lunedì 28 novembre 2016

L'Intifada del Fuoco. (Serve anche il nostro aiuto)



Dopo l’intifiada delle pietre, e quella molto recente dei coltelli,  eccoci a quella che da piu’ parti è stata definita  intifada dei fuochi.
Per giorni in Israele sono scoppiati fuochi dolosi che hanno messo a grave rischio la popolazione e hanno bruciato migliaia di alberi.
Decine di migliaia le persone a cui è stata ordinata l’evacuazione, 60 mila solo ad Haifa.
I fuochi, in parte dolosi, appiccati con moventi politici e grazie a bombe molotov,  sono stati certamente favoriti dal vento e dalla siccità.  Il primo Ministro Israeliano, B. Netanyahu ha parlato di deliberato "atto di terrorismo", un terrorismo nuovo, ma certamente pericolosissimo. Come ogni atto di terrorismo, la vittima non è una, non è solo Israele, ma è l'umanità.  Anche noi siamo vittime del fuoco che brucia alberi e case. 

Haifa, la terza città del paese, è una delle zone piu' colpite (il Monte Carmelo già nel 2009 fu colpito da devastanti incendi la cui traccia è ancora oggi visibile, un ferita inferta al Monte) ma incendi sono nati  in posti lontani fra di loro, come Talmon, un insediamento in Cisgiordania, Shuafat a Gerusalemme est e Sajur e Nahf, in Galilea. 
E' un gravissimo disastro naturale ed umano.
Italia, Grecia, Cipro, Turchia, Azerbaigian, Egitto e Russia hanno mandato aiuti. 

L’emergenza ad oggi sarebbe terminata, ieri il portavoce dell’autorità per il soccorso antincendio israeliano, Yoram Levi, ha riferito  che gran parte degli incendi sono stati spenti e quelli domati non sono più in grado nuocere né all’ambiente né alla popolazione.
Ma  si contano i danni:  133 persone sono rimaste ustionate  e alcuni sarebbero gravi; oltre moltissimi edifici che sono stati gravemente danneggiati dal fuoco; almeno 7.400 acri di parchi nazionali sono stati bruciati. 
Il Fondo Nazionale Ebraico, che gestisce molte delle foreste del paese, ha detto che circa 2.700 acri delle foreste sotto la sua gestione sono stati distrutti.
In tutto, fino a 32.000 acri di foreste naturali sono stati distrutte.
La polizia ha proceduto all’arresto di almeno 30 palestinesi accusati di avere dolosamente provocato incendi.
Di fronte alla tragedia del fuoco, si resta allibiti e grandemente  offesi  per le manifestazioni di giubilo che sono state espresse da una parte del mondo arabo sui social network .  “Hanno cercato di vietare la chiamata del muezzin, Allah ha fatto piovere fuoco su di loro,” ha twittato l’account ufficiale di Izzat al-Risheq, leader di Hamas, che si riferiva ad una  proposta di legge che nemmeno è stata approvata in Israele.
Altri account riconducibili ad Hamas sui social media hanno pubblicato in segno di festa video di canzoni sul fuoco, tra cui la colonna sonora del film “Catching Fire”.
Alcuni account hanno espresso la speranza che gli incendi possano raggiungere le strutture strategiche in Israele, come l’azienda di fertilizzanti e prodotti chimici Haifa Chemicals, gli impianti di stoccaggio del gas in tutto il paese e le basi dell’esercito israeliano che hanno grandi depositi di armi..

Israele nel ricostruire le sue case e nel ripiantare alberi forti e belli, farà tesoro della terribile esperienza vissuta dimostrando che la vita vince sempre ma ora sta anche a noi nel nostro piccolo dare una mano.

Il KKL,  ossia il Keren Kayemeth LeIsrael Onlus, il Fondo Nazionale Ebraico, che da sempre  porta avanti lo spirito ecologista ed ambientalista sta raccogliendo fondi per la riforestazione, quegli alberi bruciati devono essere sostituiti non appena possibile… ora la parola d’ordine è “far crescere nuovi alberi”

Chiunque volesse aiutare  puo’ farlo attraverso i canali del KKL onlus http://www.kklitalia.it/come-donare/



L’Ucei di Roma a sua volta sta raccogliendo fondi per le famiglie rimaste senza abitazione e sfollate. Per contribuire  è possibile utilizzare l’IBAN  
IT42B0200805205000103538743   indicando come causale “MEDITERRANEO IN FIAMME”

venerdì 11 novembre 2016

In Israele l’edificio più "smart" del mondo



Intel Israel sta costruendo a Petach Tikva un centro di ricerca e sviluppo di 34.000 metri quadrati che si unirà ad altre sedi e impianti di produzione sempre sul suolo israeliano.

Migliaia di sensori intelligenti sparsi all’interno della costruzione utilizzeranno tecnologie informatiche all’avanguardia per raccogliere dati rilevanti e fornire ciò di cui i dipendenti hanno bisogno per fare il loro lavoro.

