Martedì 6 maggio 2014 il Prof. Claudio
Vercelli è stato ospite dell'Associazione Italia Israele, sez. Alba Bra Langhe e Roero, e in qualità di Segretario dell'Associazione ho avuto l'onore di accompagnarlo presso presso l'Istituto Enologico di Alba, dove ha intrattenuto per due ore gli studenti della 6° classe sul tema "la nascita di Israele"
Il prof. Vercelli è ricercatore di storia contemporanea presso l'Istituto di
studi storici "Gaetano Salvemini" di Torino, collabora con diverse testate tra le quali Pagine Ebraiche e Moked, newsletter dell'Unione
delle comunità ebraiche italiane. Svolge inoltre attività di consulenza e insegnamento. Come
autore ha pubblicato, tra gli altri, i seguenti libri: Tanti olocausti. La deportazione
e l'internamento nei Lager nazisti (Giuntina, Firenze 2005); Israele e Palestina: una terra
per due (Ega, Torino
2005), Israele: storia dello Stato 1881-2008, Dal sogno alla realtà (Giuntina, Firenze 2007-2008), Breve storia dello Stato d'Israele (Carocci, Roma 2009), Storia del conflitto
israelo-palestinese (Laterza,
Roma-Bari 2010), Triangoli viola. Storia della deportazione dei
testimoni di Geova nei Lager nazisti (Carocci, Roma 2012) e una Storia del negazionismo (Laterza, Roma-Bari 2013).
Ecco cosa ci ha detto.
“La storia è sempre contemporanea”
diceva Benedetto Croce, la storia ci parla, guardiano al passato ma
non per mero ricordo quanto piuttosto per comprendere il senso del
presente.
Oggi parliamo della storia dello Stato
di Israele, della sua nascita.
E per farlo dobbiamo per prima cosa
chiederci: cosa c'era prima dello Stato di Israele? Cosa, chi c'era
in quesi “territori”?
Prima del 1948 e anzi prima del 1918,
in queste zone non esistevano “stati” come siamo abituati noi ad
intendere questo termine, erano “luoghi”, territori, ma non
“stati nazionali”. Buona parte dell'Europa, ma anche il Medioriente, era organizzata in
Imperi, tanto per citarne alcuni quello austroungarico, quello russo
o quello Ottomano, presente nella zona che oggi ci interessa. L'idea
di “stato nazionale” come è oggi intesa, mancava.
La prima guerra mondiale irrompe sulla
scena e fa saltare del tutto questo sistema imperialista.
L'impero austroungarico implode,
nascono nuovi stati europei, l'Impero ottomano fa altrettanto e si
riduce sino a svanire per lasciare posto alla moderna Turchia (pochi
sapranno, tra l'altro, che la Turchia moderna nasce con un momento
molto drammatico e truce, il massacro della popolazione armena).
Nelle zone dove oggi abbiamo Israele e
Territori Palestinesi e Giordania cosa succede?
Spesso il nazionalismo palestinese
rivendica la territorialità delle zone, sostenendo che da tali zone
il popolo palestinse sia stato scacciato dai sionisti. Ma è davvero
così?
La Palestina ottomana era un zona
divisa e segmentata, assolutamente non unita. Vi erano delle piccole
comunità arabe che abitavano in villaggi la zona, ma senza
costituire “stato”. Non esisteva affatto uno Stato Palestinese.
La Palestina era una zona geografica facente parte dell'Impero
ottomano dal 1517 al 1918, salvo una parentesi dal 1832 al 1840
quando fu conquistata da Mehmet
Alì, governatore ottomano dell'Egitto, ribellatosi al Sultano di
Costantinopoli. Amministrativamente, la Palestina faceva parte del
vilayet di
Shām (nome preislamico della Siria), ed era stata divisa in varie
zone, amministrata dagi ottomani, priva assolutamente di idea
nazionale.
Non vi era neppure lo Stato di Israele.
