sabato 10 maggio 2014

Claudio Vercelli ad Alba: la nascita di Israele




Martedì 6 maggio 2014 il Prof. Claudio Vercelli è stato ospite dell'Associazione Italia Israele, sez. Alba Bra Langhe e Roero, e in qualità di Segretario dell'Associazione ho avuto l'onore di accompagnarlo presso presso l'Istituto Enologico di Alba, dove ha intrattenuto per due ore gli studenti della 6° classe sul tema "la nascita di Israele"
Il prof. Vercelli  è ricercatore di storia contemporanea presso l'Istituto di studi storici "Gaetano Salvemini" di Torino, collabora con diverse testate tra le quali Pagine Ebraiche Moked, newsletter dell'Unione delle comunità ebraiche italiane. Svolge inoltre attività di consulenza e insegnamento. Come autore ha pubblicato, tra gli altri, i seguenti libri: Tanti olocausti. La deportazione e l'internamento nei Lager nazisti (Giuntina, Firenze 2005); Israele e Palestina: una terra per due (Ega, Torino 2005), Israele: storia dello Stato 1881-2008, Dal sogno alla realtà (Giuntina, Firenze 2007-2008), Breve storia dello Stato d'Israele (Carocci, Roma 2009), Storia del conflitto israelo-palestinese (Laterza, Roma-Bari 2010),  Triangoli violaStoria della deportazione dei testimoni di Geova nei Lager nazisti (Carocci, Roma 2012) e una Storia del negazionismo (Laterza, Roma-Bari 2013). 
Ecco cosa ci ha detto. 
 
“La storia è sempre contemporanea” diceva Benedetto Croce, la storia ci parla, guardiano al passato ma non per mero ricordo quanto piuttosto per comprendere il senso del presente.


Oggi parliamo della storia dello Stato di Israele, della sua nascita.



E per farlo dobbiamo per prima cosa chiederci: cosa c'era prima dello Stato di Israele? Cosa, chi c'era in quesi “territori”?

Prima del 1948 e anzi prima del 1918, in queste zone non esistevano “stati” come siamo abituati noi ad intendere questo termine, erano “luoghi”, territori, ma non “stati nazionali”. Buona parte dell'Europa, ma anche il Medioriente, era organizzata in Imperi, tanto per citarne alcuni quello austroungarico, quello russo o quello Ottomano, presente nella zona che oggi ci interessa. L'idea di “stato nazionale” come è oggi intesa, mancava.

La prima guerra mondiale irrompe sulla scena e fa saltare del tutto questo sistema imperialista.

L'impero austroungarico implode, nascono nuovi stati europei, l'Impero ottomano fa altrettanto e si riduce sino a svanire per lasciare posto alla moderna Turchia (pochi sapranno, tra l'altro, che la Turchia moderna nasce con un momento molto drammatico e truce, il massacro della popolazione armena).

Nelle zone dove oggi abbiamo Israele e Territori Palestinesi e Giordania cosa succede?

Spesso il nazionalismo palestinese rivendica la territorialità delle zone, sostenendo che da tali zone il popolo palestinse sia stato scacciato dai sionisti. Ma è davvero così?

La Palestina ottomana era un zona divisa e segmentata, assolutamente non unita. Vi erano delle piccole comunità arabe che abitavano in villaggi la zona, ma senza costituire “stato”. Non esisteva affatto uno Stato Palestinese. La Palestina era una zona geografica facente parte dell'Impero ottomano dal 1517 al 1918, salvo una parentesi dal 1832 al 1840 quando fu conquistata da Mehmet Alì, governatore ottomano dell'Egitto, ribellatosi al Sultano di Costantinopoli. Amministrativamente, la Palestina faceva parte del vilayet di Shām (nome preislamico della Siria), ed era stata divisa in varie zone, amministrata dagi ottomani, priva assolutamente di idea nazionale.

Non vi era neppure lo Stato di Israele.