Secondo Intel, questo edificio a risparmio energetico, che sarà la sede di circa 2.500 dipendenti, saprà riconoscere i volti dei dipendenti, in modo che non avranno più bisogno di un badge, accenderà e spegnerà le luci automaticamente, offrirà auto collettive ai dipendenti sulla base dei tempi di arrivo previsti per l’ufficio e molto altro.
Se un dipendente ha una riunione, l’edificio intelligente accenderà le luci, imposterà la temperatura, il computer, il proiettore e caricherà perfino i file rilevanti per l’incontro.
In pausa pranzo, l’edificio intelligente dirà quanta fila c’è alla caffetteria e si potrà sapere anche il valore nutrizionale degli alimenti.
Intel sottolinea che questo sistema serve solo ad imparare le abitudini dei dipendenti che scelgono di condividere le loro informazioni. I dipendenti che scelgono di optare per questo sistema potranno godere di un app mobile che saprà soddisfare le loro esigenze, tra cui ordinare una tazza di caffè direttamente alla scrivania.
Il nuovo edificio, che dovrebbe essere completato nel 2019, sarà certificato LEED (una certificazione di bioedilizia), con l’accento sul risparmio energetico e idrico.
Queste le parole di Maxine Fassberg, CEO di Intel Israele:

Costruire questo nuovo campus mette in evidenza l’importanza della nostra presenza in Israele e riflette i nostri valori di innovazione, tecnologia e bioedilizia.


Con circa 10.000 dipendenti in Israele, Intel è la più grande società high-tech nel paese. Ha quattro centri di sviluppo a Haifa, Yakum, Petach Tikva e Gerusalemme, così come impianti di produzione in Kiryat Gat e Gerusalemme. Recenti statistiche mostrano che le esportazioni di Intel rappresentano circa il 9 per cento dei beni totali esportati da Israele.

Intel ha scelto Israele per il suo primo centro di ricerca e sviluppo al di fuori degli Stati Uniti già 40 anni fa. 



da http://siliconwadi.it/intel-israele-ledificio-piu-smart-del-mondo-2891

venerdì 4 novembre 2016

Il Presidente Mattarella in visita in Israele (ottobre 2016)


Il presidente della Repubblica Mattarella nei giorni scorsi è stato in visita ufficiale in Israele, e ha incontrato il Presidente israeliano Rivlin, il Primo Ministro Netanyahu, Abu Mazen..
Nell’occasione ha sostenuto che “Israele con la sua democrazia così forte e vitale costituisce un modello per tutta la regione. L'Italia sarà costantemente dalla sua parte ogni volta che il suo diritto e dovere a esistere fosse messo in dubbio"  ma al contempo nell’incontrare il Primo Ministro ha ribadito che “ preoccupa lo stallo dei negoziati con la Palestina, uno stallo che accresce il pericolo e l'islamismo radicale. Per cui la soluzione dei 'due stati' va perseguita con determinazione"

Con tutta la stima possibile per il Presidente Mattarella, devo dire che queste sono parole trite e ritrite, dette da quasi ogni ministro o politico italiano in occasione delle rispettive visite in Israele.
E di fatto non significano nulla. La pace è un bene prezioso, per tutti. Ma è come un matrimonio, servono due volontà per farlo nascere, ne basta una per porre fine a tutto.

Abu Mazen, dal canto suo, sempre compiacente a parole (meno con i fatti) ha colto subito occasione per confermare “la pace e' il nostro obiettivo strategico e per ottenerla bisogna mettere fine all'occupazione israeliana secondo la Soluzione dei 2 stati in modo che israeliani e palestinesi vivano in pace e prosperità uno a fianco all'altro". 
Solite parole che non si traducono mai in realtà, come sa chi segue un po’ le vicende del Medio Oriente, parole dette da chi solo alcuni mesi fa preparava la guerra alla Gran Bretagna per la Dichiarazione Balfour !!   diceva bene il premier Netanyahu alle N.U nel settembre scorso “ A questa stregua i palestinesi potrebbero citare in giudizio anche l’Iran per la “Dichiarazione di Ciro” che permise agli ebrei di ricostruire il Tempio di Gerusalemme 2.500 anni fa. Anzi, a pensarci bene, perché non organizzare una class actionpalestinese contro Abramo per aver acquistato quel pezzo di terra a Hebron dove vennero sepolti 4.000 anni fa patriarchi e matriarche del popolo ebraico?

