Il Giorno
della Memoria è passato anche quest’anno, ma naturalmente la “memoria” non si
deve limitare ad un giorno all’anno e non si deve limitare ad alcuni fatti, dimenticandone
altri, altrettanto gravi.
Il 27
gennaio è stato scelto, come tutti sanno, perché fu il giorno in cui nel 1945 venne liberato il
campo di Auschwitz.
Ma i
campi di sterminio non furono l’unico grande orrore ed errore. La persecuzione
contro gli ebrei non fu un affare puramente germanico, né solo nazista. Dov’era l’Italia?
Dove erano e cosa facevano i nostri concittadini degli anni 30-40?
Dobbiamo infatti avere il coraggio di ricordare che l’Italia
si macchio’ di un grande orrore. Nel 1938 (l’anno in
cui, a novembre, in Berlino si assisteva alla Notte dei Cristalli, uno dei rastrellamenti
piu terribili del periodo), veniva approvato il DECRETO-LEGGE
17 novembre 1938-XVII, n.1728 ossia un
decreto a “difesa della razza” che
prevedeva e riporto il capo II
"Degli appartenenti alla razza ebraica
- Art. 8.
Agli effetti di legge:
a) è di razza ebraica colui che è nato da genitori entrambi di razza ebraica, anche se appartenga a religione diversa da quella ebraica;
b) è considerato di razza ebraica colui che è nato da genitori di cui uno di razza ebraica e l'altro di nazionalità straniera;
c) è considerato di razza ebraica colui che è nato da madre di razza ebraica qualora sia ignoto il padre;
d) è considerato di razza ebraica colui che, pur essendo nato da genitori di nazionalità italiana, di cui uno solo di razza ebraica, appartenga alla religione ebraica, o sia, comunque, iscritto ad una comunità israelitica, ovvero abbia fatto, in qualsiasi altro modo, manifestazioni di ebraismo. Non è considerato di razza ebraica colui che è nato da genitori di nazionalità italiana, di cui uno solo di razza ebraica, che, alla data del 1í ottobre 1938-XVI, apparteneva a religioni diversa da quella ebraica. - Art. 9.
L'appartenenza alla razza ebraica deve essere denunziata ed annotata nei
registri dello stato civile e della popolazione. Tutti gli estratti dei
predetti registri ed i certificati relativi, che riguardano appartenenti
alla razza ebraica, devono fare espressa menzione di tale
annotazione.Uguale menzione deve farsi negli atti relativi a concessione o
autorizzazioni della pubblica autorità. I contravventori alle disposizioni
del presente articolo sono puniti con l'ammenda fino a lire duemila.
- Art. 10. I
cittadini italiani di razza ebraica non possono:
a) prestare servizio militare in pace e in guerra;
b) esercitare l'ufficio di tutore o curatore di minori o di incapaci non appartenenti alla razza ebraica
c) essere proprietari o gestori, a qualsiasi titolo, di aziende dichiarate interessanti la difesa della Nazione, ai sensi e con le norme dell'art. 1 R. decreto-legge 18 novembre 1929-VIII, n. 2488, e di aziende di qualunque natura che impieghino cento o più persone, nè avere di dette aziende la direzione nè assumervi comunque, l'ufficio di amministrazione o di sindaco;
d) essere proprietari di terreni che, in complesso, abbiano un estimo superiore a lire cinquemila;
e) essere proprietari di fabbricati urbani che, in complesso, abbiano un imponibile superiore a lire ventimila. Per i fabbricati per i quali non esista l'imponibile, esso sarà stabilito sulla base degli accertamenti eseguiti ai fini dell'applicazione dell'imposta straordinaria sulla proprietà immobiliare di cui al R. decreto-legge 5 ottobre 1936-XIV, n. 1743. Con decreto Reale, su proposta del Ministro per le finanze, di concerto coi Ministri per l'interno, per la grazia e giustizia, per le corporazioni e per gli scambi e valute, saranno emanate le norme per l'attuazione delle disposizioni di cui alle lettere c), d), e). - Art. 11.
