giovedì 29 maggio 2014
Il Papa invita Peres e Abu Mazen a parlare di pace
Giorni fa mi esprimevo con dubbio in merito all'invito fatto dal Pontefice a Peres, presidente di Israele, e Mahmoud Abbas, presidente dell'ANP, per andare da lui, in Vaticano, a "parlare e pregare per la pace".....ritenendole in verità solo appunto "parole", vuote, senza un possibile costrutto.
Fanno bella mostra di se', del resto che volete che dica un Capo di Stato che va in MO, sia esso il Papa o il presidente di una nazione? "fate la pace", ovvio, come se i contendenti fossero bambini bricconcelli che si bisticciano un gioco.
Queste mie affermazioni non derivano da mio disfattismo o dal non desiderare la pace, la quiete, in questa terra tanto bella e troppo travagliata.
Desidero ardentemente la pace, ma realisticamente quell'invito a venire “a casa mia” a “pregare per la pace”, che naturalmente sia Peres sia Abu Mazen hanno accettato, non serve a niente.
La cosa che piu' mi lascia perplessa è come questo gesto sia stato accolto dalla stampa.
Scrive bene il prof. Volli su www.informazionecorretta.com a proposito di questo invito "descritto dalla stampa non si capisce bene se ignorante o adulatrice come “un trionfo della diplomazia vaticana”. In realtà non è nulla. Non solo perché le preghiere e la diplomazia purtroppo hanno poca relazione (e certo la preghiera non è la passione dominante dei due politici e comunque a Santa Marta né l'uno né l'altro possono pregare davvero secondo le regole delle loro religioni). Ma soprattutto per ragioni politiche. Peres è in scadenza. Fra un paio di settimane sarà eletto il suo successore, il mandato finirà fra circa un mese. Inoltre la presidenza israeliana è una carica solo cerimoniale, Peres ha cercato di darle forza secondo un progetto politico, ma senza successo, dato che il suo partito è fuori dal governo e la sua linea politica è respinta da tempo dalla maggioranza dell'elettorato".
Il buonismo attorno alla vicenda, l'esultazione di fronte al Papa che compie un gesto, perdonate, ovvio ma privo di alcune forza davvero costruttrice di pace, è allarmante.
Credo che le persone leggano solo i titoli dei giornali, ma i giornalisti spesso non sappiano neppure piu' scrivere quelli..
Un gesto forte sarebbe invece invitare l'Anp, Hamas e Fatah ad eliminare dai loro Statuti - e dalla loro "politica" - alcune parti.
Vi riporto l'art. 9 della Carta Nazionale Palestinese "la lotta armata è l'unico modo per liberare la palestina. Quindi è uan strategia globale e non solo uan fase tattiaca"
art. 12 Costituzione di Fatah (che passano per moderati!" "la lotta armata è una strategia e non una tattica e la rivoluzione armata del popolo arabo palestinese è un fattore decisivo nell'estirpazione dell'esistenza sionista; questa lotta non cesserà finchè lo Stato Sionista non verrà demolito"
Paragrafo 2 Statuto di Hamas "Israele sorgerà e rimarrà in piedi finchè l'Islam non lo eliminerà"
Quindi i soggetti con cui Israele dovrebbe parlare mettono nero su bianco le loro intenzioni: pace? due Stati? NOO..ditruzione del nemico.
Metodo usato? la guerriglia, il terrorismo. Molto democratico, davvero.
La pace passa attraverso il rispetto reciproco, rispetto che non puo' non comprendere il riconoscimento del diritto all'esistenza di Israele. Finchè quest'esistenza sarà sdegnosamente e platealmente avversata, non ci sarà vera possibilità di pace.
Chissà se il pontefice ha letto i tre interessanti quanto poco amichevoli Statuti..
Intanto giunge notizia che l'incontro si terrà l'8 giugno prossimo
peres-e-abu-mazen-in-vaticano 8 Giugno
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martedì 27 maggio 2014
I terribili attentati di Bruxelles e Parigi. La voce del Presidente della Federazione Italia-Israele
Ricevo e volentieri diffondo e faccio mie le parole del Presidente nazionale dell'Associazione Italia - Israele, dott. Carlo Benigni, in merito ai terribili attentati del 24 maggio
scorso a Bruxelles e a Parigi.
L'antisionismo ha fornito il terreno
di coltura per la ripresa dell'antisemitismo in Europa. Le
responsabilità dell'Unione Europea nello scenario del Medio
Oriente.
L'attentato di Bruxelles
desta orrore ed è un ulteriore segnale della ripresa
dell'antisemitismo in Europa. Anche gli attentati di Parigi ne sono
conferma. Esprimiamo la più ferma condanna nei confronti del
terrorismo e la nostra vicinanza alle famiglie delle vittime.
L'antisemitismo, di per
sé impresentabile, ma risorgente, trova il suo terreno di coltura
nell'antisionismo, pregiudizialmente ostile ad Israele. Secondo una
lettura distorta della realtà storica passata e presente, le vittime
di ieri, gli ebrei, sarebbero i carnefici di oggi, ai danni dei
palestinesi. Ne deriva l'invito al boicottaggio di Israele, sul piano
politico, commerciale, culturale. Una volta di più ribadiamo con
forza che Israele è l'unica democrazia nel Medio Oriente,
all'avanguardia nel rispetto del pluralismo, dei diritti civili,
della libertà religiosa, e sotto costante minaccia di distruzione da
parte dell'integralismo islamico, di Hamas, dell'Iran.
L'Unione Europea non può
continuare ad attestarsi su posizioni di equidistanza tra un Paese
che vuole vivere in pace, senza minacciare i vicini, e quanti lo
vogliono distruggere. Ci auguriamo che nella nuova legislatura le
istituzioni europee, dal Parlamento alla Commissione, sappiano
assumere iniziative proattive sullo scenario del Medio Oriente,
opponendosi al boicottaggio contro Israele. E' noto che molti
finanziamenti della UE all'Autorità palestinese, al regime di Gaza,
a varie Ong sono utilizzati non per scopi assistenziali o educativi,
ma per la lotta contro lo Stato ebraico: si pensi ai libri di testo
che educano i bambini all'odio e alla violenza, con carte geografiche
da cui Israele è cancellata. Precondizione per ogni finanziamento
europeo deve essere l'esplicito riconoscimento del diritto
all'esistenza dello Stato di Israele, ed occorre introdurre un
controllo rigoroso sulla effettiva utilizzazione dei fondi da parte
di classi dirigenti spesso corrotte.
Oggi gli ebrei belgi e
francesi non si sentono più sicuri in patria, e sempre più numerosi
emigrano in Israele.
Si è superato il livello
di guardia, le parole non bastano più. E' necessario rendere
immediatamente operativa una strategia organica e coordinata di
prevenzione e di repressione dell'antisemitismo, in tutte le sue
forme, da parte degli Stati nazionali e della UE.
25 maggio 2014
domenica 25 maggio 2014
Bruxelles, attacco al museo ebraico: 3 morti e 1 ferito grave
Bruxelles (Belgio), 24 Maggio 2014
È di almeno tre morti e un
ferito grave il bilancio di un attentato antisemita oggi al museo
ebraico di Bruxelles, nell’elegante quartiere centrale del Sablon,
quello degli antiquari (con un famoso mercatino nel fine settimana),
delle gallerie d’arte e dei bar alla moda. Sulla matrice antisemita
dell’attacco, alla vigilia delle elezioni europee e politiche in Belgio,
i dubbi sono davvero pochi, dato che almeno due delle vittime – una
giovane donna con in mano un depliant del museo, fotografata in un bagno
di sangue, e un uomo di mezza età – sono stati uccisi all’interno del
museo.
Uno dei primi a giungere sul luogo del dramma è stato il ministro
degli esteri Didier Reynders, che si trovava a pochi metri dalla rue des
Minimes, e ha immediatamente twittato: “Scioccato per gli omicidi
commessi al museo ebraico, penso alle vittime che ho visto sul posto e
alle loro famiglie”, ha scritto. Pochi minuti dopo, sempre su twitter il
premier Elio di Rupo, si è detto “molto scioccato dagli eventi di
Bruxelles”. La prima a sposare la tesi dell’attentato antisemita è stata
il ministro dell’interno Joelle Milquet, un’ipotesi poi confermata dal
sindaco della capitale, Yvan Mayeur, secondo cui “è probabilmente un
atto terroristico”, mentre “la polizia è su una pista che ci sembra
seria”.
Immediata la condanna del premier Matteo Renzi: “è inaccettabile che una simile barbarie avvenga nel cuore dell’Europa in un momento così delicato per il nostro progetto comune“. Per il vicepresidente della Commissione Ue Antonio Tajani, “L’antisemitismo è un male che deve essere estirpato dall’Europa. Sono vicino alle comunità ebraiche di Bruxelles e Roma“.