Abu Mazen è questo: parole belle, ad effetto, ma subdole, inveritiere.   Anche Goebbles era maestro nell’uso delle locuzioni, palava di “soluzione finale”..che è una cosa bella detta così, soluzione presuppone vi sia un problema, ecco ..lui si offriva di risolverlo una volta per tutte. Una locuzione elegante, tranquillizzante. Che, come sappiamo, nascondeva invece una barbarie inaudita.
Quando Abu Mazen parla di fine dell’occupazione, non intende che Israele deve ritirarsi dal posto X o Y, ma che deve sparire del tutto. 
Pensateci: “ Il conflitto ha imperversato per decenni prima che vi fosse un solo insediamento, quando Giudea e Samaria e Gaza erano completamente in mani arabe. La Cisgiordania e Gaza erano in mani arabe, eppure ci attaccarono più e più volte. E quando abbiamo sgomberato tutti i 21 insediamenti dalla striscia di Gaza ritirandoci fin dall’ultimo centimetro, non abbiamo ottenuto la pace da Gaza: abbiamo ottenuto migliaia di razzi sparati contro di noi da Gaza. Questo conflitto infuria perché i veri insediamenti a cui mirano i palestinesi sono Haifa, Jaffa e Tel Aviv “  (dal discorso di Netanyahu alle N.U settembre 2016)
Pertanto resto sempre perplessa di fronte al politico italiano di turno che in Israele invita banalmente alla pace, al dialogo, alla soluzione due stati
Un’altra tappa del presidente Mattarella è stata la piantumazione di un albero di ulivo   a Gerusalemme in nome della pace tra i popoli, un atto simbolico che grazie al KKL ha e avrà una storia e un seguito.
Il KKL ossia  Keren Kayemeth LeIsrael è  la più grande organizzazione verde d’Israele, per la precisione una delle più antiche del mondo, nata nel 1901, e che da sempre ha promosso  sostenibilità, di salvaguardia delle risorse naturali, dell’ottimizzazione idrica e del mettere al centro la terra e i suoi frutti Tra i suoi progetti c’è quello che ha reso Israele l’unico paese entrato nel 21° secolo con un aumento netto del suo numero di alberi. KKL ha piantato 240 milioni di alberi, in Israele, cura la gestione e la manutenzione di 400.000 acri di foreste e boschi, il tutto riciclando oltre l’80% dell’acqua. Ha contribuito alla costruzione di 230 bacini e dighe e ha preparato oltre 380mila ettari di terreni per l’agricoltura e di infrastrutture per lo sviluppo di comunità.
Riporto parte di una intervista fatta in questa occasione, da Federica Dato per L’intrapredente
Il presidente di KKL Italia è Raffaele Sassun e a lui chiediamo perché Mattarella pianta un albero nel cuore d’Israele?
«L’ente nazionale ebraico per l’ambiente circa una dozzina di anni fa ha creato una foresta all’interno della foresta di Gerusalemme. L’ha chiamata “Il solco delle nazioni”. È lì che governanti, capi di stato e di governo in concerto con ministero dell’estero israeliano piantano degli alberi, generalmente un ulivo. E questo per creare una vicinanza tra Stati».

Per l’Italia non è la prima volta…
«No, l’hanno già fatto Prodi, Berlusconi e Napolitano. Le dico la verità, il secondo è quello che ha dimostrato più partecipazione, s’è rimboccato le maniche e sporcato le mani, una cosa che ho apprezzato. Tutto si svolge attraverso una cerimonia molto semplice, seguita da una preghiera in ebraico e in italiano che auspica la pace tra i popoli».
Perché far piantare ai potenti degli alberi?
«Fa parte del progetto “La strada della pace attraverso gli alberi d’ulivo”. Una specie di cinta che corre lungo tutto il Mediterraneo attraverso cui s’è cercato di creare punto di incontro e dialogo tra religioni e persone. Progetto concordato sia con la Comunità europea che con l’Unesco. Tanto che fu inaugurato da Ban Ki Moon che disse: “Spero di tornare e vedere il mio albero cresciuto e circondato da molti altri, e che serva ad avvicinare i popoli”».
L’Unesco?
«Sì. Domenica al presidente Mattarella, mentre pianterà il suo ulivo, ricorderò che questa foresta di pace è un’idea portata avanti grazie all’Unesco, la stessa Unesco che poche settimane fa ha espresso l’assurdità che tutti sappiamo».
Cosa si aspetta da lui?

«Spero che al suo ritorno in Italia raddrizzi questa stortura. O meglio, che influenzi gli uomini di governo perché questo avvenga. Anche se qualcosa è già cambiato: Renzi ha parlato di “assurdità” e Gentiloni ha detto che “l’Italia non voterà più in quel modo”».

giovedì 3 novembre 2016

Il Movimento BDS: dall'immoralità all'illegalità



Esiste un articolo del codice penale italiano, il 507, dal titolo “boicottaggio” che recita "Chiunque  mediante propaganda o valendosi della forza e autorità di partiti leghe o associazioni  induce una o piu' persone a non stipulare patti di lavoro o a non somministrare materie o strumenti necessari al lavoro ovvero a non acquistare gli altrui prodotti agricoli e industriali  è punito con la reclusione fino a tre anni.Se concorrono fatti di violenza o di minaccia si applica la reclusione da due a sei anni"
Dunque per il codice penale italiano il boicottaggio è un reato. Naturalmente il codice penale lo prevede all’interno della propria giurisdizione, ma lo richiamo unicamente per far comprendere che  il boicottaggio è un fatto ben preciso, è un’azione determinata e come tale anche sanzionata, poichè ha/puo' avere  profili di illiceità. 

