mercoledì 30 luglio 2014

Hamas e Corea del Nord : accordo per la fornitura di missili e armi. Un affare del valore di centinaia di migliaia di dollari



I militanti di Hamas stanno negoziando un nuovo accordo per la fornitura di armi dalla Corea del Nord. 

Il braccio armato del movimento politico islamico riceverà missili e apparecchiature militari, un arsenale che gli permetterà di mantenere la sua offensiva contro Israele.
Pare infatti che l'accordo tra Hamas e la Corea del Nord ammonti a  centinaia di migliaia di dollari e venga  gestita da una società commerciale libanese con stretti legami con l'organizzazione palestinese militante e terrorista di  Beirut.

Secondo la stampa (Telegraph, JPost, Washington Post) Hamas avrebbe già effettuato un pagamento iniziale in contanti, per chiudere l’affare, e spera ora che la Corea del Nord inizi presto la spedizione di forniture extra di armi.

Hamas è alla ricerca di modi per ricostituire le proprie scorte di missili a causa del grande numero di razzi sinora sparati  contro Israele nelle ultime settimane", ha spiegato un funzionario della sicurezza. "La Corea del Nord è un luogo ovvio per cercare forniture, perché Pyongyang ha già stretti legami con un certo numero di gruppi terroristici islamici militanti in Medio Oriente."

Come altri gruppi terroristici islamici della regione, come Hezbollah, Hamas ha instaurato stretti legami con la Corea del Nord, che è pronta a sostenere i gruppi che si oppongono agli interessi occidentali nella regione.
Il rapporto tra Hamas e la Corea del Nord è diventato di dominio pubblico nel 2009, quando 35 tonnellate di armi, tra cui razzi terra-terra e granate, sono stati sequestrati dopo che un aereo cargo che trasportava  il materiale è stato costretto ad effettuare un atterraggio di emergenza all'aeroporto di Bangkok . Gli investigatori poi hanno confermato che il carico di armi era  destinato all'Iran, da cui poi le armi vegnono smistate e contrabbandate  a Hezbollah in Libano e ad  Hamas a Gaza.
A seguito del continuo lancio di razzi verso Israele, che ormai perdura da settimane, le scorte missilistiche di Hamas diminuiscono e i il gruppo terroristico ha tutte le intenzioni di ricostituire le proprie scorte di armi, rifocillare il proprio arsenale e pertanto cerca collaborazione nella Corea del Nord . 
Fonti militari israeliane ritengono che esperti nordcoreani abbiano fornito assistenza ad Hamas in merito alla costruzione della vasta rete di tunnel a Gaza, permettendo così ai combattenti di contrabbandare le armi senza essere scoperti dai droni israeliani, che mantengono una costante operazione di monitoraggio su Gaza.
I nordcoreani hanno uno dei network più sofisticati al mondo in tema di gallerie in esecuzione sotto la zona demilitarizzata con la Corea del Sud, ei comandanti israeliani ritengono che Hamas abbia usufruito di  questa esperienza per migliorare la propria rete di tunnel.

L'arsenale di Hamas è diventato sempre più sofisticato, con l'assistenza estera e ora vanta cinque varianti di razzi e missili. La sua arma di base è il razzo Qassam iraniano-progettato con una gittata di meno di dieci miglia, ma ha anche una grande riserva di Katiuscia 122 millimetri, che vantano una gittata fino a 30 miglia.


La Corea del Nord, al momento, ha respinto le accuse di aver fornito missili di Hamas e materiali a sostegno per  Hezbollah definendole  "finzione pura" e uno sforzo per collegare Pyongyang alle controversie Medio Oriente. 

sabato 26 luglio 2014

CERCHIAMO LA PACE, E NON CI ALLONTANEREMO DAL NOSTRO PATRIMONIO MORALE

Il discorso di fine mandato di Shimon Peres שמעון פרס (Fonte HuffPost Italia)

"Sono venuto qui per ringraziarvi per il privilegio che mi avete accordato di servire il nostro Paese e i suoi cittadini in questi ultimi sette anni. Non c'è privilegio più grande. Grazie.