Secondo i principali quotidiani belgi online, da Le Soir alla Libre,
passando per La Dernière Heure, la polizia ha arrestato un sospetto non
molto dopo l’attentato, verificatosi intorno alle 15:50 (locali ed
italiane). Non è chiaro però se si tratta di uno degli attentatori.
Secondo le prime ricostruzioni, ancora confuse ed incomplete, a sparare
sarebbero state una o due persone, giunte a bordo di un’Audi nei pressi
del museo ebraico in rue des Minimes. Dopo aver parcheggiato in seconda
fila, il passeggero ed il conducente sarebbero usciti dalla macchina e
almeno uno dei due avrebbe aperto il fuoco prima di rimontare
rapidamente sulla vettura e darsi alla fuga.
Il presidente del concistoro ebraico belga, Julien Klener, ha
riferito che “non si sono state minacce recenti al museo ebraico”. La
pensano diversamente altri esponenti della comunità ebraica belga. “C’è
stata una liberalizzazione del verbo antisemita. Questo è l’inevitabile
risultato di un clima che distilla l’odio”, ha dichiarato a Le Soir il
presidente della Lega belga contro l’antisemitismo (Lbca), Joel
Rubinfeld, aggiungendo che la sparatoria di oggi “purtroppo doveva
succedere”. “È un atto terroristico ha aggiunto – l’assassino è
deliberatamente entrato in un museo ebraico”.
Sulla stessa linea il Congresso ebraico mondiale, l’organizzazione
con base a New York che rappresenta le comunità ebraiche di 100 Paesi.
Parlando di shock ed orrore, ha definito l’attacco “un atto di terrore
atroce chiaramente mirato a colpire membri della comunità ebraica”. “Due
anni dopo Tolosa (con l’attacco ad una scuola ebraica da parte di Mohammed Merah,
ndr.) e alla vigilia delle elezioni europee – ha aggiunto il presidente
Ronald Lauder – questo spregevole attacco rappresenta un altro
terribile monito del tipo di minacce che gli ebrei in Europa si trovano
ancora ad affrontare”.
Non è la prima volta che Bruxelles è vittima di un attentato
antisemita. Il 18 settembre 1982, poco dopo l’attacco parigino di Rue
des Rosiers (6 morti e 20 feriti), e tre settimane prima di quello che costò la vita al piccolo Stefano Gaj Tachè alla sinagoga di Roma,
il tempio brussellese di Rue de la Regence, non lontano dalla rue des
Minimes, fu teatro di una sparatoria. Un uomo armato di mitraglietta
aprì il fuoco proprio quando i fedeli uscivano dal tempio: ci furono
quattro feriti di cui due gravi.
(Fonte: Ansa, 24 Maggio 2014 da www.focusonisrael.org)
E così si esprime il Presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche, Renzo Gattegna:
“Ancora una volta l’odio torna a colpire nel cuore della nostra civiltà mostrando il suo volto più bieco e miserabile. Ancora una volta innocenti cadono sotto i colpi del fanatismo e dell’intolleranza.
Nel piangere le vittime dell’attentato di Bruxelles esprimiamo preoccupazione e sgomento per un’Europa violata nella sua stessa anima da chi, animato da un’ideologia malata, cerca di sradicare dalle nostre vite la democrazia, i diritti, persino la speranza.
La nostra risposta a questa ennesima violenza deve essere nella coesione di tutti coloro che si riconoscono in quei valori di pace, unità e fratellanza che i nostri nemici, i nemici dell’Europa libera e plurale sorta sulle ceneri di Auschwitz, cercano di mettere una nuova volta sotto attacco.
Per raggiungere questo obiettivo non possiamo quindi limitarci a generiche parole di condanna ma impegnarci a fondo in una mobilitazione coordinata a livello internazionale, guidata dalle forze dell’ordine dei diversi paesi, per individuare tutti i gruppi potenzialmente nocivi allo scopo di evitare che episodi simili avvengano in futuro.
A tal fine la nostra attenzione deve essere dedicata anche a far sì che cessino, nel nome di una mal interpretata libertà di espressione, iniziative illegali di natura razzista, xenofoba e antiebraica. Scoprire al più presto gli autori di questo orrendo crimine aiuterà a fare chiarezza sulla dimensione e sulla portata del pericolo che ci troviamo a fronteggiare”.
E così si esprime il Presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche, Renzo Gattegna:
“Ancora una volta l’odio torna a colpire nel cuore della nostra civiltà mostrando il suo volto più bieco e miserabile. Ancora una volta innocenti cadono sotto i colpi del fanatismo e dell’intolleranza.
Nel piangere le vittime dell’attentato di Bruxelles esprimiamo preoccupazione e sgomento per un’Europa violata nella sua stessa anima da chi, animato da un’ideologia malata, cerca di sradicare dalle nostre vite la democrazia, i diritti, persino la speranza.
La nostra risposta a questa ennesima violenza deve essere nella coesione di tutti coloro che si riconoscono in quei valori di pace, unità e fratellanza che i nostri nemici, i nemici dell’Europa libera e plurale sorta sulle ceneri di Auschwitz, cercano di mettere una nuova volta sotto attacco.
Per raggiungere questo obiettivo non possiamo quindi limitarci a generiche parole di condanna ma impegnarci a fondo in una mobilitazione coordinata a livello internazionale, guidata dalle forze dell’ordine dei diversi paesi, per individuare tutti i gruppi potenzialmente nocivi allo scopo di evitare che episodi simili avvengano in futuro.
A tal fine la nostra attenzione deve essere dedicata anche a far sì che cessino, nel nome di una mal interpretata libertà di espressione, iniziative illegali di natura razzista, xenofoba e antiebraica. Scoprire al più presto gli autori di questo orrendo crimine aiuterà a fare chiarezza sulla dimensione e sulla portata del pericolo che ci troviamo a fronteggiare”.
Ultimissime notizie sostengono che due delle tre vittime fossero di nazionalità israeliana. Si tratta di Emanuel (54) and Miriam (53) Riva, che lasciano due figlie adolescenti.
L'antisemitismo (spesso mascherato da antisionismo) è ancora ben vivo anche in Europa, anche in apesi considerati civilissimi. Tutto cio' è semplicemente inaccettabile. Una delle forme di razzismo piu' forti dalla notte dei tempi, che come ogni razzismo, non ha basi, non ha elementi validi, solo parole superstizioni falsi miti è proprio l'antisemitismo.
Nel 2014 lasciamo che delle persone vengano uccise per questo?
Mi aspetto una forte reazione da Bruxelles e dall'Europa. Un serio forte e compatto "No all'antisemitismo" ma come auspcato anche da Gattegna non solo parole e non solo l'arresto dei responsabili.
Occorre fare molto di piu', serve una mobilitazione alla base, in tutti coloro che rifuggono ogni forma di razzismo, affinchè l'antisemitismo sia abbatutto per sempre .
Le basi sono sempre i giovani, iniziamo dalla scuole, inziamo dai ragazzi, dai nostri figli, non lasciamo che i loro giovani cervelli siano avvelenati dal morbo dell'anisemitismo.
Ore 19,26 aggiornamento:
I morti sono saliti a 4, il giovane ragazzo belga, ferito, è stato dichiarato morto nel pomeriggio. Si aggiunge ai due turisti israeliani e alla terza vittima, belga se non erro. Francamente sono stanca di fare condoglianze. Non e' possibile che un tizio giri per una città armato di fucile e spari così.. Non è accettabile oltre una situazione del genere.
E la situazione peggiora
aggressione sinagoga di Creteil
A leggere i giornali di questi due giorni pare che L'Europa sia arretrata di 70 anni.. a Bruxelles attentato al museo ebraico, in Francia aggressione davanti ad una sinagoga.. Non è accettabile un'Europa che torni ad un antisemitismo che si credeva, si sperava, sorpassato.
Il razzismo oggi dilagante, in primis l'antisemitismo, forma terribile di razzismo, è il fallimento dell'educazione, dell'istruzione, dell'umanità intera.
Non è accettabile e non è tollerabile.
Non si puo' nel 2014 morire, essere uccisi, essere aggrediti perchè ebrei o israeliani.
"L'antisemitismo è il segno distintivo di una civiltà arretrata" scrisse Friedrich Engels, nel 1890 (Sull'antisemitismo)
1 giugno 2014 AGGIORNAMENTO
E’ stato catturato il possibile attentatore di Bruxelles che aveva attaccato il museo ebraico provocando la morte di quattro persone. E’ un francese di origine nordafricana che ha combattuto anche in Siria.
L'uomo è stato arrestato a Marsiglia per la strage del museo ebraico di Bruxelles. Si chiama Mehdi Nemmouche e sarebbe stato in Siria nel 2013 con dei jihadisti.