La signora Mogherini, alto rappresentante agli Affari Esteri della Ue, solo in questi giorni, parlando del movimento BDS (boicotta disinvesti sanziona)  ha detto " L’invito a boicottare Israele fa parte della libertà di espressione”  per continuare affermando che  “l’Unione europea sostiene con forza il diritto dei cittadini a boicottare Israele” in quanto “l’UE difende la libertà di espressione e di associazione, in conformità con la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea che si applica agli Stati membri anche per quanto riguarda le azioni BDS (boicottaggio, disinvestimento e sanzioni) condotte entro i confini”.

Cio' lascia perplessi ma non deve confondere.
Una cosa è la libertà di espressione e di opinione, altra cosa è il boicottare, che non è affatto "opinione" ma azione, e anzi puo' configurare un illecito. 
La Carta Fondamentale dell'Ue, citata dalla signora Mogherini, non dice in nessuna parte cio' che Ella sostiene, anzi la Carta si limita a invocare il diritto di pensiero, il diritto di opinione (art.10)  e quello di associazione(art.12)
Ma laddove una associazione persegua finalità criminali, questa libertà di associazione trova un limite. L’oggetto della associazione infatti deve essere lecito.
Impropriamente pertanto ritengo invocata la Carta dei diritti europei: il movimento BDS non è una manifestazione di pensiero o un’opinione (che sarebbe legittimo, certamente) ma è un movimento di azione, di disturbo, di invito a volte anche con forza al danneggiare palesemente una parte, in questo specifico caso l’economia di una Nazione.
E' follia pensare che si possa istigare, spesso non solo a parole,  a non comprare certi prodotti, a disinvestire, addirittura a sanzionare una Nazione  e credere che cio' sia libertà. Questa è violenza.

E il Bds non si schiera solo contro un prodotto, o una azienda particolare, ma contro accademici, contro artisti, scrittori, compagnie di danza, musicisti..
Diversi Paesi hanno ormai preso posizione contro il Movimento BDS, la Francia per esempio, ma decisioni che lo ritengono illegale si vanno moltiplicando (Spagna, Gran Bretagna..).  L'Italia?  no, al momento nessuna presa di posizione contro il BDS, anzi  le sopracitate parole della Mogherini  non sono rassicuranti in questo senso. 
Se Alan Dershowitz da tempo parla dell'immoralità del movimento BDS, io mi spingo oltre, il Movimento BDS è illegale, e come tale dovrebbe essere considerato

Ma perché nasce il movimento BDS? Che ragioni ha e cosa vuole esattamente?
Il movimento nasce in seno a organizzazioni palestinesi nel 2005; la finalità da raggiungere  è triplice:
1.       Fine dell'occupazione israeliana e della colonizzazione della terra palestinese
2.     piena uguaglianza per i cittadini arabo-palestinesi di Israele
3.     rispetto per il diritto al ritorno dei profughi palestinesi

1.       Ma Israele cosa “occupa”? Colonizza terra palestinese?

 Israele non occupa territori, né tanto meno colonizza terre arabe.  La Palestina, giova sempre ripeterlo, è una zona geografica che si estende nel vicino oriente tra gli stati di Siria, Giordania e Israele.  Non è mai esistito uno stato palestinese nei territori dell’attuale Israele, che dunque non sta occupando terre di altro stato.

Nel 1949 al termine di una guerra scatenata dagli stati di Giordania, Siria, Libano, Egitto contro Israele, si giunse all’accordo di Rodi, una serie di armistizi che Israele firmò con i nemici aggressori: con l'Egitto il 24 febbraio, con il Libano il 23 marzo, con la Transgiordania il 3 aprile e con la Siria il 20 luglio.  In questo modo vennero stabiliti dei confini armistiziali che comprendevano il 78 % della Palestina mandataria (attenzione palestina mandataria indica che non vi fosse affatto uno stato arabo di palestina, ma si fa riferimento a quella palestina lasciata dall’impero ottomano, e che era governata dalla Gran Bretagna) . La Striscia di Gaza e la Cisgiordania furono occupate rispettivamente da Egitto e Transgiordania.
Solo con il Libano si traccio’un confine che aveva dignità di confine di stato, gli altri erano linee armistiziali, la Transgiordania (poi Giordania) per esempio arrivava sino a Gerusalemme est.

Con l'eccezione degli accordi israelo-libanesi, gli altri accordi stabilivano chiaramente (su insistente richiesta degli Stati arabi) che le frontiere fissate non costituivano frontiere definitive e permanenti, o de jure. È in questo senso che alcune precauzioni furono menzionate negli accordi firmati, perché le linee stabilite non fossero considerate altrimenti che a fini militari.