Già a fine ottocento vi erano delle aspirazioni sioniste ma nulla di politicamente concreto sino alla fine della prima guerra mondiale.

La fine della Prima Guerra Mondiale segna dunque la fine degli Imperi, ma non del colonialismo.

Infatti le potenze vincitrici, segnatamente la Francia e l'Inghilterra, si spartiscono la zona del medioriente in “mandati”, zone di influenza cioè su cui amministrare in attesa che la popolazione locale possa forse un giorno essere in grado di autogovernarsi.. Ed è proprio la società delle Nazioni a conferire tali mandati sui territori ex impero ottomano in medioriente, in assenza di indipendenza politica degli stessi.

Quindi se fin al 1918 la zona che oggi è Israele, Territori plaestinesi, Giordania era Impero Ottomano, dopo la prima guerra mondiale è “mandato” britannico.






Nel mentre di questi sconvolgimenti politici, intanto, abbiamo un altro fenomeno:inizia infatti l'immigrazione ebraica in palestina.



Inzia già a fine ottocento e perdura nel primo dopoguerra, in maniera sporadica, la zona è inospitale, paludosa o desertica, non vi sono città, non vi sono campi..alcuni, pochi in verità, non resisteranno alle condizioni di vita e torneranno indietro.

Già nel 1906 abbiamo l'istituzione dell'accademia Bezalel, istituto d'arte ebraica, in cui le lezioni si tengono nella lingua ebraica (che sta tentando di risorgere grazie a Ben Yehuda)


L'immigrazione post 1918 ha caratteri particolari. Va detto che insediamenti ebraici vi erano e di lunga data, erano insediamenti religiosi, su Gerusalemme, Hebron e Safed. Gruppi di studiosi, di ultra ortodossi, molti dei quali persino ostili al sionismo. Questii gruppi coesitevano in pace con altri gruppi, di cristiani e di islamici.



Il movimento sionista, che è un movimento nazionalista con forti ideologie socialiste, non nasce in Palestina,le sue radici sono altrove, sono nella Russia zarista (altro impero pre-prima guerra mondiale!)

Perchè nasce qui?

Nella Russia zarista la vita era dura, durissima, la nazione era arretrata, c'era molta povertà. In questo Impero vi erano molte comunità di ebrei, radunati in shtetl, conducevano vita comunitaria, temendo e guardando con sospetto la popolazione russa non ebraica. E a ragione. Infatti gli ebrei non godevano degli stessi diritti dei russi non ebrei (anche in termini di poter adire la giustizia), la Russia era fortemente antisemita, era praticato un vero antisemitismo di Stato. L'ebreo era usato dal Potere come capro espiatorio, un modo per canalizzare la rabbia della popolazione contro qualcuno.. se la povera gente, arrabbiata per le condizioni sociali, scateva un pogrom (spedizione puntiva dove si bruciava saccheggiava aggrediva lo shtetl e la sua popolazione) si sfogava così ed evitava di dar fastidio al Potere, di contestarlo! Allo zar andava bene una situazione in cui i poveri se la prendeva con altri poveri e in questo modo sfogava la frustazione per le pessime condizioni di vita.

La situazione cosi drammatica, fece si che molti ebrei emigrassero. E dove? 
Negli Usa soprattutto. Gli Stati Uniti erano l'opportunità, erano un vasto territorio con una popolazione minima, era una nazione in divenire, accoglieva a braccia aperte e concedeva opportunità a tutti, non bandando alla religione di appartenenza. Vi era lavoro, lavoro per tutti, cio' attirava migranti da molti Paesi.


La Russia tuttavia era una fucina di idee. L'impero zarista era alle ultime battute, ma cio' non lo si comprendeva ancora, tuttavia le idee brulicavano, specie l'idea socialista.

Ed era idea rivoluzioanria: gli uomini (e le donne) sono tutti uguali, uguali nei diritti e nei doveri.

E' un'idea attivistica, un mettere in atto dei cambiamenti, l'uomo deve contare su stesso, farsi parte del cambiamento. L'uomo non nasce subordinato ad altri ma ha la padronanza della sua vita, puo' e deve decidere cosa fare, insieme agli altri.