Il francese ha 29 anni ed è originario di Roubaix, nel nord. Sarebbe stato schedato come seguace della jihad islamica in Siria dai servizi interni francesi (DGSI). Venerdì, si apprende, è stato posto in stato di fermo per omicidio plurimo in collegamento con un'impresa terroristica. È stato arrestato alla stazione ferroviaria marsigliese di Saint-Charles dai servizi doganali, che l'hanno trovato su un pullman proveniente da Amsterdam e Bruxelles. Aveva un fucile kalashnikov e una pistola con munizioni dello stesso tipo di quelli usati nella strage.
Occorre fare molto di piu', serve una mobilitazione alla base, in tutti coloro che rifuggono ogni forma di razzismo, affinchè l'antisemitismo sia abbatutto per sempre .
Le basi sono sempre i giovani, iniziamo dalla scuole, inziamo dai ragazzi, dai nostri figli, non lasciamo che i loro giovani cervelli siano avvelenati dal morbo dell'anisemitismo.
Ore 19,26 aggiornamento:
I morti sono saliti a 4, il giovane ragazzo belga, ferito, è stato dichiarato morto nel pomeriggio. Si aggiunge ai due turisti israeliani e alla terza vittima, belga se non erro. Francamente sono stanca di fare condoglianze. Non e' possibile che un tizio giri per una città armato di fucile e spari così.. Non è accettabile oltre una situazione del genere.
E la situazione peggiora
aggressione sinagoga di Creteil
A leggere i giornali di questi due giorni pare che L'Europa sia arretrata di 70 anni.. a Bruxelles attentato al museo ebraico, in Francia aggressione davanti ad una sinagoga.. Non è accettabile un'Europa che torni ad un antisemitismo che si credeva, si sperava, sorpassato.
Il razzismo oggi dilagante, in primis l'antisemitismo, forma terribile di razzismo, è il fallimento dell'educazione, dell'istruzione, dell'umanità intera.
Non è accettabile e non è tollerabile.
Non si puo' nel 2014 morire, essere uccisi, essere aggrediti perchè ebrei o israeliani.
"L'antisemitismo è il segno distintivo di una civiltà arretrata" scrisse Friedrich Engels, nel 1890 (Sull'antisemitismo)
1 giugno 2014 AGGIORNAMENTO
E’ stato catturato il possibile attentatore di Bruxelles che aveva attaccato il museo ebraico provocando la morte di quattro persone. E’ un francese di origine nordafricana che ha combattuto anche in Siria.
L'uomo è stato arrestato a Marsiglia per la strage del museo ebraico di Bruxelles. Si chiama Mehdi Nemmouche e sarebbe stato in Siria nel 2013 con dei jihadisti.
Il francese ha 29 anni ed è originario di Roubaix, nel nord. Sarebbe stato schedato come seguace della jihad islamica in Siria dai servizi interni francesi (DGSI). Venerdì, si apprende, è stato posto in stato di fermo per omicidio plurimo in collegamento con un'impresa terroristica. È stato arrestato alla stazione ferroviaria marsigliese di Saint-Charles dai servizi doganali, che l'hanno trovato su un pullman proveniente da Amsterdam e Bruxelles. Aveva un fucile kalashnikov e una pistola con munizioni dello stesso tipo di quelli usati nella strage.
giovedì 22 maggio 2014
La cucina ebraica
L'ebraismo
ha 613 mitzov, cioè “precetti”, molti di essi sono divieti
attinenti al cibo, pertanto per l'ebreo osservante la
“cucina” è un argomento fondamentale.
Le
leggi dell’alimentazione ebraica affondano le radici nella Bibbia e
vengono osservate dagli ebrei da più di tremila anni. I principi
fondamentali della kashrùt,
cioè
le regole alimentari, sono
illustrati nel Pentateuco. I
rabbini hanno sempre sottolineato il loro ruolo essenziale nella
preservazione della vita dell’ebreo.
Il
cibo permesso è solo quello kasher, che significa
letteralmente “adatto”, “permesso” e contraddistingue tutti i
cibi che possono essere mangiati dagli ebrei osservanti e le regole
giuste per cucinarli. Non sono kasher il maiale, i pesci senza
squame, i crostacei ma anche le ricette che mixano latte e carne. Le
regole della kasherut sono decine e riguardano la scelta degli
alimenti, la macellazione degli animali, la conservazione
e la netta separazione fra carne e latte - a casa, in viaggio, al
supermercato, questo è un vero e proprio stile di vita.
Le regole vengono osservate più strettamente dagli ebrei ortodossi,
e meno, o anche per nulla, da tutti gli altri.
Osservando
la kashrùt, i bambini imparano fin dalla più tenera età
il concetto di disciplina, distinguendo tra ciò che è permesso e
ciò che non lo è. Ma al di là di tale esercizio di autocontrollo,
i rabbini del Talmud forniscono un’idea più mistica:
mangiando cibo non kasher, si riducono le proprie facoltà
spirituali, “interferendo la comunicazione con la propria anima”.
Poichè
“il sangue è anima” e che ciò che si mangia entra direttamente
nel sangue, si può affermare con certezza che mangiando cibi
vietati, e quindi impuri, si diventa impuri.
ll
cibo kasher (o kosher) si classifica in tre diverse
categorie in base alla loro origine:
Cibi
a base di carne
Cibi
a base di latte
Cibi parve,
ossia che non contengono né carne né latte, un classico esempio ne
è la frutta allo stato naturale che è un kasher e parve oppure
l'uovo, sono cibi “neutrali” ma tuttavia questi cibi, se cucinati
con latte, carne o loro derivati possono diventare anch’essi cibi a
base di carne o latte
Carne Le leggi fondamentali che definiscono quali animali, uccelli e pesci sono kasher, sono illustrate in Levitico, cap. XI. I criteri per riconoscere i quadrupedi permessi sono: gli animali devono avere lo zoccolo diviso in due, e devono essere ruminanti. Sono generalmente ammessi: alcuni bovini (bue, bufalo, bisonte americano, ecc.), la capra, gli ovini, gli antilopini (gazzella, camoscio, renna, ecc.). Sono esclusi i tilopodi (cammelli, dromedari, lama), i non ruminanti (tra cui tutti i suini – maiali, cinghiali – ippopotami, ecc.), e tutti gli altri quadrupedi commestibili (in particolare equini, conigli e lepri). La carne di cervo non è più a portata della tavola kasher poiché, in base a normative agricole, tale animale deve essere ucciso a colpo di pistola in campi aperti, e non condotto in un mattatoio. Nel XIX secolo, i macellai kasher usavano recarsi alla tenuta della famiglia Rothschild una volta all’anno per preservare in Inghilterra la tradizione di sgozzare il cervo. Tutti gli animali e i volatili carnivori, il sangue di animali e di volatili e qualunque sostanza da essi derivata non sono kasher. I rettili, e la maggior parte degli insetti non sono kasher. Volatili Il problema della distinzione tra animali proibiti e non tra i volatili è molto complicata. Generalmente si usa questa formula: Sono permessi i volatili che NON appartengano a famiglie di animali notturni o rapaci. Oca, gallina e tacchino, pernice, quaglia (controversa, secondo alcune comunità) che sono gli animali mangiati più comunemente sono generalmente permessi. Tra le esclusioni pipistrelli, civette, allodole. Alcuni volatili come il pollo, il tacchino e alcuni palmipedi sono kasher. La Torà elenca soltanto gli uccelli vietati, quali lo struzzo, il gufo e l’avvoltoio. Tuttavia, oggi è difficile stabilire con assoluta certezza l’identità esatta di tutte le specie. Per tradizione però, si mangia pollame (pollo, oca, anatra, tacchino...) e anche piccione, fagiano e pernice. Latte Latte e latticini (formaggi, crema, burro ecc...) di qualunque animale kasher sono a loro volta kasher e “di latte”. Essi non possono essere consumati assieme a carne o pollame. Poiché non è possibile distinguere latte kasher (ossia di un animale kasher) da quello non kasher, i rabbini hanno decretato che esso debba essere controllato dalla mungitura fino al confezionamento, per garantire che proviene da un animale kasher. In molti paesi del mondo in cui l’origine del latte in commercio è garantita dalla legge, alcune autorità rabbiniche avevano a loro tempo sostenuto che il latte è garantito come kasher e per questo non deve essere controllato Il latte kasher controllato, detto Chalav Israel, è oggi molto diffuso sul mercato dei centri di vita ebraica del mondo e quindi facile da reperire. Formaggio
Per il formaggio la questione si fa un po’ più complessa,
in quanto sotto qualunque forma deve essere controllato da un
rabbino. Questo perché il caglio è di origine animale,
provenendo in genere dallo stomaco di vitello. I saggi
del Talmud hanno perciò decretato che tutti i
formaggi debbano provenire da una fonte controllata, anche
qualora il caglio dovesse essere vegetale, chimico o microbico.
Un altro vincolo che autorizza il formaggio è la produzione
della cagliata, che deve avvenire per mano di un ebreo sensibile
alle leggi della Kashrùt, così come per tutti gli
alimenti che necessitano cottura.