Già a fine ottocento vi erano delle
aspirazioni sioniste ma nulla di politicamente concreto sino alla
fine della prima guerra mondiale.
La fine della Prima Guerra Mondiale
segna dunque la fine degli Imperi, ma non del colonialismo.
Infatti le potenze vincitrici,
segnatamente la Francia e l'Inghilterra, si spartiscono la zona del
medioriente in “mandati”, zone di influenza cioè su cui
amministrare in attesa che la popolazione locale possa forse un
giorno essere in grado di autogovernarsi.. Ed è proprio la società
delle Nazioni a conferire tali mandati sui territori ex impero
ottomano in medioriente, in assenza di indipendenza politica degli
stessi.
Quindi se fin al 1918 la zona che oggi
è Israele, Territori plaestinesi, Giordania era Impero Ottomano,
dopo la prima guerra mondiale è “mandato” britannico.
Nel mentre di questi sconvolgimenti
politici, intanto, abbiamo un altro fenomeno:inizia infatti
l'immigrazione ebraica in palestina.
Inzia già a fine ottocento e perdura
nel primo dopoguerra, in maniera sporadica, la zona è inospitale,
paludosa o desertica, non vi sono città, non vi sono campi..alcuni,
pochi in verità, non resisteranno alle condizioni di vita e
torneranno indietro.
Già nel 1906 abbiamo l'istituzione
dell'accademia Bezalel, istituto d'arte ebraica, in cui le lezioni si
tengono nella lingua ebraica (che sta tentando di risorgere grazie a
Ben Yehuda)
L'immigrazione post 1918 ha caratteri
particolari. Va detto che insediamenti ebraici vi erano e di lunga
data, erano insediamenti religiosi, su Gerusalemme, Hebron e Safed.
Gruppi di studiosi, di ultra ortodossi, molti dei quali persino
ostili al sionismo. Questii gruppi coesitevano in pace con altri
gruppi, di cristiani e di islamici.
Il movimento sionista, che è un
movimento nazionalista con forti ideologie socialiste, non nasce in
Palestina,le sue radici sono altrove, sono nella Russia zarista
(altro impero pre-prima guerra mondiale!)
Perchè nasce qui?
Nella Russia zarista la vita era dura,
durissima, la nazione era arretrata, c'era molta povertà. In questo
Impero vi erano molte comunità di ebrei, radunati in shtetl,
conducevano vita comunitaria, temendo e guardando con sospetto la
popolazione russa non ebraica. E a ragione. Infatti gli ebrei non
godevano degli stessi diritti dei russi non ebrei (anche in termini
di poter adire la giustizia), la Russia era fortemente antisemita,
era praticato un vero antisemitismo di Stato. L'ebreo era usato dal
Potere come capro espiatorio, un modo per canalizzare la rabbia della
popolazione contro qualcuno.. se la povera gente, arrabbiata per le
condizioni sociali, scateva un pogrom (spedizione puntiva dove si
bruciava saccheggiava aggrediva lo shtetl e la sua popolazione) si
sfogava così ed evitava di dar fastidio al Potere, di contestarlo!
Allo zar andava bene una situazione in cui i poveri se la prendeva
con altri poveri e in questo modo sfogava la frustazione per le
pessime condizioni di vita.
La situazione cosi drammatica, fece si
che molti ebrei emigrassero. E dove?
Negli Usa soprattutto. Gli
Stati Uniti erano l'opportunità, erano un vasto territorio con una
popolazione minima, era una nazione in divenire, accoglieva a braccia
aperte e concedeva opportunità a tutti, non bandando alla religione
di appartenenza. Vi era lavoro, lavoro per tutti, cio' attirava
migranti da molti Paesi.
La Russia tuttavia era una fucina di
idee. L'impero zarista era alle ultime battute, ma cio' non lo si
comprendeva ancora, tuttavia le idee brulicavano, specie l'idea
socialista.