Israele, questo piccolo paese, è diventato un grande stato. Non conosco nessun altro paese sulla faccia della terra o in tutta la storia che abbia meravigliato e sorpreso altrettanto. Riunendo i suoi cittadini. Facendo rifiorire le sue zone selvagge. Risorgendo dalle proprie rovine, sopravvivendo ad un terribile Olocausto. Contrattaccando a sette guerre. Riportando alla vita la sua lingua. Rispettando le sue tradizioni pur sposando la modernità. E allo stesso tempo costruendo uno stato che continua a svilupparsi. Una nazione con i propri valori e che pratica la democrazia. Una nazione senza risorse naturali, che impiega piuttosto l'ingegnosità del suo popolo. Le nostre risorse umane sono molto più preziose dei pozzi petroliferi e delle miniere d'oro. Una patria che è stata fondata su un nucleo storico e che è diventata uno stato rilevante nel nuovo mondo scientifico.

Un paese di canzoni. Un paese di letteratura. Un paese che cerca la pace notte e giorno. Lascio la mia presidenza senza separarmi dalla mia fede. Continuerò a servire il mio paese convinto fermamente che Israele sia uno stato esemplare. Siamo un popolo che ha vissuto sulla propria pelle un'agonia inimmaginabile. E siamo un popolo che ha raggiunto le più elevate vette dei risultati umani. Abbiamo fatto grandi sforzi. Abbiamo pagato un caro prezzo.

Non dimenticheremo mai i nostri fratelli e sorelle morti nell'Olocausto. Ricorderemo quelli caduti in battaglia, che hanno portato nuova vita a un popolo riscattato. È un privilegio essere un cittadino tra cittadini che conoscono la fatica e la lotta. Che hanno fatto uno sforzo supremo per portare una speranza determinata fino alla prima rugiada della nostra alba. Siamo tornati. Abbiamo edificato. Combattuto. Pregato. Fino a che non abbiamo cominciato a vedere i primi risultati che ci hanno persino sorpresi. Siamo un popolo antico che sta invecchiando. Siamo un popolo, prima di tutto, che ricostruisce se stesso ogni volta.

Israele è nato come precedente ed ha creato dei precedenti. Nonostante siamo poco numerosi tra gli altri paesi, il nostro popolo racchiude una fede grandiosa. Il primo a ribellarsi contro il pregiudizio fu Mosè. Una nazione che si è ribellata contro un Faraone. Che ha distrutto gli idoli. Che ha allontanato le illusioni. una nazione che ha attraversato il deserto per raggiungere la propria casa, il proprio destino. Abbiamo scalato delle montagne e ne siamo scesi con le tavole, con i Dieci Comandamenti che sono diventati il fondamento sul quale è stato costruito il nostro paese e che sono stati adottati dall'intera civiltà occidentale. Manteniamo e continueremo a mantenere questa grandiosa eredità. Ci sono ancora molti idoli da distruggere, schiavi da liberare, vite da salvare e giustizie da sostenere. C'è ancora un mondo intero da aggiustare. Anche se rimaniamo la minoranza tra le nazioni. Anche se siamo bersagli per il male - non devieremo dal nostro patrimonio morale.

Non siamo noi a richiamare le sfide. Arrivano da sole. Ecco come è arrivata anche questa sfida corrente. Non immaginavo che negli ultimi giorni della mia presidenza sarei stato chiamato ancora una volta a confortare delle famiglie in lutto. Lacrime nei loro occhi. Fede nei loro cuori. Non immaginavo che sarebbe successo di nuovo, dopo che siamo stati colpiti da dei missili lanciati per ferire dei civili innocenti. E dopo che abbiamo scoperto dei tunnel intesi per uccidere, per penetrare nel cuore delle comunità civili e per sparare alle madri e ai bambini. Così, dobbiamo avvertire il mondo della follia della minaccia terrorista.

Il terrorismo ambisce a versare il nostro sangue. E fa sì che il sangue sia versato tra il suo popolo. Mai prima una simile minoranza era riuscita a lacerare il tessuto di intere società. Mai prima aveva così crudelmente inviato dei bambini a fungere da scusi per i suoi crimini. Hamas ha ancora una volta messo in pericolo centinaia di migliaia dei cittadini di Gaza, in un campo di fuoco. I terroristi hanno trasformato Gaza, che ha più di 3000 anni, in una tragedia umana.

Abbiamo lasciato Gaza di nostra spontanea volontà e abbiamo anche aiutato a ricostruirla. Sfortunatamente, è finita nelle mani di terroristi fanatici, che hanno estirpato le strutture utili alla riabilitazione e le ha buttate via in un meccanismo di terrore e morte. Israele non è il nemico del popolo di Gaza. È vero l'opposto, che Israele ha costruito il passaggio di Erez per aprire una via d'uscita a Gaza. Non abbiamo cominciato noi a sparare. Abbiamo risposto sparando dopo che ci hanno sparato.