Il sionismo nasce in questa fucina di ideologie, e non nasce solo con l'obiettivo di emigrare, ma ha nei suoi geni anche l'idea politica di creare la propria società

Accanto a questo vi è un filone piu' nazionalista, ossia il vedersi nazione e non solo popolo.

Il sionismo, che verrà poi portato avanti da T. Herzl, si pone la domanda sulla meta da scegliere per questa nuova società e nuovo Stato per il popolo ebraico. La meta inizialmente  non è nemmeno la Terra dei Padri,la Palestina..si fanno ipotesi sull'Argentia, l'Uganda..ma il movimento sionista è maggiormente motivato a mettersi in gioco su un territorio dove ancora non vi sia uno Stato, dove non via qualcosa che già esiste, andare ad abitare in Argentina significava andare in uno stato di altri. Ed era molto diverso che abitare in Russia? O in Francia? Si guarda pertanto alla Palestina, in cui già vi erano state immigrazioni di comunità ebraiche e che ospitava unicamente delle comunità arabe, prodotto del disfacimetno ottomano, comunità non unite tra loro, senza soluzione di continuità. Ad esercitare il potere in zona erano i grandi latifondisti. Costoro davano parte della terra a diversi lavoratori arabi e loro famiglie, i quali adottavao un'economia di sussistenza..producevano quanto serviva ai bisogni loro e della loro famiglia oltre quanto da dare al latifondista. Costui aveva proprie milizie per la difesa della proprietà latifondiaria, aveva i piu' pieni diritti nei confronti dei propri lavoratori.

La Palestina viene scelta in quanto la si vede “libera”, gli spazi sono poco occupati, flussi di popolazione ebraica vanno via via ad insediarsi e a volte comprano anche terreni dai latifondisti locali, iniziando ad edificare, a costruire, villaggi, a seminare campi, a bonificare paludi.

Al contempo inizia l'ibridazione con la popolazione locale, la coesistena con le comunità arabe.
Ufficialmente Israele nasce il 14 maggio 1948.

Domanda: la popolazione araba ha sin da subito rigetttato l'imigrazione ebraica?

Prof. Vercelli: No, affatto. Sono incuriositi, ma non infastiditi, lo spazio non mancava, inoltre molti ebrei si radicano in luoghi dove non c'erano comunità arabe.

Sono gli inglesi, mandatari all'epoca, piuttosto, a guardare con apprensione all'immigrazione ebraica, perchè essa andava ad alterare gli equilibri locali, ma in se' gli inglesi avevano come unico interesse quello della madrepatria, che le comunità locali fossero arabe o ebraiche a loro non importava affatto. L'unico motivo per cui gli inglesi erano interessati alla zona non erano certo le popolazioni locali, ma piuttosto erano focalizzati sul controllo della via per l'India.. e ne sono tanto interessati che ci stanziano 100.000 soldati!

La popolazione araba preesistente, come detto, non era un popolo unito, erano piccole comunità per lo piu' familiari o poco piu' grandi, a cui non importava avere per vicini di casa comunità ebraiche, erano incuriositi, ma non ostili.

Quando la comunità ebraica diviene piu' grande cresce e si struttura allora iniziano fenomeni di contrapposizione, soprattutto econonico -sociali. L'insediamento ebraico porta con se nuove tecnologie, nuove produzioni, un nuovo modo di intendere l'economia (non piu' di sola sussistenza, come era intesa dal mondo arabo). Il confronto non è politico ma economico sociale. Anche in questo tema infatti abbiamo una contrapposizione forte: il mondo arabo è improntato a una visione di gruppo in cui l'uomo ha un determinato ruolo, la donna un altro. Il sionismo è basato sull'uguaglianza dei diritti e doveri tra uomo e donna. Per gli arabi del luogo, abituati a ruoli femminili che si occupano esclusivamente di casa e figli, è rivoluzionario vedere donne che lavorano a fianco di uomini, magari sbracciate.. E' un concetto alieno al loro modo di concepire i ruoli..