Nel 1967, la situazione è calda, gli stati arabi vicini minacciano Israele, che si difende da una nuova invasione. Crollano le linee di armistizio e Israele ricostituisce i suoi territori.  Occupa, è vero,  il Sinai, egiziano, ma lo restituirà
Dal ‘67 ad oggi,  Israele non invade il confine di un altro Stato, perchè quelli del ‘49 non erano confini politici!

per confine in diritto internazionale si intende la  la linea che separa lo spazio soggetto al potere di uno Stato dallo spazio soggetto al potere di un altro Stato: il confine politico separa territori che hanno leggi e organizzazioni differenti. 



 Dal 1967 ad oggi Israele in Cisgiordania o a Gerusalemme est non sta occupando territori di un'altro Stato. E la stessa Giordania, non rivendica il territorio di Gerusalemme est, né la Cisgiordania.

La terminologia è sempre un veicolo importante per conquistare l'opinione pubblica, il ruolo che giocano le parole e le locuzioni è basilare, oggi soprattutto.
Se io scrivo che Israele occupa dei territori  l'impatto sull'utente medio è psicologicamente forte. Occupare implica qualcosa di illegale, allora Israele sta facendo una cosa cattiva, ed è malvagio.

Questa è da tempo la tecnica usata dai nemici di Israele, screditarlo agli occhi dell'Occidente, un Occidente sempre piu' sonnolente e sonnacchioso che non ha piu' voglia di pensare, di approfondire il tema... sul giornale si scrive "territorio occupato".. pochi si chiedono  s è proprio così.. la locuzione usata finisce per essere vera..per inerzia diventa vero che Israele occupa territori, che Israele qui e Israele là..
Persino degli accademici parlano di “territori occupati e colonizzati”.. questo è gravissimo, indica una ignoranza dei fatti e della storia notevolissimi.
Gaza venne lasciata completamente al mondo arabo musulmano, nel 2005 tutti gli ebrei ivi residenti, con case, attività, ecc..vennero fatti sloggiare dal Governo Israeliano.
E cosa è accaduto a Gaza?  Che questa striscia si è tramutata in un covo di terroristi, Hamas ha preso il potere e da allora applica metodi di violenza anche sulla popolazione di Gaza dissenziente.
Ora vi immaginate se nascesse uno stato palestinese nella Cisgiordania attuale, cioè un territorio  posto al centro di Israele?  Chi potrebbe garantire che anche qui il potere non finirebbe a gruppi di terroristi?
Senza contare che molte molte volte, sin dal 1933 sono state portate avanti proposte da parte ebraica di costituzione di uno stato arabo..nel 2000 Barak arrivò ad offrire il 99% della Cisgiordania. 
Arafat accettò?  No, perché il mondo arabo palestinese non vuole uno stato, ma vuole che non ve ne sia uno ebraico.  Avete mai sentito di una proposta da parte araba? No?
Per forza, da parte palestinese non ci sono proposte.

In una precedente presa di posizione di vari accademici, pure italiani, solo alcuni mesi fa, contro lo stato di Israele e in piena sintonia BDS, addirittura si chiedeva a Israele la demolizione del Muro..ossia il Kotel, il Muro del Pianto, luogo sacro e santo dell’ebraismo.   Una richiesta che rasenta la follia..
Oggi pare invece che tale richiesta sia avvalorata, in parte almeno, dalla recente risoluzione Unesco, fortemente voluta dai paesi arabi (passata grazie al silenzio dei paesi occidentali) che ha  negato di fatto  il legame millenario degli ebrei con la Città vecchia dove sorge il Muro del pianto, il luogo più sacro agli ebrei di tutto il mondo. Tra l'altro, nel testo presentato col fine di "tutelare il patrimonio culturale della Palestina e il carattere distintivo di Gerusalemme Est", i luoghi santi della Città Vecchia sono indicati solo con il nome arabo. 
Una risoluzione che getta francamente dubbi molto forti sulla reale utilità di un organismo come l'Unesco.


2.       2.  Riconoscere i diritti fondamentali dei cittadini arabo-palestinesi di Israele alla piena uguaglianza

La seconda richiesta del Movimento BDS è questa.  Una richiesta giusta, corretta, se non fosse che è già così.. 
Il movimento BDS chiede anche che nei paesi arabi-musulmani vengano riconosciuti pari diritti e piena uguaglianza ai cittadini ebrei e cristiani?
Il movimento BDS e chi lo sostiene sa che esistono paesi che ad oggi impiccano i cristiani, hanno leggi  discriminatorie nei confronti della donne, che NON hanno pari diritti degli uomini?  Sanno che in paesi come Iraq, Iran Arabia gli omosessuali sono considerati colpevoli di un crimine e condannati a morte? Sanno che le donne accusate di adulterio vengono lapidate (e sono accusate di adulterio anche se il rapporto è stato frutto di una violenza?)  sanno che l’Iran arruola bambini sin dai 12 anni? Che Arafat, e poi Abu Mazen, incentiva il martirio dei giovani, di ragazzini e ragazzine?  Sanno che l’educazione di Hamas comporta botte e violenze ai bambini sin da piccoli?  Perché non vedo levarsi nessuna voce contro queste palesi violazioni dei diritti umani?