Abbiamo combattuto i terroristi per portare la pace al nostro popolo. Sono anche stati crudeli con il loro stesso popolo, levando il cibo ai bambini per finanziare il terrore. Hanno seminato il terrore e hanno raccolto la morte. Hanno costretto i loro bambini a servire da scudi umani, e li hanno gettati nel fuoco. Lo dico ancora una volta, lo dico chiaramente, gli Arabi non sono nostri nemici. La politica di uccidere è il nemico. Ed è anche il più grande pericolo per il mondo arabo. Hamas ha attaccato ma non può rispondere a due semplici domande. Qual è la ragione per quell'attacco? Gaza non è occupata, e quando non ci attaccano è aperta. Secondo, cosa vogliono ottenere? Puoi ottenere delle cose senza bisogno di sparare, e le perdi quando spari. Per 68 anni il terrore ha danneggiato il suo popolo. Non hanno mai vinto. Ha soltanto portato oscurità al suo popolo e distruzione alla sua terra.

Il terrore non ha risposte e non arriva alle giuste conclusioni. Israele vincerà contro il terrorismo perché cerchiamo la pace e stiamo soltanto difendendo la nostra casa. Israele vincerà grazie all'IDF. Grazie ai suoi eccellenti comandanti e ai suoi soldati fedeli. Non c'è un altro esercito al mondo come l'IDF. Il suo potere è grande. Il suo equipaggiamento è avanzato. I suoi valori sono chiari. Il paese è orgoglioso del suo esercito. Le persone amano l'esercito. La nazione si fida.

Quando nei giorni scorsi sono venuto a confortare quelli che avevano perso i loro cari, ho sentito che una simile tristezza non può trovare conforto, ma ho anche visto di nuovo la grandezza nella nostra caduta. Il fuoco ha interrotto le loro vite ma ha rivelato la loro importanza. Ha illuminato le profondità delle loro personalità così come il coraggio dei loro cuori. Non c'era bisogno di spiegarli nulla, conoscevano la realtà, da sé. Si sono mossi per combattere prima ancora di essere chiamati al fronte. Erano volontari per missioni pericolose ed hanno combattuto come leoni. Veloci ma non avventati. Hanno portato con loro la giustizia dei nostri antenati e il coraggio dei più giovani. I loro cuori erano pieni dell'amore per le loro famiglie, per il loro paese, per il loro popolo. I genitori li hanno educati e i ragazzi hanno risposto in maniera eccellente alle aspettative del paese.

Ho visitato alcune comunità che sono state bombardate. Comunità che hanno creato meravigliose società e che hanno arato nuovi campi. Ho incontrato i fondatori immerso tra alberi di frutta, tra bambini che si attivano per la libertà e per la fratellanza. Sono tutti consapevoli del pericolo, ma convinti della nostra capacità di sopraffarlo.

Membri del Knesset,

permettetemi di dire da questo seggio - non c'è nessun altro come loro. Aggiungerò che la forza di Israele deriva dal suo essere unito. L'unità di un paese che combatte e costruisce. Un paese di buoni cittadini, che si arruolano quando sono giovani e partono volontari per fare il proprio dovere anche molto tempo dopo. Israele non è un paese che rimugina solo, abbiamo degli amici. In America e in Europa, in Asia, Australia e in Africa. E sono grato a tutti loro. È difficile capire come mai in tutto il mondo delle persone si siano riunite nelle strade e nelle piazze per supportare i terroristi e condannare quelli che se ne difendono. Portano dei cartelli sulle loro teste senza fornire alcuna risposta al terrore. Incoraggiano e incitano alla violenza.

È difficile anche comprendere come un consiglio che porta le parole "diritti umani" nel suo nome abbia stabilito un comitato per indagare su chi abbia ragione. Gli assassini o quelli che rifiutano di essere uccisi? Se il diritto alla vita non è il primo dei diritti umani, dove sta il valore degli altri diritti? I terroristi provano a restringere la libertà del traffico aereo. Ma non dobbiamo sottostare a loro. I governi devono paralizzare il terrore e non sospendere i voli. In dei paesi governati dalla legge, il cielo dovrebbe essere libero e i terroristi fermati.