Lo scontro è tra “culture” differenti, economie differenti; il sionismo scuote profondamente il mondo arabo, diventa davvero un movimento tellurico per il mondo arabo e per i latifondisti della zona, introducendo un mutamento socio-economico notevole.

Il mondo arabo sinora non aveva rivendicazioni nazionaliste, i primi arabi nazionalisti furono alcuni giovani, figli di ricchi arabi che avevano potuto studiare in prestigiose università statunitensi per lo piu', o a Beirut, ma la loro presa sul mondo arabo non fu pesante, l'arabo era abituato a vedersi parte di un gruppo, famigliare, tribale, e non come “Stato” modernamente inteso. Concetto al loro mondo estraneo.

Domanda: la risoluzione 181 dell'ONU: perchè il mondo arabo la rigetto'?

( Nota mia : la risoluzione Onu 181 statui' un piano adottato dall’Assemblea generale delle NU (29 nov. 1947) per la spartizione della Palestina mandataria in due Stati: uno ebraico, comprendente il 56% del territorio, l’altro arabo, sulla parte restante, mentre Gerusalemme sarebbe stata corpus separatum sotto l’amministrazione delle NU. Approvata a larga maggioranza dopo lunghi negoziati preliminari, fu accettata dalla parte ebraica e respinta dalla comunità araba, e non fu mai attuata. Qui sotto quello che la risoluzione 181 prevedeva)
Prof. Vercelli: L'onu, dopo la seconda guerra mondiale statui' una divisone dei territori tra Stato di Israele e popolazione araba, la divisione fu basata su un carattero demografico, ossia dove piu' vi era concetrazione di arabi il territorio sarebbe stato loro e viceversa, non 
fu affatto una divisione basata su terreni piu' o meno produttivi.
Il rigetto arabo fu una volontà politica. Ossia, se sul versante sionista vi era la volontà di avere uno Stato, dall'altra parte questa volontà non ci fu mai.. La prima guerra contro Israele, subito dopo la sua proclamzione, nel 1948, non fu solo una guerra contro lo Stato di Israele ma anche contro l'eventuale costituzione di quello palestinese. Da parte araba non si voleva affatto la nascita di uno Sttao nazionale palestinese .

Chi voleva la separazione dei due gruppi, arabi ed ebrei, ciascuno con un suo stato territoriale, erano solo i sionisti, i quali in questo modo puntavano alla fine delle ostilità. L'altra parte però non voleva questa seprazione e non voleva la fine delle ostilità, puntava piuttosto a mantenere vivo il conflitto.

Il problema è appunto di “riconoscimento”. La parte araba non vuole riconoscersi in uno Stato, e non vuole riconoscere lo Stato dell'altro, Israele. Per loro quello è sempre e solo l'entità sionista.



Domanda: e oggi? A che punto è la situazione?

Prof. Vercelli: Oggi esiste una condizione di status quo. Non è detto che tutta la popolazione palestinse sia contraria allo Stato di Israele, ma il punto è come l'identità palestinese pensa se stessa e che volontà abbia di trovare una soluzione al conflitto e non piuttosto di farlo perdurare.

La questione dei Profughi è vista per esempio sempre e solo univocamente e cioè quei palestinesi che dopo il 48 dovettero, spesso per scelta, lasciare le loro case. Ebbene, v'è da dire che in tempi di sconvolgimenti politici la migrazione di parte di popolazioni vi è sempre stata, anche in europa. Ma soprattutto non si parla mai dei profughi ebrei, cioè quegli ebrei che abitavano da secoli in paesi arabi e che dal 48 furono scacciati, si ritrovarono profughi e approdarono nel neonato stato israeliano..si parla di oltre un milione di profughi ebrei, che lo stato Israele faticò ad assorbire.