3.   3.    Rispettare, proteggendo e promuovendo i diritti dei profughi palestinesi al ritorno nelle loro case e nelle loro proprietà come stabilito nella risoluzione 194 dell’ONU.

Premesso che i “rifugiati” arabi musulmani di palestina che se ne andarono nel 1948 lo fecero di loro volontà e perché così indotti dai loro capi che fecero guerra ad Israele, perché non chiediamo alla Russia di permettere il ritorno a Kaliningrad (ex Konisberg tedesca) dei profughi tedeschi costretti a fuggire?  Ah..dite che quelle persone sono ormai morte, se non altro per ragioni anagrafiche?   possibile…
Infatti gli unici rifugiati che esponenzialmente aumentano, anziche’ diminuire, sono quelli palestinesi. 
Ne abbiamo già parlato 
qui il curioso caso dei profughi palestinesi. Lo status di rifugiato palestinese è unico nella storia dei rifugiati… in quanto è un “titolo” che si eredita.. e così oggi abbiamo circa 7 milioni di rifugiati palestinesi..quasi nessuno dell’epoca del 1948..  Come pensate, cari accademici, sia logisticamente possibile inserire 7 milioni di persone, che tra l’altro non sono nate in Israele, né in quelle casa che definite di loro proprietà, in uno stato che ha 8 milioni di abitanti? 

Oggi i “profughi” palestinesi sono piu’ numerosi degli attuali abitanti di Israele, è gioco forza che non sia possibile dar loro spazio in Israele. Ma la maggior parte di essi non è nata in “Palestina”, neppure i loro genitori sono nati in Palestina.. non è pertanto corretto parlare del loro “ritorno” ?
Piuttosto auspichiamo che la qualità di profugo e rifugiato palestinese venga riportata negli stessi medesimi concetti previsti per tutti gli altri profughi e rifugiati  del mondo.

E L’italia?  Anche in Italia abbiamo il movimento BDS, in Italia votiamo, salvo poi correggere il tiro, in modo vergognoso. Il voto all'Unesco, anzi l'astensione, lascia perplessi e sbigottiti, poichè la Storia non si puo' riscrivere. Cio' che è innegabile (e l'afflato spirituale storico religioso tra Gerusalemme, il suo Tempio e cio' che ne resta con l'ebraismo E' innegabile) non puo' essere negato. 

L’Italia, così come le democrazie occidentali, non puo' che sostenere Israele, baluardo della civiltà e democrazia in Medio oriente, e incentivare la collaborazione multilivello: commerciale, politica e  accademica ed essere assolutamente contrario e contrariato dalla strumentalizzazione di boicottaggi vari il cui fine unico e ultimo è solo il voler isolare Israele, immotivatamente e ingiustamente, all'interno della Comunità Internazionale .
Chiudo ricordando le parole dell’attuale Primo Ministro, Matteo Renzi, pronunciate davanti alla Knesset   “l’esistenza dello stato d’Israele non è una gentile concessione della comunità internazionale, dopo la Shoah, ma precede di secoli ogni accordo internazionale. Chi boicotta Israele boicotta se stesso, tradisce il proprio futuro”.

Il boicottaggio è il nuovo antisemitismo, travestito con altri nomi (antisionismo, anti –coloni e via dicendo), ma il concetto, la sostanza, è sempre quella. Facciamo attenzione!




martedì 1 novembre 2016

Reuven Rivlin "davanti alla Storia non si puo' essere neutrali" da La Stampa 28.10.2016

GERUSALEMME
link originario la stampa


Le confederazioni per far convivere le tribù rivali del Medio Oriente, il dialogo con i sunniti, la Russia protagonista, la Realpolitik dell’America ma soprattutto il legame indissolubile con Gerusalemme, dove gli ebrei vivono da 4000 anni nonostante le «assurdità» dell’Unesco: sono idee e valori che Reuven Rivlin, presidente dello Stato di Israele, illustra a «La Stampa» anticipando l’agenda che discuterà con il capo dello Stato Sergio Mattarella, in arrivo domenica, nel segno di «radici comuni che ci permettono di guardare assieme al futuro».  

Cosa l’ha colpita di più del voto dell’Unesco su Gerusalemme?  
«La mia famiglia arrivò da Vilna, in Lituania, a Gerusalemme, sette generazioni fa e ora l’Unesco afferma che questa città non ha alcun legame con l’ebraismo. Gli ebrei sono qui da 4000 anni, Gesù visse nella Gerusalemme ebraica e Tito la distrusse, dando inizio alla Diaspora dove gli ebrei hanno sempre pregato verso Gerusalemme, fino al loro ritorno grazie al sionismo. Israele si può criticare, anche aspramente, per questa o quella politica, ma negare il legame fra gli ebrei e Gerusalemme è un’assurdità». 