Il genitore di razza ebraica può essere privato della patria potestà sui
figli che appartengono a religione diversa da quella ebraica, qualora
risulti che egli impartisca ad essi una educazione non corrispondente ai
loro principi religiosi o ai fini nazionali.
- Art. 12.
Gli appartenenti alla razza ebraica non possono avere alle proprie
dipendenze, in qualità di domestici, cittadini italiani di razza ariana. I
trasgressori sono puniti con l'ammenda da lire mille a lire cinquemila.
- Art. 13.
Non possono avere alle proprie dipendenze persone appartenenti alla razza
ebraica:
a) le Amministrazioni civili e militari dello Stato;
b) il Partito Nazionale Fascista e le organizzazioni che ne dipendono o che ne sono controllate;
c) le Amministrazioni delle Provincie, dei Comuni, delle Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza e degli Enti, Istituti ed Aziende, comprese quelle dei trasporti in gestione diretta, amministrate o mantenute col concorso delle Provincie, dei Comuni, delle Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza o dei loro Consorzi;
d) le Amministrazioni delle aziende municipalizzate;
e) le Amministrazioni degli Enti parastatali, comunque costituiti e denominati, delle Opere nazionali, delle Associazioni sindacali ed Enti collaterali e, in genere, di tutti gli Enti ed Istituti di diritto pubblico, anche con ordinamento autonomo, sottoposti a vigilanza o a tutela dello Stato, o al cui mantenimento lo Stato concorra con contributi di carattere continuativo;
f) le Amministrazioni delle aziende annesse o direttamente dipendenti dagli Enti di cui alla precedente lettera e) o che attingono ad essi, in modo prevalente, i mezzi necessari per il raggiungimento dei propri fini, nonché delle società, il cui capitale sia costituito, almeno per metà del suo importo, con la partecipazione dello Stato;
g) le Amministrazioni delle banche di interesse nazionale;
h) le Amministrazioni delle imprese private di assicurazione." Ma non solo, è di quegli anni anche il Manifesto della razza. Il ministro segretario del partito fascista ricevette un gruppo di studiosi fascisti, docenti nelle università italiane, che avevano, sotto l'egida del Ministero della Cultura Popolare, redatto o aderito, alle proposizioni che fissano le basi del razzismo fascista. qui trovate il manifesto http://www.storiaxxisecolo.it/fascismo/fascismorazz1.htm in cui si dice “Gli ebrei non appartengono alla razza italiana. Dei semiti che nel corso dei secoli sono approdati sul sacro suolo della nostra Patria nulla in generale è rimasto. Gli ebrei rappresentano l'unica popolazione che non si è mai assimilata in Italia perché essa è costituita da elementi razziali non europei, diversi in modo assoluto dagli elementi che hanno dato origine agli Italiani”
Quindi, nei nostri giorni o momenti di "memoria", non pensiamo solo ai
campi nazisti o agli eccidi delle SS, l’Italia non ha fatto di meglio , alcuni
italiani sì, hanno visto il giusto e lo hanno fatto, ma la nazione emanò delle
leggi atroci e ingiuste. Avvalorate da studiosi
che dovrebbero vergognarsi delle affermazioni fatte nei loro studi “scientifici”
Questa
che segue è la lettera, toccante e profonda di Emilio Foà, cittadino italiano ed
ebreo, di Torino, lettera che egli indirizzò ai propri figli Giorgio e Franco.
Su gentile
concessione della nipote, che ringrazio ancora, voglio farvela leggere a
ricordo di chi in allora subì sulla propria pelle la vergogna italiana
Fino al 1938 tutta la famiglia dei
Foà continuò a vivere come una famiglia assolutamente normale, com'era,
d'altronde
“Vi lascio, miei figli, un nome onorato,
sappiate conservarlo anche se qualche circostanza difficile si presentasse
nella vostra vita.