In Israele furono temporaneamente collocati in tendopoli, le ma'abarot in ebraico. Queste tendopoli continuarono ad esistere fino al 1963! I loro abitanti furono gradualmente e con successo integrati nella società israeliana, senza ottenere aiuto dalle organizzazioni delle Nazioni Unite per i rifugiati.

L'integrazione comportò comunque dei problemi.

L'Organizzazione mondiale degli ebrei dai paesi arabi (WOJAC) stima che le proprietà ebraiche nei paesi arabi sarebbero valutate oggi a più di $ 300 miliardi di dollari ed le proprietà immobiliari lasciate nelle terre arabe equivarrebbero a 100.000 chilometri quadrati (quattro volte la dimensione dello Stato di Israele)



Anche in questo caso ci troviamo di fronte alla non volontà di trovare una soluzione, ma anzi abbiamo un continuo rimando al problema dei “profughi palestinesi”.. La popoalzione palestinese oggi si attesta sui 10-12milioni di individui, un po' nei territori palestinesi, un po' in alre zone del MO, molti in Usa. Hanno una buona scolarizzazione, una buona economia..pochi sanno che il pil palestinese nell'ultimo anno è stato +7%

Oggi la popolazione israeliana ha varcato la soglia degli 8 milioni di cittadini. Di questi, sei milioni sono ebrei, per cui Israele ospita oggi la comunità ebraica più grande del mondo, ma sono israeliani, cioè con passaporto israeliano, anche 1,6 milioni di arabi, 350.000 cristiani non-arabi e altre minoranze. E' un errore pensare che israeliano sia sinonimo di ebreo o che tutti gli ebrei siano israeliani.


Domanda: perchè gli Usa hanno raggiunto così pochi risultati diplomaticamente in MO?

Prof. Vercelli: Gli usa hanno per lungo tempo giocato al gatto col topo in MO, il loro primario impegno sino alla fine degli anni 80 era piu' che altro di contenimento del comunismo russo, e, mentre il mondo arabo era pericolante, sempre in bilico, Israele era certamente una nazione di modello occidentale, democratica, stabile, un paese basico per gli Usa contro l'espansionismo comunista russo.

La qestione israelo-palestinese invece è piu' recente,non nasce subito..nel 48 possiamo avere un problema legato ai profughi (e arabi ed ebrei) ma nessuna questione palestinese. Questa sorge solo negli anni 70 -80.



Domanda: Come è pensabile che oggi, in un mondo moderno, aperto alle diversità, vi sia ancora un antisemitismo tanto forte?

Prof. Vercelli :La risposta è complessa, certo il pregiudizio è comodo, è molto difficile abbandonarlo e il fatto che si sia in un mondo moderno cio' non esclude la barbarie. Antisemitismo non è necessariamente ignoranza. L'antisemitismo fa parte della tradizione, anche cristiana, ed è difficile dismettere la tradizione.

Con la globalizzazione l'antisemitismo, che è il principale pregiudizio etnico di tutti i tempi, è diventato mondiale. Spinto dai Paesi arabi e islamici, agganciandosi a fonti europee e cristiane di antica matrice, accantonate solo momentaneamente dopo la Shoa, l'antisemitismo è oggi presente in larga misura ovunque. I media digitali - dal web alla tv satellitare - l'hanno messo alla portata di chiunque, ovunque e in qualsiasi momento.

L'antisemitismo globale attinge a vecchi pregiudizi cristiani, musulmani, di sinistra e di destra, ma oggi ha assunto anche nuove forme e dimensioni. Se prima prendeva di mira gli ebrei locali - quelli che si conoscevano direttamente per città, regione o nazione - oggi è accanitamente fissato anche sugli ebrei lontani, ovvero su quelli americani e israeliani. Inoltre, mentre in precedenza era un fenomeno di matrice principalmente sociale o culturale, oggi è anche un fenomeno politico. Per la prima volta, esso occupa un posto centrale nelle strategie e nella politica estera di molti Paesi, contro lo Stato d'Israele.


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