la guerra a questo soggetto, a Isis, e non è detto che l’invio
di truppe
possa essere positivo.
Putin, in Siria,
ha utilizzano questo metodo: massicci
bombardamenti aerei, brutali, che hanno colpito indistintamente chiunque e poi
invio di gruppi spiccioli su singole realtà a far rintanare il nemico
Ha cioè puntato all’eliminazione
del nemico e non alla conquista di terre. Cio’ comporta però dar origine a
una
guerra infinita. Ricaccio il nemico, questo si riorganizza e torna alla
ribalta.
Dovremmo
ragionare su una nuova dottrina della sicurezza, dove la vittoria non è
prendere Berlino
(per tornare all’esempio di cui sopra) ma eliminare
fisicamente il nemico.
MG: l’Europa
potrebbe avere un esercito unito?
MM: questa crisi
dovrebbe insegnarci a far fronte comune e portarci proprio a questo: un esercito europeo,
delle misure
comuni.
I tre punti di
crisi dell’europa sono: a) crisi economica b) immigrazione c) terrorismo
Di fronte ad
essi serve una posizione comune. Invece l’Europa si sta dimenticando delle
frontiere esterne,
per ripiegare sulle frontiere interne. Ed ecco allora l’Austria
che erige il muro al Brennero.
Chiudere le
frontiere di un singolo stato non serve.
I leader
politici europei piu’ forti, quelli di Francia e Germania, si concentrano sui problemi nazionali e
non portano avanti
misure comuni, non pensano in chiave europea.
MG. La popolazione
araba è con Isis? E se no, perché non vediamo la loro dissociazione di fronte
alle
brutalità di isis?
MM: la grande
maggioranza della popolazione araba non è con Isis, ma la minoranza violenta
riesce ad
imporre timore, con la forza ottiene paura e silenzio.
Noi oggi vediamo
quella che Primo Levi chiamò “zona grigia”, ossia una maggioranza che assiste
ma
non interviene, si chiude in casa.
MG. Qual è il focolaio di tutto?e cosa potrebbe cambiare
la situazione?
MM. l’islam è un
terreno di scontro tra islamici stessi, tra tribu’, tra chi vuole la modernità
e chi vuole il
ritorno alle origini
L’elemento fondamentale,
a mio avviso, sarà la rivendicazione dei diritti delle donne.
Oggi la donna in
molti paesi araboislamici è un soggetto privo di diritti o con diritti
limitati.
Ma le donne sono la maggioranza, loro sostengono le famiglie, loro
hanno ruoli importanti nella vita
quotidiana delle case. Non ci vorrà molto che arriveranno a
rivendicare diritti, i giusti diritti e questo
potrebbe essere il tassello che
cambierà le cose in questi paesi, un movimento di liberazione femminile.
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