Membri del Knesset,

non c'è motivo di dubitare della nostra vittoria. Sappiamo che nessuna vittoria militare sarà mai sufficiente. Non c'è alcuna sicurezza permanente senza una pace permanente. Proprio come non c'è nessuna pace reale senza una sicurezza reale. Non c'è alcun ordine cronologico quando si tratta dei nostri principi fondanti. Nella nostra ricerca della pace, non dobbiamo abbandonare la sicurezza. Nei nostri sforzi di garantire la sicurezza, non dobbiamo dimenticare i prospetti di pace. Un popolo che può vincere delle guerre può anche portare la pace ai suoi bambini. Anche quando sembra che la pace ci sfugga, la nostra presa è abbastanza determinata da afferrarla. È già successo in passato.

Ricordo quando gli esperti dicevano che l'Egitto non avrebbe mai firmato un accordo di pace con noi. Che la Giordania non avrebbe mai accettato una pace con Israele prima che lo facesse la Siria. Che non avremmo mai sollevato una campagna contro il terrore tra i Palestinesi. Che mai dei leader arabi avrebbero parlato a favore della pace e contro la guerra, nel loro linguaggio e non soltanto in inglese, in paesi arabi e non soltanto in Europa. Leader arabi che condannano i sequestri e sono aperti alle trattative per la terra. Leader arabi che sono per l'idea di due stati tra i quali uno dei due è ovviamente lo Stato di Israele, che è una patria ebraica per natura e per costituzione.

Mai un esperto avrebbe potuto prevedere che un giorno la Lega Araba, che ha impresso nella sua bandiera l'albero "No's" di Khartoum, avrebbe reso pubblica un'iniziativa che lo rinnega, e avrebbe fatto una propria proposta per un passaggio verso la pace, non soltanto tra Israele e i Palestinesi ma con tutti i paesi arabi. Anche se non possiamo accettare nella sua interezza questa proposta, non possiamo ignorare il suo valore. Come ha detto Ben Gurion: "Non ci sono esperti sul futuro, soltanto esperti sul passato." Anzi, il futuro ha bisogno di credenti, non per forza di esperti. Il futuro si costruisce, non si eredita dai profeti. E proprio per rendere sicuro il futuro di Israele in quanto stato democratico ed ebraico, Israele ha adottato la soluzione basata sui due stati per due popoli. Uno stato ebraico - Israele - e uno stato arabo per i Palestinesi. La soluzione è stata accettata dalla maggioranza dei popoli nel mondo e dalla maggioranza del mondo arabo.

Membri del Knesset,

sono qui per offrirvi un congedo come cittadino, come uomo i cui sogni sono ancora vivi. Come un uomo a cui l'esperienza ha insegnato che la realtà di Israele è molto più grandiosa del sogno che mi ero immaginato alla sua nascita. Sto lasciando la mia posizione di Presidente, ma non il mio dovere di cittadino. Come Presidente ho amato il mio popolo. Non metterò da parte il mio diritto di servire il mio popolo e il mio paese. E continuerò ad aiutare a costruire il mio paese, con la forte certezza che un giorno troverà la pace. Che Israele vincerà l'ingiustizia sociale ed alzerà gli occhi verso il sogno realizzato dei suoi profeti. Che Israele continuerà ad essere ebraico nella sua giustizia e democratico nelle sue pratiche. Che salvaguarderà la libertà di parola e di ricerca. Che continuerà ad eccellere sul piano scientifico su scala globale. Che sarà un paese morale. Un paese che praticherà l'uguaglianza per tutti i suoi cittadini - Ebrei, Musulmani, Cristiani, Drusi, Beduini e Circassiani. Così abbiamo promesso nella nostra Dichiarazione d'Indipendenza. Così abbiamo proclamato nel nostro codice di leggi. Così abbiamo fatto sotto il volere delle nostre autorità.

La visione sociale del profeta Amos, così come la visione politica del profeta Isaiah, sono le nostre guide. Ci hanno comandato di considerare la giustizia sociale e la pace globale i principi primi delle nostre azioni. Israele è nato su questi principi. Oggi cresce sulle spalle della scienza. Non c'è contraddizione tra le due cose e non dovrebbe esserci.

Durante le mie visite nei vari e diversi angoli di Israele, sono entrato in ogni posto con la curiosità di un esploratore e ne sono uscito con il cuore pieno di orgoglio. Ho scoperto dappertutto, ed ogni volta, delle persone che lavorano duro, con uno sconfinato talento, bambini meravigliosi e sorprese indescrivibili. Perciò, mentre lascio la mia posizione ufficiale, rimarrò un cittadino pieno di speranza. Spero in un futuro migliore. Spero nella pace. Spero che il sogno di oggi darà vita a una realtà esemplare. Quando mi ritrovo in mezzo alla bellezza e alla forza dello Stato di Israele, mi viene da piangere. Forse sono un pochino più emotivo dei miei amici più giovani. Perché con i miei occhi ho assistito all'intero incredibile viaggio e ai miracoli di Israele. Così come David Ben Gurion, l'ho visto combattere per la propria vista. Con poche risorse e contro immensi pericoli. Ed oggi lo vedo forte sui suoi piedi. Sicuro. Fiorente. Di successo in ogni campo. Vedo il mio paese che promette un futuro eccellente ai nostri figli e figlie.