Burro
Il classico burro da tavola che troviamo negli scaffali
frigoriferi dei supermercati è distinguibile tra burro
classico e burro extrafine. Il burro
classico, o senza altra specificazione, è nella stragrande
maggioranza un sottoprodotto di lavorazione dei formaggi,
rilavorato in burrifici che rilevano dai caseifici. I
caseifici infatti usano recuperare il siero che si separa dal
formaggio durante la produzione, per farne del burro
industriale il quale viene venduto ai burrifici che a
loro volta miscelano ad altro burro in base alle
caratteristiche desiderate, per farne un commercio ad
uso domestico. Il burro extrafine è derivato dalla panna del
latte, e quindi non pone problemi di Kashrùt, se non ché oggi
molti produttori di burro extrafine producono anche burro
acquistato da caseifici alterando la kashrùt degli impianti
produttivi. I consumatori si sono abituati all’idea di
utilizzare come standard solo burro certificato perché ad oggi
oltre che garantire la kashrùt generale del prodotto, dichiara
anche un controllo dalla mungitura.
Una posizione centrale nell’ambito della kashrùt è
occupata dalla separazione fra carne e latte. I divieti che la
riguardano sono molto severi, forse più di ogni altra norma
di kashrùt.
Per poter consumare latticini dopo aver mangiato carne o
derivati è richiesta un’attesa di sei ore. Questo stesso arco
di tempo è necessario anche tra la consumazione di formaggi
“duri” e carne. Si noti che benché il pesce sia parve, esso
non deve essere consumato assieme alla carne.
Chi convive con animali domestici deve verificare addirittura
il cibo che acquista per loro uso, per assicurarsi che non vi sia
mescolanza tra carne e latte fra i loro ingredienti.
La separazione fra carne e latte si applica non solo al cibo
stesso, ma anche a tutti gli utensili impiegati per la sua
conservazione, preparazione e consumazione. Tale rigore
nella separazione comporta il possesso e l’uso di set separati
di posate, piatti, utensili e lavandini. Anche la lavastoviglie
può essere impiegata o per la carne o per il latte, ma non per
entrambi.
Il cibo che non è né di carne né di latte è
definito parve, neutro, e utensili parve come
bicchieri o ciotole per l’insalata possono accompagnare sia i
pasti di latte che quelli di carne. Il vetro non assorbente
normale può essere considerato parve per molti
pareri. Bisogna stare invece attenti al pyrex o a qualunque altro
utensile di vetro resistente al calore del forno, che possono
essere usati solo o per la carne o per il latte.
La separazione non si limita alla cucina e alla tavola:
l'ebreo osservante è infatti tenuto ad astenersi dalla
consumazione di latticini dopo la carne finché non sia trascorso
un certo numero di ore. Lo Shulchàn Arùch, il
Codice di Legge Ebraica, riporta due tradizioni: una, decisamente
poco diffusa oggi, richiede un’attesa di un’ora soltanto (e
gli ebrei olandesi vi si attengono ancora); l’altra, più
universalmente accettata, ne richiede invece sei.
Viceversa lo stesso intervallo si applica dopo aver mangiato
formaggi detti duri, cioè stagionati, come ad es. il grana o il
parmigiano, poiché richiedono un processo digestivo simile a
quello della carne.Infine, per evitare spiacevoli confusioni, il pane deve sempre essere parve, e quindi non può contenere burro o latte. Pesce
Per essere kasher, il pesce deve avere pinne e squame facili
da rimuovere. Ad esempio, quelle dello storione sono
difficilissime da togliere, fatto che lo rende non kasher, come
lo sono automaticamente le sue preziose uova, ossia il caviale.
Esempi di pesci Kasher possono essere il salmone,
la trota, la cernia, il nasello, la sogliola ecc.
Es. di pesci non kasher: l’anguilla, il pesce spada, il
pesce gatto, lo squalo...
Tutti i crostacei, i frutti di mare ed i mammiferi
acquatici non sono kasher.
Il pesce, sia fresco che surgelato, dovrebbe essere acquistato
con la pelle, in modo da verificarne le squame per riconoscerlo
con certezza.
Un’altra norma vieta di consumare pesce e carne assieme, ma
per un motivo diverso dal latte. È semplicemente perché i
saggi, paladini di una vita salubre, considerano tale miscuglio
nocivo alla salute. Così ci si asterrà dall’accompagnare un
buon piatto di carne con salsa di acciughe...
D’altro canto, non vi è alcun problema nel mangiare
carne immediatamente dopo il pesce, o viceversa.
Si usa però “pulire” prima il palato con del pane o
bevendo qualcosa. Questo può spiegare perché molti bevono un
goccetto dopo il pesce del Sabato prima di passare alla portata
successiva...
Verdura
Mentre la consumazione di carne di maiale implica una sola
trasgressione, quella di un insetto ne comporta diverse. La Torà
e molto esplicita nei divieti concernenti tali creature e quindi
la frutta e la verdura potenzialmente esposte a infestazioni
devono essere controllate e pulite accuratamente.
Quella che può sembrare una bella foglia di lattuga,
osservata più da vicino può apparire come un albergo per
insetti. Altre “dimore” molto apprezzate da queste bestioline
sono ad esempio il prezzemolo, l’asparago, le verdure di
primavera, i broccoli e i cavolfiori.
Tutti gli insetti o vermi visibili a occhio nudo devono essere
“sfrattati”, immergendo la verdure in acqua salata o in
aceto, oppure mettendo particolari prodotti esistenti sul mercato
su un panno e strofinando delicatamente la foglia, il tutto
seguito da un accurato controllo visivo. Anche la frutta e la
verdura in scatola possono essere problematiche. Gli insetti vi
si presentano come granelli neri, ma fortunatamente possono
essere rimossi con un panno di mussola.
Vino
e succo d’uva devono essere esclusivamente di origine approvata
dai rabbini, ma non per lo stesso motivo del formaggio. I saggi
bandirono il vino di produzione non ebraica essenzialmente per
evitare i matrimoni misti, poiché il bere può portare poi
all’incontrarsi e così via. Anche prodotti come il brandy e
l’aceto di vino devono portare il sigillo di un rabbino.
Esso è kasher solo se la sua produzione viene effettuata da un ebreo osservante. La produzione di vino kasher può richiedere un notevole dispendio di tempo e denaro, poiché richiede la scrupolosa kasherizzazione dell’attrezzatura precedentemente impiegata per la produzione di vino non kasher e la presenza di un’intera équipe di personale osservante debitamente addestrato.
Come spesso accade, ingredienti non kasher possono infiltrarsi
nella produzione di vini non kasher, ad es. si usava aggiungere
sangue di toro per la colorazione o più comunemente un agente di
raffinamento proveniente dallo storione.
Si tratta di motivazioni fondamentali che sottolineano
l’importanza di un controllo rabbinico molto accurato.
Pane
I rabbini sconsigliano la consumazione di pane non prodotto da
ebrei, benché laddove non sia disponibile pane di produzione
ebraica, o se
esso è di qualità inferiore, si può acquistare
pane di produzione commerciale (non fatto intenzionalmente per un
consumatore specifico), ma tenendo conto di quanto segue: esso in
genere contiene grassi o emulsionanti di origine animale o non
identificata. Vi è anche la possibilità che
emulsioni o gelatine vengano spalmati sulla crosta o che le
teglie vengano oliate con grassi non kasher, i quali per legge
non comportano l’obbligo di essere riportati e dichiarati sulla
lista degli ingredienti.
Il pane è inoltre esposto al rischio che venga cotto negli
stessi forni di pane o dolci non kasher, il che lo renderebbe
automaticamente non kasher.
Di fatto, alcun pane non controllato può essere considerato
kasher.
Biscotti
Sono in genere prodotti con margarina non kasher. Anche quelli
fatti con il burro possono non essere kasher poiché, come detto
sopra, le teglie possono essere ingrassate con ingredienti
vietati, senza che ciò debba essere segnalato al cliente. Ciò
vale anche per le torte. Riguardo ai forni ,è valido lo stesso
principio del pane.
Margarina
La margarina contiene grassi ed emulsionanti che possono
essere di origine animale. Anche i produttori di margarine dette
vegetali non sono in grado di garantire che l’origine dei loro
emulsionanti sia tale. Di conseguenza, si può impiegare solo la
margarina controllata da un rabbino. Nelle margarine in
commercio si addizionano spesso aromi a base di latte o
derivati.
A causa dei divieti sul sangue, si devono controllare anche le
uova aperte prima di essere cucinate, per eliminare quelle che
contengono macchie di sangue. (Non ogni piccola macchia di colore
rende vietato l’uovo). Non è però necessario controllare le
uova prima di prepararle sode. Le uova bianche hanno in genere
meno macchie di quelle marroni, forse per motivi biologici,
è quindi più difficile trovare qualche macchia di sangue rosso
vivo o simile nelle uova bianche.