Da dove si genera, a suo avviso, tale «assurdità»?  
«A spiegarla non basta l’antisemitismo. C’è qualcosa di più: l’argomento dei palestinesi che gli ebrei non hanno nulla a che fare con questa terra. Gli ebrei sono venuti qui da oltre 70 Paesi ma il rigetto arabo del sionismo si è motivato con il fatto che fossero dei corpi estranei. Dietro tali risoluzioni c’è la volontà politica di affermare che Israele non ha diritto di esistere. Il rigetto palestinese delle nostre radici in questa terra è una tragedia perché mina la costruzione della convivenza. Nessuno può capirci meglio dell’Italia perché il Foro romano ha nell’Arco di Tito la prova concreta della Menorà catturata nel Tempio di Gerusalemme. Le nostre storie sono intrecciate». 

Cosa si aspetta dalla visita di Sergio Mattarella?  
«Sarà un onore ospitarlo. Lo aspettiamo a cuore aperto e guardando con fiducia al futuro comune. I nostri popoli e le nostre nazioni hanno radici comuni, dunque sono convinto che abbiamo davanti una Storia da scrivere assieme. Così come la Storia passata, la stessa vissuta da Gesù, ci accomuna. Giuseppe Flavio ha scritto nella lingua dell’Impero romano, dunque universale, fatti chiari sui romani, gli ebrei e Gerusalemme». 

Il premier Matteo Renzi ha avuto dure parole di condanna per la risoluzione dell’Unesco, smentendo di fatto l’astensione votata dal nostro ambasciatore. Cosa pensa della posizione italiana?  
«Davanti alla Storia non si può essere neutrali. Gerusalemme è da sempre simbolo di coesistenza e convivenza fra popoli, etnie e fedi». 

Israele ed Europa condividono i timori per il terrorismo jihadista. Cosa sta avvenendo in questa regione?  
«Il problema del Medio Oriente nasce dalla crisi del nazionalismo arabo e dal conseguente dilagare del terrorismo. In questa regione vi sono quattro nazioni - Egitto, Israele, Turchia e Iran - mentre altri Paesi hanno una natura etnica o tribale. In Siria a combattersi sono sette-otto eserciti, in Iraq vi sono tre etnie diverse: curdi, sciiti e sunniti. Sono tali motivi che consentono a Isis di proliferare. Ed è peggio di Al Qaeda perché Osama bin Laden voleva operare dentro gli Stati mentre Isis vuole distruggerli, sostituendoli con uno Stato islamico. Il terrore che ha colpito Israele si ripete contro altri Paesi, è un metodo di vita tribale. In Siria dopo la rivolta anti-Assad e in Libia dopo Gheddafi non vi sono dittatori in grado di dominare le tribù e dunque riemerge la violenza. È il fondamentalismo che spazza la regione, spinge la gente a fuggire verso l’Europa, sognando di arrivare in Germania o in Italia». 

È un processo inarrestabile o può essere fronteggiato?  
«Alla genesi c’è il conflitto fra differenti tribù, è una questione di ostilità fra sciiti-sunniti e al loro interno di ulteriori divisioni. Paghiamo le conseguenze della creazione di Stati fittizi, decisi a tavolino con gli accordi di Sykes-Picot nel 1916. L’unica maniera per fronteggiare tale processo è creare delle confederazioni per riunire etnie e tribù. Ad esempio in Iraq fra sunniti, sciiti e curdi che per vivere assieme devono essere separati ma avere accordi comuni sulle questioni strategiche. Ipotizzare di tenere al potere Assad non ha molto senso perché ha causato una strage immane, portando a far riemergere le differenze fra Aleppo e Damasco. Gli alawiti non andranno mai con i sunniti e viceversa. Per trovare un metodo di convivenza bisogna partire dalla tutela delle identità, le tribù non stanno assieme senza dittatori che glielo impongono. Solo le confederazioni possono impedire flussi di massa di profughi come quelli che arrivano in Europa. Solo le confederazioni fra etnie e tribù possono difendersi dalle idee di Isis che arrivano via Internet». 

La confederazione può essere una via d’uscita anche al conflitto fra israeliani e palestinesi?  
«Certo, il primo a suggerirlo fu Zeev Jabotinsky, uno dei primi leader sionisti, che previde cosa sarebbe avvenuto agli ebrei in Europa; riteneva che non c’era altra scelta all’emigrazione in Israele ma affermava con grande realismo che gli arabi li avrebbero rigettati. Nel 1923 diceva che l’unica maniera era “convivere con chi non ci accetta” costruendo “muri di ferro non per attaccare ma difendersi” e “tenendo finestre aperte per cogliere, appena possibile, opportunità di dialogo sul lato opposto” perché alla fine è sempre la convivenza che prevale. Noi dobbiamo vivere assieme ai palestinesi, non dobbiamo dominarli, bisogna vivere assieme con entità differenti ovvero in una confederazione. Per riuscirci bisogna creare fiducia, si è parlato in passato di confederazione anche con i giordani ma loro vogliono restare in uno splendido isolamento e potrà esservi solo a Ovest del Giordano». 