Dovete amare e rispettare vostra madre. Essa ha condiviso con me gioie e dolori. Essa vi ha circondato di tutta la sua tenerezza, di tutto il suo amore , ha trepidato e sofferto per voi. Essa dovra' stare sempre al centro del vostro cuore con colei che sara' la compagna della vostra esistenza e la madre dei vostri figli.
Io non conoscero' questa vostra compagna, ma le direte un giorno che l' ho benedetta, chiunque essa sia, ma purche' porti a voi le stesse virtu' che ha portato a me vostra madre.
Giorgio, ora m' indirizzo a te. Tu sei il primogenito. Sarai presto un uomo. Spero di vivere fino al giorno in cui potro' avere la certezza che sarai un uomo. Sei nato nella nostra casa, raggio di luce per i nostri cuori, ed abbiamo marciato tanto insieme. Avrei voluto esserti piu' a fianco nei tuoi studi, ma dovevamo tutti e due lavorare.
Ho assoluta fede in te e nel tuo carattere. La tua coscienza e' diritta. Sarai medico. Conoscerai molte miserie. E dovrai essere umano piu' che umano. L' umanita' del medico vale la sua sapienza: una parola, un tratto di bonta' ti conquisteranno i cuori.
Ti farai onore come se lo fara' Franco, perche' Dio vi ha dato l' intelligenza. Ma bisogna lavorare, lavorare, lavorare. E un giorno conoscerai quale profonda dolcezza da il lavoro degli uomini. Ti abbraccio Dottor Giorgio Foa' con infinita commozione.
Affido anche a te Franco. Amalo e proteggilo. Io lo lascero' a mezza strada, e tu non sai quanto questo pensiero mi tormenti. Egli e' buono, egli e' generoso. Sara' il tuo compagno piu' sicuro, sara' l' uomo che non ti tradira' mai, come tu non tradirai mai lui. Dovete fare molto cammino insieme; fatelo fraternamente, con l' esempio costante dell' affetto che ha unito me e lo zio Arturo. Io voglio morire con la certezza che sarete sempre uniti anche voi due cosi.
Franco, piccolo Franco ..per quante mattine ti diro' : presto che e' tardi, quando ti accompagno alla tua scuola elementare, e diamo il saluto alla mamma prima di uscire di casa e filiamo via per la strada che da quattro anni facciamo insieme, nel sole e nella pioggia, io felice di averti vicino, tu col pensiero , forse , ai soldatini.
Franco, tu amerai Giorgio. Egli e' il tuo fratello maggiore . Che tu sia sempre a lui legato. Dio ti accompagnera' . Prenderai anche tu la laurea, ti farai la tua posizione. Quale? Quella che l' uomo molte volte puo' avere se vuole. Ma bisogna dare tutta la nostra volonta', bisogna che ogni giorno tu possa dire: ho speso bene la mia giornata. Ti vedo in un futuro lontano ed ho l' amara infinita tristezza di non poterti vedere che cosi, ultimo piccolo figlio mio che mi sorridi e mi baci la mano se un gesto impulsivo ti sfugge, piccolo figlio che ti ho avvolto di tutta la mia protezione perche' eri la piu' fragile vita della nostra casa.
Che cosa farai ? Quale, fra le tante strade tu prenderai? Dio, fa che io possa condurti almeno alla soglia di quella che segnera' il corso della tua esistenza !
E' questa la piu' fervida preghiera che alzo a Dio in cui ho sempre fermamente creduto; nel nome del quale moriro'.
Vi abbraccio, figli miei, con impeto d' amore. E voi amatevi sempre per la memoria di vostro padre.
Papa' Torino, 21 gennaio 1937”
Dovete amare e rispettare vostra madre. Essa ha condiviso con me gioie e dolori. Essa vi ha circondato di tutta la sua tenerezza, di tutto il suo amore , ha trepidato e sofferto per voi. Essa dovra' stare sempre al centro del vostro cuore con colei che sara' la compagna della vostra esistenza e la madre dei vostri figli.