Amici, Reuven Rivlin, eletto come prossimo Presidente di Israele,

ti auguro il successo, di servire il paese in un modo positivo, come già fai con il tuo grande cuore e con il tuo viso pieno di luce. Hai già tutto quello che è necessario a un presidente. Sono sicuro che riuscirai ad andare avanti e a rinforzare lo Stato di Israele.

Membri della Knesset,

la natura di una democrazia parlamentare è un dibattito continuo e appassionato. Questo è la democrazia. Questo è come dovrebbe essere. Se potete, in particolare in questi giorni in cui bisogna restare uniti, in questi giorni difficili in cui gli occhi della nazione sono sui suoi leader, su di voi, per favore non abbandonate il dibattito. È l'essenza della democrazia, e così deve rimanere. Ma fatelo con rispetto reciproco, con un senso di destino condiviso e con grande rispetto per il pubblico di Israele, che è unico. Non si meritano nulla di meno, dai loro rappresentanti.

Grazie a tutti dal profondo del mio cuore"

Grazie a Lei, Presidente, grande Statista ma prima di tutto grande Uomo.

martedì 22 luglio 2014

Aharon Appelfeld: I TERRORISTI PROTEGGONO SE STESSI NON LA LORO POSIZIONE. LA VITA UMANA NON CONTA"


Nei giorni scors è apparsa su La Stampa questa bella intervista che il grande scrittore israeliano Aharon Appelfeld ha rilasciato ad Alain Elkan.
Ve la riporto

"Aharon Appelfeld vive quasi come un recluso nella sua casa, in un paesino vicino a Gerusalemme. Quando suona l’allarme scende in cantina con la moglie, come chiunque altro in Israele in questi giorni.
«Tutti i ricordi della seconda guerra mondiale mi stanno ritornando in mente e sono sicuro che questo accada a tutti i sopravvissuti dell’Olocausto e a quelli della guerra dei sei giorni e di quella dello Yom Kippur. Non è facile vivere quando tutte le nostre città sono sotto l’attacco dei razzi. Generalmente si ha l’idea che Israele sia un Paese molto forte, armato bene. E nondimeno un piccolo gruppo di terroristi, forse 5000 o 7000, opposti a un Paese di più di 6 milioni di persone, hanno scavato e costruito un’altra città 30-40 metri sotto terra e hanno gallerie in grado di raggiungere il territorio israeliano. Questa gente continua a sparare razzi contro di noi. Combatterli sul terreno per Israele significa una battaglia casa per casa, sarà un confronto brutale e questo diventa un vero problema. Risolvere il problema significa che dobbiamo essere molto crudeli e questo moralmente non è facile da fare. È possibile che ci siano molti morti, da entrambe le parti. Ma che cosa fare contro terroristi che hanno una città sotterranea? È un terribile dilemma».
 
Ci sono altre soluzioni?
«La proposta di Israele è di smilitarizzare Gaza, ma dubito che i terroristi accettino».
Com’è lo stato d’animo di un israeliano?
«Sono molto forti, ma naturalmente soffrono ogni volta che c’è un nuovo allarme anche se sanno che i razzi vengono intercettati. Io stesso vivo chiuso in casa. Ogni cinque minuti suonano le sirene, soprattutto sulla costa, meno a Gerusalemme».
 
Ma cosa ne pensa?
«Pensavamo che venendo qui avremmo smesso di soffrire. Venire qui aveva una logica, è il Paese in cui gli ebrei, la loro cultura e la loro fede sono nate. All’inizio c’erano solo mezzo milione di ebrei, mezzo milione di arabi e il deserto. Ma per rispondere alla domanda, come si sentono gli israeliani, c’è una sorta di solidarietà tra le persone. In tempo di pace ci sono molti litigi ma improvvisamente diventano insignificanti di fronte alla guerra».
Pensa che la guerra sia destinata a durare?
«Non sarà breve, perché Israele non può lasciare un tale arsenale vicino alla frontiera. Solo per fare un esempio, pensiamo che tredici uomini ben armati sono sbucati da un tunnel nella notte per distruggere una piccola città israeliana. Questo vuol dire che i loro tunnel si spingono molto all’interno del territorio israeliano. Sono orripilato all’idea che tutti i soldi dati ai poveri palestinesi siano finiti così, nella costruzione dei tunnel».
 