L’Europa accoglie molti migranti. Più Paesi si interrogano su come far coesistere le popolazioni nazionali con minoranze di origini diverse. Israele ha il 20% di cittadini arabi e lei più volte ne ha sottolineato il valore per la vita democratica. Qual è la ricetta della convivenza?  
«Bisogna accettare l’idea di vivere assieme, appartenendo alla stessa collettività. È un processo di maturazione interna, difficile ma inevitabile. I migranti che arrivano in Italia devono fare loro valori e ideali italiani così come l’Italia deve rispettarne l’identità. Qui è più difficile per il conflitto israelo-palestinese. Sotto certi versi siamo ancora nemici sebbene gli arabi hanno partiti e deputati. Siamo una nazione con diverse comunità e ciò comporta diverse responsabilità: gli ebrei non devono imporsi, la minoranza araba deve accettare lo Stato. La “Speranza d’Israele” è che ogni cittadino ebreo, cristiano o musulmano condivida l’idea di avere cura degli altri». 

Circolano indiscrezioni a raffica sui contatti fra Israele e Stati sunniti. Cosa c’è di vero?  
«Quando in Iran c’era lo Scià temeva gli Stati sunniti e per questo dialogava con noi, ora la situazione è rovesciata: l’Iran ha il nucleare e promuove il terrorismo dunque sono gli Stati sunniti a temerlo, e dialogano con noi. Israele è minacciato da due organizzazioni terroristiche – Hezbollah in Libano e Hamas a Gaza – sostenute dall’Iran ed ora i sunniti percepiscono simili minacce da Teheran. Inoltre, i sunniti vogliono allearsi con chi combatte non solo l’Iran ma anche Isis. Dunque, cercano noi. Isis non è solo un esercito ma un fenomeno che entra nelle teste dei musulmani. A capirlo bene sono i russi perché hanno avuto la Cecenia: comprendono il pericolo fondamentalista». 

Quanto conta oggi la Russia in Medio Oriente?  
«In questa regione il vuoto non esiste. Quando gli americani hanno iniziato a disimpegnarsi, i russi sono arrivati. I russi hanno sentito la pressione americana in Ucraina e hanno risposto difendendo i loro interessi nel Mar Nero e nel Mediterraneo Orientale, partendo dal porto di Latakia. Tutto ciò ha portato a tensioni Est-Ovest. Israele ne ha tratto le conseguenze: in Siria è la Russia che controlla lo spazio aereo e dobbiamo cooperare con loro. Ma abbiamo stabilito delle linee rosse come non consentire ad Iran ed Hezbollah di arrivare ai confini sul Golan.  

La Russia è destinata ad accrescere il proprio ruolo?  
«La Russia venne espulsa dal Medio Oriente nel 1856 con la guerra di Crimea, vi tornò nel 1956 dopo la crisi di Suez, sbarcando in Egitto. Poi con la fine della Guerra Fredda ci sono stati soprattutto gli americani ma la Russia è tornata ed è destinata a rimanerci perché Putin è determinato a difendere gli interessi russi e dei russofoni». 

Se Hillary Clinton dovesse diventare presidente Usa le tensioni Est-Ovest in questa regione potrebbero impennarsi...  
«Se la Clinton diventerà presidente si troverà davanti alla Russia. L’Italia e i suoi leader sanno bene quello che sappiamo noi: Russia e Usa duellano ma possono trovare interessi comuni». 

Quanto dice mi fa venire in mente Dan Segre, lo scrittore ebreo italiano che fu collaboratore di David Ben Gurion ed ambasciatore di Israele in Africa, sulla possibilità che lo Stato ebraico abbia davanti a sé un futuro di «neutralità». Cosa ne pensa?  
«I fondatori di Israele erano russi, come Ben Gurion, molti sognavano Marx e Lenin, la Russia fu una delle prime nazioni a riconoscerci e dalla Russia abbiamo ricevuto dagli Anni Novanta 1,5 milioni di immigrati. I pionieri sionisti non leggevano solo lo Zio Tom e la letteratura italiana ma anche Dostojevsky e Tolstoi. L’America è il nostro più grande alleato, ci sentiamo parte dell’Europa ed abbiamo una enorme comunità marocchina: siamo di tutte le origini, siamo parte del mondo libero ma siamo in Medio Oriente, circondati dalle sue guerre. La nuova situazione ci consente di dialogare con tutti; per questo ciò che ha scritto Dan Segre è molto vero, ha saputo guardare lontano. Al tempo stesso non dimentichiamo che il popolo ebraico è tornato alla sua terra e non abbiamo altro posto dove andare ad eccezione di Israele».