Io non conoscero' questa vostra compagna, ma le direte un giorno che l' ho benedetta, chiunque essa sia, ma purche' porti a voi le stesse virtu' che ha portato a me vostra madre.
Giorgio, ora m' indirizzo a te. Tu sei il primogenito. Sarai presto un uomo. Spero di vivere fino al giorno in cui potro' avere la certezza che sarai un uomo. Sei nato nella nostra casa, raggio di luce per i nostri cuori, ed abbiamo marciato tanto insieme. Avrei voluto esserti piu' a fianco nei tuoi studi, ma dovevamo tutti e due lavorare.
Ho assoluta fede in te e nel tuo carattere. La tua coscienza e' diritta. Sarai medico. Conoscerai molte miserie. E dovrai essere umano piu' che umano. L' umanita' del medico vale la sua sapienza: una parola, un tratto di bonta' ti conquisteranno i cuori.
Ti farai onore come se lo fara' Franco, perche' Dio vi ha dato l' intelligenza. Ma bisogna lavorare, lavorare, lavorare. E un giorno conoscerai quale profonda dolcezza da il lavoro degli uomini. Ti abbraccio Dottor Giorgio Foa' con infinita commozione.
Affido anche a te Franco. Amalo e proteggilo. Io lo lascero' a mezza strada, e tu non sai quanto questo pensiero mi tormenti. Egli e' buono, egli e' generoso. Sara' il tuo compagno piu' sicuro, sara' l' uomo che non ti tradira' mai, come tu non tradirai mai lui. Dovete fare molto cammino insieme; fatelo fraternamente, con l' esempio costante dell' affetto che ha unito me e lo zio Arturo. Io voglio morire con la certezza che sarete sempre uniti anche voi due cosi.
Franco, piccolo Franco ..per quante mattine ti diro' : presto che e' tardi, quando ti accompagno alla tua scuola elementare, e diamo il saluto alla mamma prima di uscire di casa e filiamo via per la strada che da quattro anni facciamo insieme, nel sole e nella pioggia, io felice di averti vicino, tu col pensiero , forse , ai soldatini.
Franco, tu amerai Giorgio. Egli e' il tuo fratello maggiore . Che tu sia sempre a lui legato. Dio ti accompagnera' . Prenderai anche tu la laurea, ti farai la tua posizione. Quale? Quella che l' uomo molte volte puo' avere se vuole. Ma bisogna dare tutta la nostra volonta', bisogna che ogni giorno tu possa dire: ho speso bene la mia giornata. Ti vedo in un futuro lontano ed ho l' amara infinita tristezza di non poterti vedere che cosi, ultimo piccolo figlio mio che mi sorridi e mi baci la mano se un gesto impulsivo ti sfugge, piccolo figlio che ti ho avvolto di tutta la mia protezione perche' eri la piu' fragile vita della nostra casa.
Che cosa farai ? Quale, fra le tante strade tu prenderai? Dio, fa che io possa condurti almeno alla soglia di quella che segnera' il corso della tua esistenza !
E' questa la piu' fervida preghiera che alzo a Dio in cui ho sempre fermamente creduto; nel nome del quale moriro'.
Vi abbraccio, figli miei, con impeto d' amore. E voi amatevi sempre per la memoria di vostro padre.
Papa' Torino, 21 gennaio 1937”
Nel
1938, come detto, vennero emanate le leggi razziali. Emilio, nel '39 viene licenziato e, nonostante i suoi sforzi per
trovare un altro lavoro, tutti gli voltarono le spalle. Vista la situazione, il 4 maggio del 1939 Emilio Foà si
suicido'. Venne trovato dal figlio Giorgio, allora 18enne, nel suo studio . Si era sparato in testa.
Aveva infatti un’assicurazione sulla
vita e morire era l’unico modo per dar modo alla famiglia di avere un po’ di
denaro per continuare a vivere. Scrisse esattamente 'Salvo così la mia
famiglia' e poi se ne andò.