Gli
animali permessi (esclusi i pesci) per poter essere mangiati,
devono essere uccisi in modo particolare, la shechitah.
La macellazione rituale prevede il taglio della trachea e
dell’esofago dell’animale mediante una lama affilatissima priva di qualsiasi
imperfezione sulla lama.
L’obiettivo è ottenere una morte rapidissima e indolore per
l’animale e contemporaneamente un rapido e abbondante
dissanguamento.
Il
consumo di sangue, infatti, è un’altra proibizione
fondamentale della legge ebraica, che prevede molte altre
limitazioni (tra cui il divieto di mangiare alcune parti
specifiche dell’animale e il divieto di associare latte e
derivati con la carne). Per
evitare di assumere il sangue, ci sono tutta una serie di doveri
da osservare prima di consumare la carne, di cui uno dei
principali è la
salatura.
Dopo la shekhità, l’animale deve essere
sottoposto ad un accurato controllo, detto bedikà,
per verificare che non abbia difetti che lo renderebbero non
kosher in base alla legge ebraica. I polmoni di bovini e ovini e
gli intestini del pollame vengono sempre controllati.
È qui che entra in gioco l’espressione glatt
kosher. Nel caso del bestiame, se il polmone è privo di fori
o mucose cicatrici, viene definito “glatt”, liscio.
Se invece ve ne sono, l’animale può comunque essere kosher
anche se non glatt, purché quando vengono rimosse,
tali mucose cicatrici non lascino buchi nei polmoni.
Per essere finalmente portata in tavola, la carne deve essere
privata dei resti di sangue, la cui consumazione è strettamente
vietata dalla Torà. Essa deve perciò essere messa a bagno per
un’ora e poi sotto sale grosso e risciacquata tre volte prima
di essere cucinata. Oggi, la maggior parte della carne viene
kasherizzata dal macellaio, risparmiando la fatica al
consumatore.
Il fegato è un caso particolare: essendo imbevuto di sangue,
non può essere kasherizzato con il normale processo illustrato
sopra, ma deve essere preparato “alla griglia”, ossia a
diretto contatto con una fiamma.
Prima di raggiungere gli scaffali della macelleria, la carne
deve essere sottoposta ad alcuni procedimenti, detti nikùr,
che comportano la rimozione di alcune vene e di grassi vietati.
Poiché il nikùr dei quarti posteriori
dell’animale è notevolmente complesso, nella maggior parte
delle comunità della Diaspora non viene effettuato del tutto in
queste parti della bestia, che vengono vendute al mercato non
ebraico. I quarti posteriori contengono tra l’altro il nervo
sciatico, che non può essere mangiato dagli ebrei poiché fu
dove Giacobbe rimase ferito nel suo scontro con l’angelo
(Genesi XXXII, 33).
La kasherizzazione Cibo kasher prodotto con utensili precedentemente impiegati per la cottura di cibo non kasher, diventa a sua volta non kasher. Il procedimento che rende utensili, pentolame, piatti, forni, piani di cottura e lavabi kasher viene comunemente chiamato “kasherizzazione”. Essa deve essere effettuata sotto la scrupolosa osservazione di un rabbino esperto, poiché la sua esecuzione varia in base al genere di oggetto o utensile. |
lunedì 12 maggio 2014
La poesia che viene al mondo vi giunge carica di mondo - Paul Celan
Lo scrittore Paul Auster ha condensato in poche righe la sofferta biografia del poeta Paul Celan, pseudonimo di Paul Pessach Antschel: «Un ebreo nato in Romania che scriveva in tedesco anche se viveva in Francia, dove è morto suicida annegandosi nella Senna. Lui scriveva incessantemente perché il dolore e la rabbia hanno fatto diventare furiosa la sua poesia, che era una poesia ispirata dall’amarezza».
Paul Antschel nasce in Romania, nel 1920, da famiglia ebraica e religiosa, l’ebraismo hassidico lascia in lui un particolarissimo rapporto con il testo scritto, per Celan (cognome che si darà dopo la guerra) l’ebraismo è cultura, tradizione, motivo di esilio e, ben presto, anche memoria dei morti. I suoi genitori moriranno in campo di concentramento, lui stesso vi sarà deportato.
Ma Celan contraddice la tesi adorniana secondo cui dopo Auschwitz non sarebbe stata piu’ possibile la poesia.
Paul scrive invece e vuole essere letto nel modo piu’ personale. Scriveva infatti Celan “ io non faccio letteratura… non c’è una sola riga della mia poesia che non abbia a che fare con la mia esistenza”
Il nome ebraico di Paul è Pessach, cioè Pasqua, o ad essere più precisi «passaggio», perché tale è la traduzione letterale di questo termine. In un giorno imprecisato verso la fine di aprile del 1970, Paul Celan si buttò nella Senna. La Pasqua ebraica - Pessach - cadeva in quei giorni, come a siglare l’appartenenza a un destino che il nome porta inevitabilmente con sé. Perché è così vero che la vita di Celan fu un passaggio, un transito da un dolore a una nostalgia, da una perdita a un ricordo. (elena lowenthal)
Celan è un maestro del linguaggio ed è dunque terribile doverlo leggere solo in traduzione, che per quanto fedele e capace mai potra’ darci l’esatta immagine sensazione e profondità del testo originale, uno dei piu’ gradi poeti del novecento
Non mi dilungo oltre, ecco la bellisima lirica di Celan
CORONA (da Papavero e memoria)
Dalla mano l’autunno mi bruca una foglia:
è sua, siamo amici.
Facciamo sgusciare il tempo via dalle noci e gli
insegniamo ad andare:
il tempo si dirige all’indietro, nei gusci.
Nello specchio è domenica,
nel sogno potremo dormire,
la bocca in verità conversa.
Il mio occhio corre giù, fino al grembo
dell’amata:
ci guardiamo a vicenda,
ci diciamo oscure parole,
ci amiamo l’un l’altra come papavero e memoria,
dormiamo come vino nelle conchiglie,
come il mare nel chiaro-sangue di luna.
Abbracciati, stiamo alla finestra, ci vedono
su dalla strada:
è tempo, che si sappia!
E’ tempo, che la pietra si disponga a fiorire,
che l’ansia un cuore possa colpire.
E’ tempo, che sia tempo.
E’ tempo.
( poesia dedicata alla propria amata, ove ella sarebbe il papavero e lui la memoria, a contrapporre la dolcezza di lei all’amara e dura memoria di lui)
E come non citare Fuga di Morte, uno dei massimi testi sulla Shoah.
Nero latte dell'alba lo beviamo la sera
lo beviamo a mezzogiorno e al mattino lo beviamo la notte
beviamo e beviamo
scaviamo una tomba nell'aria là non si giace stretti
Nella casa abita un uomo che gioca con i serpenti che scrive
che scrive all'imbrunire in Germania i tuoi capelli d'oro Margarete
lo scrive ed esce dinanzi a casa e brillano le stelle e fischia ai suoi mastini
fischia ai suoi ebrei fa scavare una tomba nella terra
ci comanda ora suonate alla danza.
Nero latte dell'alba ti beviamo la notte
ti beviamo al mattino e a mezzogiorno ti beviamo la sera
beviamo e beviamo
Nella casa abita un uomo che gioca con i serpenti che scrive
che scrive all'imbrunire in Germania i tuoi capelli d'oro Margarete
i tuoi capelli di cenere Sulamith scaviamo una tomba nell'aria là non si giace stretti
Lui grida vangate più a fondo il terreno voi e voi cantate e suonate
impugna il ferro alla cintura e lo brandisce i suoi occhi sono azzurri
spingete più a fondo le vanghe voi e voi continuate a suonare alla danza
Nero latte dell'alba ti beviamo la notte
ti beviamo a mezzogiorno e al mattino ti beviamo la sera
beviamo e beviamo
nella casa abita un uomo i tuoi capelli d'oro Margarete
i tuoi capelli di cenere Sulamith lui gioca con i serpenti
Lui grida suonate più dolce la morte la morte è un maestro tedesco
lui grida suonate più cupo i violini e salirete come fumo nell'aria
e avrete una tomba nelle nubi là non si giace stretti
Nero latte dell'alba ti beviamo la notte
ti beviamo a mezzogiorno la morte è un maestro tedesco
ti beviamo la sera e la mattina beviamo e beviamo
la morte è un maestro tedesco il suo occhio è azzurro
ti colpisce con palla di piombo ti colpisce preciso
nella casa abita un uomo i tuoi capelli d'oro Margarete
aizza i suoi mastini contro di noi ci regala una tomba nell'aria
gioca con i serpenti e sogna la morte è un maestro tedesco
I tuoi capelli d'oro Margarete
I tuoi capelli di cenere Sulamith.
lo beviamo a mezzogiorno e al mattino lo beviamo la notte
beviamo e beviamo
scaviamo una tomba nell'aria là non si giace stretti
Nella casa abita un uomo che gioca con i serpenti che scrive
che scrive all'imbrunire in Germania i tuoi capelli d'oro Margarete
lo scrive ed esce dinanzi a casa e brillano le stelle e fischia ai suoi mastini
fischia ai suoi ebrei fa scavare una tomba nella terra
ci comanda ora suonate alla danza.