E gli altri Paesi arabi?
«Siamo molto fortunati perché Hamas è diventato un nemico dell’Egitto. Siria e Iraq hanno altri problemi. Per fortuna abbiamo fatto la pace con l’Egitto e la Giordania».

E l’America e l’Europa?
«L’America si è indebolita, o forse dopo l’Afghanistan e l’Iraq e non sono pronti a investire denaro in altre guerre. Penso abbiano capito che Israele è una roccaforte in quest’area e quindi rafforzano costantemente il loro aiuto. Gli europei vogliono mantenersi in qualche modo neutrali».

Ma non è terribile pensare che i bambini stanno morendo?
«I terroristi proteggono se stessi, non la loro popolazione. La vita umana non conta. Muori e vai in Paradiso. Pare che per loro l’aldilà sia più importante».

lunedì 21 luglio 2014

Israel vs. Hamas





Nelle ultime settimane  abbiamo sempre piu' spesso notizie che giungono da Israele e da Gaza, soprattutto la stampa non perde occasione per mettere in rilievo il comportamento del "feroce Israele" verso il popolo palestinese. E' guerra tra la Palestina, tra i palestinesi ed Israele?
No, ed è grave che nessuna voce (o ben poche) si levi per dire che non è così, Israele non è in guerra con il popolo palestinese, infatti consideriamo che
1) In Israele vivono 1,4 milioni di palestinesi (20% della popolazione israeliana) che non sono in guerra con Israele
2) In Cisgiordania vivono 2,4 milioni di palestinesi, che non sono in guerra con Israele
3) In Giordania vivono 2,5 milioni di palestinesi che non sono in guerra con Israele.
4) In Siria e Libano vivono almeno altri 500 mila palestinesi, che non sono in guerra con Israele. Resta una minoranza di 1,4 milioni di palestinesi che vivono a Gaza (il 17% dei palestinesi dell'area. Senza contare quelli in giro per il mondo). Loro sì (per meglio dire, alcuni di loro), sono in guerra con "gli israeliani" (siano essi civili o militari, ebrei o musulmani.).
Lo scontro dunque, è tra una minoranza dei palestinesi residenti a Gaza e gli israeliani. O, meglio ancora, tra una minoranza di estremisti palestinesi che da quando Israele si è ritirato da Gaza lancia quotidianamente razzi su Israele, e un Paese che si è stufato di riceverli. La controprova? Israele non ha problemi con gli altri 6,8 milioni di palestinesi (quelli che non gli lanciano quotidianamente missili sulla testa dal 2006).

Ieri la stampa è stata occupata a tarsmettere notizie relative all'attacco nel quartiere di Shuja'iya e ho sentito telecronisti paragonare il fatto al massacro di Sabra e Chatila (!! tra l'altro imputabile ai falangisti libanesi! Ma tant'è..)
Oggi la BBC fa un mea culpa e ammette che nel trasmettere le informazioni sull'azione militare nel quartiere di Shuja’iya, il reporter ha omesso di contestualizzare l'intero scenario
1) che quella zona era quella avvisata dall' IDF dove si chiedeva che venisse interamente evacuata
2) che tutti i morti elencati dal servizio sono definiti come CIVILI ma che non sono tutti civili (anzi la maggior parte sono combattenti)
3) che il Wafa hospital in Shuja’iya è stato oggetto di scontri con l' IDF proprio perchè da li provenivano gli attacchi

Domenica 20 luglio il Primo Ministro Netanyahu ha tenuto un discorso di cui lascio link, il discorso è in ebraico ma è sottotitolato in inglese.  