Nero latte dell'alba ti beviamo la notte
ti beviamo al mattino e a mezzogiorno ti beviamo la sera
beviamo e beviamo
Nella casa abita un uomo che gioca con i serpenti che scrive
che scrive all'imbrunire in Germania i tuoi capelli d'oro Margarete
i tuoi capelli di cenere Sulamith scaviamo una tomba nell'aria là non si giace stretti
Lui grida vangate più a fondo il terreno voi e voi cantate e suonate
impugna il ferro alla cintura e lo brandisce i suoi occhi sono azzurri
spingete più a fondo le vanghe voi e voi continuate a suonare alla danza
Nero latte dell'alba ti beviamo la notte
ti beviamo a mezzogiorno e al mattino ti beviamo la sera
beviamo e beviamo
nella casa abita un uomo i tuoi capelli d'oro Margarete
i tuoi capelli di cenere Sulamith lui gioca con i serpenti
Lui grida suonate più dolce la morte la morte è un maestro tedesco
lui grida suonate più cupo i violini e salirete come fumo nell'aria
e avrete una tomba nelle nubi là non si giace stretti
Nero latte dell'alba ti beviamo la notte
ti beviamo a mezzogiorno la morte è un maestro tedesco
ti beviamo la sera e la mattina beviamo e beviamo
la morte è un maestro tedesco il suo occhio è azzurro
ti colpisce con palla di piombo ti colpisce preciso
nella casa abita un uomo i tuoi capelli d'oro Margarete
aizza i suoi mastini contro di noi ci regala una tomba nell'aria
gioca con i serpenti e sogna la morte è un maestro tedesco
I tuoi capelli d'oro Margarete
I tuoi capelli di cenere Sulamith.
Nel leggerla si è presi da un senso di sgomento per l’incapacità di cogliere il
“messaggio nella bottiglia” che il poeta ebreo-romeno vi ha messo
dentro, si direbbe a viva forza e con disperazione lucida.
A proposito della poesia, Celan, che non amava spiegare le sue opere, ebbe a dire che questa poesia tratta di un dialogo immaginario fra un se stesso alla deriva ed un
immaginario ascoltatore ideale, quanto forse impossibile da reperire.
Celan, nato nella Bucovina settentrionale, occupata dai tedeschi nel 1942
(poi passata all’URSS), riuscì a sopravviver arrangiandosi a sopravvivere con lavori di fortuna nei campi romeni.
Furono invece catturati il padre e la madre (l’uno morì di tifo, l’altra
fu fucilata in un campo ucraino), come ricordato sopra.
Molti critici si sono interrogati sulla scelta di scrivere in tedesco, la lingua dei nazisti, degli assassini dei suoi genitori. Soprattutto perché Celan parlava e scriveva correttamente in almeno sette lingue (rumeno, tedesco, ebraico, inglese, francese, russo, italiano).
La scelta di scrivere nella Muttersprache, nella doppia accezione di lingua materna e lingua della madre, è vitale. Solo in questa lingua il poeta può rincontrare la madre e farsi carico della sua «incontestabile testimonianza».
Si sono confrontati con la poesia di Paul Celan interpreti eccellenti come il filosofo della Scuola di Francoforte T. W. Adorno, il filosofo Emmanuel Lévinas, il decostruzionista Jacques Derrida, Gadamer, e soprattutto Martin Heidegger.
L’incontro con Heidegger rappresenta un momento particolarmente significativo nel percorso celaniano: Celan apprezzava la filosofia di Heidegger ma non poteva accettare che il grande filosofo avesse appoggiato il nazismo. Per questo quando si presentò l’occasione di un incontro, il poeta non volle mancare. L’incontro avvenne nella baita del filosofo, dopo una lettura di poesie a Friburgo, nel 1967, lo stesso anno della pubblicazione di Atemwende. Celan non poteva assolutamente accettare il pesante silenzio di Heidegger circa il suo precedente appoggio al nazismo: un suo lettore così insigne aveva tenuto sulla giacca la spilletta nera con la croce uncinata. Heidegger, dal canto suo, non poteva rinnegare il suo pensiero pronunciando una secca condanna alle sue precedenti posizioni. Il confronto-scontro si gioca sulla mancata distinzione, in entrambi, tra pensiero e vita. Vita e pensiero erano per loro inscindibili, uniti indissolubilmente nei loro scritti. Da qui il fermo rifiuto alla richiesta di immortalare con una foto quello storico incontro poi eternizzato da Celan nella poesia "Todtnauberg", vera e propria trascrizione in versi dell’evento. Si trattava di un’amara coerenza, con gli altri e con se stessi. Coerenza soprattutto con i propri scritti.
S’incontreranno nuovamente, nel 1970, poco prima del suicidio, in quell’occasione Heidegger dirà: «Celan è malato – e non esiste cura».
Nell'ottobre del 1969 Celan compie un viaggio a Gerusalemme. Da quei diciassette giorni, Celan trasse una serie di poesie, pubblicate postume, tra esse spicca "Denk dir", che inizia:
Pensa: il soldato di Masada, impaludato, si procura patria, nel modo
che mai potrà essergli tolto
contro
ogni spina nel reticolato
.Un’ideale continuità tra la resistenza degli ebrei alla conquista romana nel 70 d.C. e quella patria, Israele, che appariva finalmente una conquista reale.
Nemmeno un anno dopo, presumibilmente il 20 aprile del 1970, Paul Celan si suicida gettandosi dal ponte Mirabeau nelle acque della Senna.
Il cadavere venne ritrovato da un pescatore solo il primo maggio.
In una poesia, Rosa di nessuno, aveva consegnato al figlio Eric una vitale eredità di speranza:
Ho tagliato bambù:
per te, figlio mio.
Ho vissuto.
Codesta, che domani sarà
altrove, capanna, ora
regge.
Non diedi mano a costruirla: tu
non sai in quali
vasi io misi, anni addietro,
la sabbia che mi stava intorno,
per ordine e decreto. La tua
nasce libera – libera
rimane.
La canna, che prende piede qui, domani
s’innalza pur sempre, ovunque
l’anima ti possa spingere fuori
d’ogni vincolo
sabato 10 maggio 2014
Claudio Vercelli ad Alba: la nascita di Israele
Martedì 6 maggio 2014 il Prof. Claudio
Vercelli è stato ospite dell'Associazione Italia Israele, sez. Alba Bra Langhe e Roero, e in qualità di Segretario dell'Associazione ho avuto l'onore di accompagnarlo presso presso l'Istituto Enologico di Alba, dove ha intrattenuto per due ore gli studenti della 6° classe sul tema "la nascita di Israele"
Il prof. Vercelli è ricercatore di storia contemporanea presso l'Istituto di
studi storici "Gaetano Salvemini" di Torino, collabora con diverse testate tra le quali Pagine Ebraiche e Moked, newsletter dell'Unione
delle comunità ebraiche italiane. Svolge inoltre attività di consulenza e insegnamento. Come
autore ha pubblicato, tra gli altri, i seguenti libri: Tanti olocausti. La deportazione
e l'internamento nei Lager nazisti (Giuntina, Firenze 2005); Israele e Palestina: una terra
per due (Ega, Torino
2005), Israele: storia dello Stato 1881-2008, Dal sogno alla realtà (Giuntina, Firenze 2007-2008), Breve storia dello Stato d'Israele (Carocci, Roma 2009), Storia del conflitto
israelo-palestinese (Laterza,
Roma-Bari 2010), Triangoli viola. Storia della deportazione dei
testimoni di Geova nei Lager nazisti (Carocci, Roma 2012) e una Storia del negazionismo (Laterza, Roma-Bari 2013).
Ecco cosa ci ha detto.
“La storia è sempre contemporanea”
diceva Benedetto Croce, la storia ci parla, guardiano al passato ma
non per mero ricordo quanto piuttosto per comprendere il senso del
presente.
Oggi parliamo della storia dello Stato
di Israele, della sua nascita.
E per farlo dobbiamo per prima cosa
chiederci: cosa c'era prima dello Stato di Israele? Cosa, chi c'era
in quesi “territori”?
Prima del 1948 e anzi prima del 1918,
in queste zone non esistevano “stati” come siamo abituati noi ad
intendere questo termine, erano “luoghi”, territori, ma non
“stati nazionali”. Buona parte dell'Europa, ma anche il Medioriente, era organizzata in
Imperi, tanto per citarne alcuni quello austroungarico, quello russo
o quello Ottomano, presente nella zona che oggi ci interessa. L'idea
di “stato nazionale” come è oggi intesa, mancava.