Il sunto è questo:
“L'intera nazione è con le famiglie dei caduti. Dobbiamo chinare il capo di fronte a chi è  caduto in modo che potessimo continuare a vivere qui.
Vorrei dirvi che è una guerra giusta quella in cui uno tra noi cade come eroe.  Completiamo la missione  che abbiamo iniziato  portiamo la pace e la sicurezza al sud, il centro e tutte le parti del paese.
Proviamo profondo dolore e inviamo le nostre condoglianze alle famiglie dei soldati caduti.
Israele non ha scelto questa guerra, ci è stata imposta. Ma ora che ci siamo, continueremo fino a quando necessario. Stiamo combattendo per le nostre case. Hamas ha investito nei razzi e nei tunnel anni di lavoro ed enormi capitali, con l’obiettivo di compiere mega attentati terroristici e rapimenti. Se non avessimo scoperto quei tunnel, i risultati sarebbero stati dei catastrofici attacchi a comunità, asili, mense. Questi erano i piani di Hamas. Hamas è rimasta sorpresa dalla forza di Israele e dal successo dei nostri sistemi difensivi. Pensavano di ridurre Tel Aviv in rovine, ma Tel Aviv non è in rovina. I capi di Hamas non vanno nei rifugi: loro ci vivono nei rifugi, facendosi beffe degli abitanti palestinesi che restano allo scoperto. L’operazione in corso a Gaza è parte della storica battaglia di Israele contro il terrorismo. È un’operazione in più fasi e col tempo il problema sarà risolto, militarmente o diplomaticamente o mediante una combinazione di entrambi.
È impossibile sostenere che Israele ha scelto questa escalation. Pertanto è Hamas che porta le conseguenze della sua aggressione.
Stiamo facendo di tutto per non colpire gli abitanti di Gaza, mentre Hamas fa di tutto perché che gli abitanti di Gaza vengano colpiti. Dunque è Hamas e solo Hamas che porta la responsabilità per i danni agli abitanti di Gaza”. Rispondendo alle domande, Netanyahu ha ricordato che nel 2005, al momento del disimpegno di Israele da Gaza, aveva detto: “Se lasciamo Gaza, avremo i missili su Ashdod. Se lo lasciamo, quel territorio diventerà un Hamastan sostenuto dall’Iran, ed è quello che è successo. Ora stiamo cercando, per come possibile, di ribaltare questa realtà. La verità è che sgomberare un territorio, in Medio Oriente, significa ritrovarsi con forze islamiste di un tipo o l’altro”.


  "Sapevamo", ha detto oggi incontrando il capo di stato maggiore, "che sarebbe potuta essere un'operazione a lungo termine ma "il popolo eterno" (gli ebrei) non si fa spaventare da un lungo viaggio". 
Netanyahu ha anche replicato duramente alle critiche dell'omologo turco Recep Tayyip Erdogan, secondo il quale gli israeliani "hanno soprassato Hitler in barbarie": "Erdogan parla come l'Iran ed al Qaeda", le due entita' che da fronti diversi dell'Islam, secondo Israele puntano alla distruzione dello Stato ebraico. Da ultimo Netanyahu ha anche ringraziato Barack Obama per il sostegno degli Stati Uniti.

Intanto i missili su Israele hanno superato quota 18.000!!  
Hamas si rende conto che Israele le è militarmente superiore, sa benissmo che provocare (e questo dal 2006!) con missili lo stato israeliano non puo' non avere delle conseguenze, ma continua imperterrito.. Questo in totale spregio della propria gente. Viola le tregue umanitarie che essa stessa chiede, utilizza i civili palestinesi come scudi umani. 
Forse è pu' corretto dire che è Hamas in guerra con i palestinesi..
E mentre Hamas spara razzi, viola tregue, mette a rischio i propri bambini, ecco cosa accade in Israele ( e riporto da www.israele.net)


"Quando hanno suonato le sirene allo Sheba Medical Center di Tel Hashomer, una équipe di chirurghi israeliani ha continuato a operare un bambino palestinese, accanto a un bambino israeliano, benché il reparto di terapia intensiva non sia adeguatamente protetto dalla minaccia dei razzi. Il piccolo palestinese, affetto da malformazioni congenite multiple, era arrivato all’ospedale collegato a un respiratore. “Aveva bisogno di una tracheotomia d’urgenza, quando è suonato l’allarme – spiega Marina Rubenstein, medico presso l’unità di terapia intensiva pediatrica dello Sheba Medical Center – I nostri medici non si sono nemmeno mossi dal lettino. La nostra responsabilità è verso i bambini, indipendentemente dalla loro origine o religione. I bambini non sono responsabili della situazione, ma forse questi bambini un giorno ricorderanno il trattamento che hanno ricevuto qui e diventeranno ambasciatori di pace”.