La prima guerra mondiale irrompe sulla
scena e fa saltare del tutto questo sistema imperialista.
L'impero austroungarico implode,
nascono nuovi stati europei, l'Impero ottomano fa altrettanto e si
riduce sino a svanire per lasciare posto alla moderna Turchia (pochi
sapranno, tra l'altro, che la Turchia moderna nasce con un momento
molto drammatico e truce, il massacro della popolazione armena).
Nelle zone dove oggi abbiamo Israele e
Territori Palestinesi e Giordania cosa succede?
Spesso il nazionalismo palestinese
rivendica la territorialità delle zone, sostenendo che da tali zone
il popolo palestinse sia stato scacciato dai sionisti. Ma è davvero
così?
La Palestina ottomana era un zona
divisa e segmentata, assolutamente non unita. Vi erano delle piccole
comunità arabe che abitavano in villaggi la zona, ma senza
costituire “stato”. Non esisteva affatto uno Stato Palestinese.
La Palestina era una zona geografica facente parte dell'Impero
ottomano dal 1517 al 1918, salvo una parentesi dal 1832 al 1840
quando fu conquistata da Mehmet
Alì, governatore ottomano dell'Egitto, ribellatosi al Sultano di
Costantinopoli. Amministrativamente, la Palestina faceva parte del
vilayet di
Shām (nome preislamico della Siria), ed era stata divisa in varie
zone, amministrata dagi ottomani, priva assolutamente di idea
nazionale.
Non vi era neppure lo Stato di Israele.
Già a fine ottocento vi erano delle
aspirazioni sioniste ma nulla di politicamente concreto sino alla
fine della prima guerra mondiale.
La fine della Prima Guerra Mondiale
segna dunque la fine degli Imperi, ma non del colonialismo.
Infatti le potenze vincitrici,
segnatamente la Francia e l'Inghilterra, si spartiscono la zona del
medioriente in “mandati”, zone di influenza cioè su cui
amministrare in attesa che la popolazione locale possa forse un
giorno essere in grado di autogovernarsi.. Ed è proprio la società
delle Nazioni a conferire tali mandati sui territori ex impero
ottomano in medioriente, in assenza di indipendenza politica degli
stessi.
Quindi se fin al 1918 la zona che oggi
è Israele, Territori plaestinesi, Giordania era Impero Ottomano,
dopo la prima guerra mondiale è “mandato” britannico.
Nel mentre di questi sconvolgimenti
politici, intanto, abbiamo un altro fenomeno:inizia infatti
l'immigrazione ebraica in palestina.
Inzia già a fine ottocento e perdura
nel primo dopoguerra, in maniera sporadica, la zona è inospitale,
paludosa o desertica, non vi sono città, non vi sono campi..alcuni,
pochi in verità, non resisteranno alle condizioni di vita e
torneranno indietro.
Già nel 1906 abbiamo l'istituzione
dell'accademia Bezalel, istituto d'arte ebraica, in cui le lezioni si
tengono nella lingua ebraica (che sta tentando di risorgere grazie a
Ben Yehuda)
L'immigrazione post 1918 ha caratteri
particolari. Va detto che insediamenti ebraici vi erano e di lunga
data, erano insediamenti religiosi, su Gerusalemme, Hebron e Safed.
Gruppi di studiosi, di ultra ortodossi, molti dei quali persino
ostili al sionismo. Questii gruppi coesitevano in pace con altri
gruppi, di cristiani e di islamici.
Il movimento sionista, che è un
movimento nazionalista con forti ideologie socialiste, non nasce in
Palestina,le sue radici sono altrove, sono nella Russia zarista
(altro impero pre-prima guerra mondiale!)
Perchè nasce qui?
Nella Russia zarista la vita era dura,
durissima, la nazione era arretrata, c'era molta povertà. In questo
Impero vi erano molte comunità di ebrei, radunati in shtetl,
conducevano vita comunitaria, temendo e guardando con sospetto la
popolazione russa non ebraica. E a ragione. Infatti gli ebrei non
godevano degli stessi diritti dei russi non ebrei (anche in termini
di poter adire la giustizia), la Russia era fortemente antisemita,
era praticato un vero antisemitismo di Stato. L'ebreo era usato dal
Potere come capro espiatorio, un modo per canalizzare la rabbia della
popolazione contro qualcuno.. se la povera gente, arrabbiata per le
condizioni sociali, scateva un pogrom (spedizione puntiva dove si
bruciava saccheggiava aggrediva lo shtetl e la sua popolazione) si
sfogava così ed evitava di dar fastidio al Potere, di contestarlo!
Allo zar andava bene una situazione in cui i poveri se la prendeva
con altri poveri e in questo modo sfogava la frustazione per le
pessime condizioni di vita.
La situazione cosi drammatica, fece si
che molti ebrei emigrassero. E dove?
Negli Usa soprattutto. Gli
Stati Uniti erano l'opportunità, erano un vasto territorio con una
popolazione minima, era una nazione in divenire, accoglieva a braccia
aperte e concedeva opportunità a tutti, non bandando alla religione
di appartenenza. Vi era lavoro, lavoro per tutti, cio' attirava
migranti da molti Paesi.
La Russia tuttavia era una fucina di
idee. L'impero zarista era alle ultime battute, ma cio' non lo si
comprendeva ancora, tuttavia le idee brulicavano, specie l'idea
socialista.
Ed era idea rivoluzioanria: gli uomini
(e le donne) sono tutti uguali, uguali nei diritti e nei doveri.
E' un'idea
attivistica, un mettere in atto dei cambiamenti, l'uomo deve contare
su stesso, farsi parte del cambiamento. L'uomo non nasce subordinato
ad altri ma ha la padronanza della sua vita, puo' e deve decidere
cosa fare, insieme agli altri.
Il sionismo nasce in
questa fucina di ideologie, e non nasce solo con l'obiettivo di
emigrare, ma ha nei suoi geni anche l'idea politica di creare la
propria società
Accanto a questo vi
è un filone piu' nazionalista, ossia il vedersi nazione e non solo
popolo.
Il sionismo, che
verrà poi portato avanti da T. Herzl, si pone la domanda sulla meta
da scegliere per questa nuova società e nuovo Stato per il popolo
ebraico. La meta inizialmente non è nemmeno la Terra dei Padri,la Palestina..si fanno ipotesi sull'Argentia, l'Uganda..ma il movimento
sionista è maggiormente motivato a mettersi in gioco su un
territorio dove ancora non vi sia uno Stato, dove non via qualcosa
che già esiste, andare ad abitare in Argentina significava andare in
uno stato di altri. Ed era molto diverso che abitare in Russia? O in
Francia? Si guarda pertanto alla Palestina, in cui già vi erano
state immigrazioni di comunità ebraiche e che ospitava unicamente
delle comunità arabe, prodotto del disfacimetno ottomano, comunità
non unite tra loro, senza soluzione di continuità. Ad esercitare il
potere in zona erano i grandi latifondisti. Costoro davano parte
della terra a diversi lavoratori arabi e loro famiglie, i quali
adottavao un'economia di sussistenza..producevano quanto serviva ai
bisogni loro e della loro famiglia oltre quanto da dare al
latifondista. Costui aveva proprie milizie per la difesa della
proprietà latifondiaria, aveva i piu' pieni diritti nei confronti
dei propri lavoratori.
La Palestina viene
scelta in quanto la si vede “libera”, gli spazi sono poco
occupati, flussi di popolazione ebraica vanno via via ad insediarsi e a volte comprano anche
terreni dai latifondisti locali, iniziando ad edificare, a costruire,
villaggi, a seminare campi, a bonificare paludi.
Al contempo inizia
l'ibridazione con la popolazione locale, la coesistena con le
comunità arabe.
Ufficialmente Israele nasce il 14 maggio 1948.
Domanda: la
popolazione araba ha sin da subito rigetttato l'imigrazione ebraica?
Prof. Vercelli:
No, affatto. Sono incuriositi, ma non infastiditi, lo spazio non
mancava, inoltre molti ebrei si radicano in luoghi dove non c'erano
comunità arabe.
Sono gli inglesi,
mandatari all'epoca, piuttosto, a guardare con apprensione
all'immigrazione ebraica, perchè essa andava ad alterare gli
equilibri locali, ma in se' gli inglesi avevano come unico interesse
quello della madrepatria, che le comunità locali fossero arabe o
ebraiche a loro non importava affatto. L'unico motivo per cui gli
inglesi erano interessati alla zona non erano certo le popolazioni
locali, ma piuttosto erano focalizzati sul controllo della via per
l'India.. e ne sono tanto interessati che ci stanziano 100.000
soldati!
La popolazione araba
preesistente, come detto, non era un popolo unito, erano piccole
comunità per lo piu' familiari o poco piu' grandi, a cui non
importava avere per vicini di casa comunità ebraiche, erano
incuriositi, ma non ostili.