Israele.net, 20/07/2014


giovedì 10 luglio 2014

"Hamas accetti le tre condizioni per il negoziato Fine del terrorismo, riconoscimento di Israele e dei trattati di pace firmati"


"Hamas accetti le tre condizioni per il negoziato
Fine del terrorismo, riconoscimento di Israele e dei trattati di pace firmati"
L'ambasciatore israeliano in Italia, Naor Gilon: «II mondo si faccia sentire»
La guerra di Gaza vista dall'Ambasciatore d'Israele in Italia, Naor Gilon. In questo drammatico frangente, Israele, dice a l'Unità il diplomatico, chiede all'Europa e all'Italia, presidente di turno dell'Ue, di «premere fortemente su Hamas affinché accetti, le tre condizioni fondamentali per il negoziato: fine del terrorismo, riconoscimento di Israele e accettazione dei trattati di pace precedentemente firmati».
Bombardamenti a tappeto a Gaza, razzi palestinesi su Tel Aviv, Gerusalemme, Haifa. E' di nuovo guerra?
«In primis mi permetta di cambiare la sequenza della sua domanda. Hamas ha attaccato Israele con razzi e missili e solo in un secondo momento Israele ha risposto militarmente. Secondo punto: non è esatto dire che Israele bombarda Gaza a tappeto, ma colpisce precisamente i terroristi di Hamas e i depositi di armi di questa organizzazione criminale. Guardiamo a come si è svolta la crisi: Abu Mazen ha formato un governo di unità con Hamas che noi non abbiamo accettato. Hamas, legittimato da Abu Mazen, ha rapito tre innocenti civili israeliani, uccidendoli spietatamente solamente perché ebrei. Quindi, Hamas ha cominciato a bombardare le città israeliane, tra le quali Tel Aviv e Gerusalemme, con i missili e razzi. Nessun governo al mondo potrebbe accettare una situazione simile. Nessun Paese potrebbe accettare una condizione in cui la maggior parte dei cittadini vivono sotto la minaccia dei missili. Il primo ministro Netanyahu ha dato a Hamas il tempo per ristabilire la calma, rimarcando che "la pace porterà altra pace". Hamas, tuttavia, ha scelto di continuare l'attacco contro gli inermi civili. Purtroppo, quest'attacco dimostra che, o Abu Mazen non ha alcun controllo su quanto accade nella Striscia di Gaza, o deliberatamente non intende fermare l'attacco in corso. Entrambe le ipotesi, ovviamente, sono assai negative».
In un articolo pubblicato nel giorni scorsi su Haaretz, il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama ha affermato che la sicurezza non può che nascere da un negoziato dl pace. Condivide questa affermazione?
«Noi tutti desideriamo la pace. Per questo, sosteniamo la soluzione dei due Popoli per due Stati, anelata da tutti noi, e riteniamo che questa potrà essere raggiunta solo per mezzo del negoziato. Siamo estraneamente dispiaciuti nel vedere che Abu Mazen ha preferito l'alleanza con Hamas alla continuazione del negoziato di pace. Hamas, voglio ricordarlo, è un'organizzazione terrorista riconosciuta come tale dall'Unione Europea e dagli Stati Uniti. Nel suo statuto, Hamas non solo non riconosce l'esistenza di Israele, ma chiede l'uccisione di tutti gli israeliani e di tutti gli ebrei».
Per l'ennesima volta un governo israeliano afferma: «Per Hamas è la fine», una frase che abbiamo già ascoltato tante volte in passato; ma Hamas è sempre lì.
«Israele ha sempre chiesto alla comunità internazionale che agisca con forza per costringere Hamas ad accettare le tre condizioni base del negoziato di pace: fine del terrorismo, riconoscimento di Israele e accettazione dei trattati di pace precedentemente firmati. Sino ad ora, come lei ha visto, Hamas ha scelto di sostenere l'ideologia radicale del fondamentalismo islamico di cui, tra l'altro, è parte anche l'Isis, organizzazione jihadista che ha invocato la conquista di Roma. Con questo tipo di organizzazione, non può esistere dialogo alcuno».
In questo contesto drammatico Israele come guarda all'Europa ed in particolare al semestre dI presidenza Italiana dell'Ue?
«La nostra richiesta all'Europa, all'Italia e a tutta la Comunità Internazionale è di premere fortemente su Hamas affinché accetti; come suddetto, le tre condizioni fondamentali per il negoziato. Senza di queste, nessun Governo di unità palestinese potrà essere legittimato. Proprio per questo, chiediamo inoltre che siano fatte altrettante pressioni su Abu Mazen, affinché egli scelga tra la continuazione del "patto con il diavolo" o il ritorno al negoziato di pace. Solamente attraverso il negoziato potremo ridare prospettive e speranze ai due popoli». 


Pubblicato su L'Unità 10 luglio 2014