Quando la comunità
ebraica diviene piu' grande cresce e si struttura allora iniziano
fenomeni di contrapposizione, soprattutto econonico -sociali.
L'insediamento ebraico porta con se nuove tecnologie, nuove
produzioni, un nuovo modo di intendere l'economia (non piu' di sola
sussistenza, come era intesa dal mondo arabo). Il confronto non è
politico ma economico sociale. Anche in questo tema infatti abbiamo
una contrapposizione forte: il mondo arabo è improntato a una
visione di gruppo in cui l'uomo ha un determinato ruolo, la donna un
altro. Il sionismo è basato sull'uguaglianza dei diritti e doveri
tra uomo e donna. Per gli arabi del luogo, abituati a ruoli
femminili che si occupano esclusivamente di casa e figli, è
rivoluzionario vedere donne che lavorano a fianco di uomini, magari
sbracciate.. E' un concetto alieno al loro modo di concepire i
ruoli..
Lo scontro è tra
“culture” differenti, economie differenti; il sionismo scuote
profondamente il mondo arabo, diventa davvero un movimento tellurico
per il mondo arabo e per i latifondisti della zona, introducendo un
mutamento socio-economico notevole.
Il mondo arabo
sinora non aveva rivendicazioni nazionaliste, i primi arabi
nazionalisti furono alcuni giovani, figli di ricchi arabi che avevano
potuto studiare in prestigiose università statunitensi per lo piu',
o a Beirut, ma la loro presa sul mondo arabo non fu pesante, l'arabo
era abituato a vedersi parte di un gruppo, famigliare, tribale, e non
come “Stato” modernamente inteso. Concetto al loro mondo
estraneo.
Domanda:
la risoluzione 181 dell'ONU: perchè il mondo arabo la rigetto'?
( Nota mia : la
risoluzione Onu 181 statui' un piano adottato dall’Assemblea
generale delle NU (29 nov. 1947) per la spartizione della Palestina
mandataria in due Stati: uno ebraico, comprendente il 56% del
territorio, l’altro arabo, sulla parte restante, mentre Gerusalemme
sarebbe stata corpus separatum sotto l’amministrazione
delle NU. Approvata a larga maggioranza dopo lunghi negoziati
preliminari, fu accettata dalla parte ebraica e respinta dalla
comunità araba, e non fu mai attuata. Qui sotto quello che la
risoluzione 181 prevedeva)
Prof. Vercelli:
L'onu, dopo la seconda guerra mondiale statui' una divisone dei
territori tra Stato di Israele e popolazione araba, la divisione fu
basata su un carattero demografico, ossia dove piu' vi era
concetrazione di arabi il territorio sarebbe stato loro e viceversa,
non
fu affatto una divisione basata su terreni piu' o meno
produttivi.
Il rigetto arabo fu
una volontà politica. Ossia, se sul versante sionista vi era la
volontà di avere uno Stato, dall'altra parte questa volontà non ci
fu mai.. La prima guerra contro Israele, subito dopo la sua
proclamzione, nel 1948, non fu solo una guerra contro lo Stato di
Israele ma anche contro l'eventuale costituzione di quello
palestinese. Da parte araba non si voleva affatto la nascita di uno
Sttao nazionale palestinese .
Chi voleva la
separazione dei due gruppi, arabi ed ebrei, ciascuno con un suo stato
territoriale, erano solo i sionisti, i quali in questo modo puntavano
alla fine delle ostilità. L'altra parte però non voleva questa
seprazione e non voleva la fine delle ostilità, puntava piuttosto a
mantenere vivo il conflitto.
Il problema è
appunto di “riconoscimento”. La parte araba non vuole
riconoscersi in uno Stato, e non vuole riconoscere lo Stato
dell'altro, Israele. Per loro quello è sempre e solo l'entità
sionista.
Domanda: e
oggi? A che punto è la situazione?
Prof. Vercelli:
Oggi esiste una condizione di status quo. Non è detto che tutta la
popolazione palestinse sia contraria allo Stato di Israele, ma il
punto è come l'identità palestinese pensa se stessa e che volontà
abbia di trovare una soluzione al conflitto e non piuttosto di farlo
perdurare.
La questione dei
Profughi è vista per esempio sempre e solo univocamente e cioè quei
palestinesi che dopo il 48 dovettero, spesso per scelta, lasciare le
loro case. Ebbene, v'è da dire che in tempi di sconvolgimenti
politici la migrazione di parte di popolazioni vi è sempre stata,
anche in europa. Ma soprattutto non si parla mai dei profughi ebrei,
cioè quegli ebrei che abitavano da secoli in paesi arabi e che dal
48 furono scacciati, si ritrovarono profughi e approdarono nel
neonato stato israeliano..si parla di oltre un milione di profughi
ebrei, che lo stato Israele faticò ad assorbire.
In Israele furono temporaneamente
collocati in tendopoli, le ma'abarot in ebraico. Queste
tendopoli continuarono ad esistere fino al 1963! I loro abitanti
furono gradualmente e con successo integrati nella società
israeliana, senza ottenere aiuto dalle organizzazioni delle Nazioni
Unite per i rifugiati.
L'integrazione comportò comunque dei problemi.
L'Organizzazione
mondiale degli ebrei dai paesi arabi (WOJAC) stima che le proprietà
ebraiche nei paesi arabi sarebbero valutate oggi a più di $ 300
miliardi di dollari ed le proprietà immobiliari lasciate nelle terre
arabe equivarrebbero a 100.000 chilometri quadrati (quattro volte la
dimensione dello Stato di Israele)
Anche in questo caso
ci troviamo di fronte alla non volontà di trovare una soluzione, ma
anzi abbiamo un continuo rimando al problema dei “profughi
palestinesi”.. La popoalzione palestinese oggi si attesta sui
10-12milioni di individui, un po' nei territori palestinesi, un po'
in alre zone del MO, molti in Usa. Hanno una buona scolarizzazione,
una buona economia..pochi sanno che il pil palestinese nell'ultimo
anno è stato +7%
Oggi la popolazione
israeliana ha varcato la soglia degli 8 milioni di cittadini. Di
questi, sei milioni sono ebrei, per cui Israele ospita oggi la
comunità ebraica più grande del mondo, ma sono israeliani,
cioè con passaporto israeliano, anche 1,6 milioni di
arabi, 350.000 cristiani non-arabi e altre minoranze. E'
un errore pensare che israeliano sia sinonimo di ebreo o che tutti
gli ebrei siano israeliani.
Domanda:
perchè gli Usa hanno raggiunto così pochi risultati
diplomaticamente in MO?
Prof. Vercelli:
Gli usa hanno per lungo tempo giocato al gatto col topo in MO, il
loro primario impegno sino alla fine degli anni 80 era piu' che altro
di contenimento del comunismo russo, e, mentre il mondo arabo era
pericolante, sempre in bilico, Israele era certamente una nazione di
modello occidentale, democratica, stabile, un paese basico per gli
Usa contro l'espansionismo comunista russo.
La qestione
israelo-palestinese invece è piu' recente,non nasce subito..nel 48
possiamo avere un problema legato ai profughi (e arabi ed ebrei) ma
nessuna questione palestinese. Questa sorge solo negli anni 70 -80.
Domanda: Come
è pensabile che oggi, in un mondo moderno, aperto alle diversità,
vi sia ancora un antisemitismo tanto forte?
Prof. Vercelli
:La risposta è complessa, certo il pregiudizio è comodo, è
molto difficile abbandonarlo e il fatto che si sia in un mondo
moderno cio' non esclude la barbarie. Antisemitismo non è
necessariamente ignoranza. L'antisemitismo fa parte della tradizione,
anche cristiana, ed è difficile dismettere la tradizione.
Con la
globalizzazione l'antisemitismo, che è il principale pregiudizio
etnico di tutti i tempi, è diventato mondiale. Spinto dai Paesi
arabi e islamici, agganciandosi a fonti europee e cristiane di antica
matrice, accantonate solo momentaneamente dopo la Shoa,
l'antisemitismo è oggi presente in larga misura ovunque. I media
digitali - dal web alla tv satellitare - l'hanno messo alla portata
di chiunque, ovunque e in qualsiasi momento.
L'antisemitismo
globale attinge a vecchi pregiudizi cristiani, musulmani, di sinistra
e di destra, ma oggi ha assunto anche nuove forme e dimensioni. Se
prima prendeva di mira gli ebrei locali - quelli che si conoscevano
direttamente per città, regione o nazione - oggi è accanitamente
fissato anche sugli ebrei lontani, ovvero su quelli americani e
israeliani. Inoltre, mentre in precedenza era un fenomeno di matrice
principalmente sociale o culturale, oggi è anche un fenomeno
politico. Per la prima volta, esso occupa un posto centrale nelle
strategie e nella politica estera di molti Paesi, contro lo Stato
d'Israele.
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