Ed era idea rivoluzioanria: gli uomini
(e le donne) sono tutti uguali, uguali nei diritti e nei doveri.
E' un'idea
attivistica, un mettere in atto dei cambiamenti, l'uomo deve contare
su stesso, farsi parte del cambiamento. L'uomo non nasce subordinato
ad altri ma ha la padronanza della sua vita, puo' e deve decidere
cosa fare, insieme agli altri.
Il sionismo nasce in
questa fucina di ideologie, e non nasce solo con l'obiettivo di
emigrare, ma ha nei suoi geni anche l'idea politica di creare la
propria società
Accanto a questo vi
è un filone piu' nazionalista, ossia il vedersi nazione e non solo
popolo.
Il sionismo, che
verrà poi portato avanti da T. Herzl, si pone la domanda sulla meta
da scegliere per questa nuova società e nuovo Stato per il popolo
ebraico. La meta inizialmente non è nemmeno la Terra dei Padri,la Palestina..si fanno ipotesi sull'Argentia, l'Uganda..ma il movimento
sionista è maggiormente motivato a mettersi in gioco su un
territorio dove ancora non vi sia uno Stato, dove non via qualcosa
che già esiste, andare ad abitare in Argentina significava andare in
uno stato di altri. Ed era molto diverso che abitare in Russia? O in
Francia? Si guarda pertanto alla Palestina, in cui già vi erano
state immigrazioni di comunità ebraiche e che ospitava unicamente
delle comunità arabe, prodotto del disfacimetno ottomano, comunità
non unite tra loro, senza soluzione di continuità. Ad esercitare il
potere in zona erano i grandi latifondisti. Costoro davano parte
della terra a diversi lavoratori arabi e loro famiglie, i quali
adottavao un'economia di sussistenza..producevano quanto serviva ai
bisogni loro e della loro famiglia oltre quanto da dare al
latifondista. Costui aveva proprie milizie per la difesa della
proprietà latifondiaria, aveva i piu' pieni diritti nei confronti
dei propri lavoratori.
La Palestina viene
scelta in quanto la si vede “libera”, gli spazi sono poco
occupati, flussi di popolazione ebraica vanno via via ad insediarsi e a volte comprano anche
terreni dai latifondisti locali, iniziando ad edificare, a costruire,
villaggi, a seminare campi, a bonificare paludi.
Al contempo inizia
l'ibridazione con la popolazione locale, la coesistena con le
comunità arabe.
Ufficialmente Israele nasce il 14 maggio 1948.
Domanda: la
popolazione araba ha sin da subito rigetttato l'imigrazione ebraica?
Prof. Vercelli:
No, affatto. Sono incuriositi, ma non infastiditi, lo spazio non
mancava, inoltre molti ebrei si radicano in luoghi dove non c'erano
comunità arabe.
Sono gli inglesi,
mandatari all'epoca, piuttosto, a guardare con apprensione
all'immigrazione ebraica, perchè essa andava ad alterare gli
equilibri locali, ma in se' gli inglesi avevano come unico interesse
quello della madrepatria, che le comunità locali fossero arabe o
ebraiche a loro non importava affatto. L'unico motivo per cui gli
inglesi erano interessati alla zona non erano certo le popolazioni
locali, ma piuttosto erano focalizzati sul controllo della via per
l'India.. e ne sono tanto interessati che ci stanziano 100.000
soldati!
La popolazione araba
preesistente, come detto, non era un popolo unito, erano piccole
comunità per lo piu' familiari o poco piu' grandi, a cui non
importava avere per vicini di casa comunità ebraiche, erano
incuriositi, ma non ostili.
Quando la comunità
ebraica diviene piu' grande cresce e si struttura allora iniziano
fenomeni di contrapposizione, soprattutto econonico -sociali.
L'insediamento ebraico porta con se nuove tecnologie, nuove
produzioni, un nuovo modo di intendere l'economia (non piu' di sola
sussistenza, come era intesa dal mondo arabo). Il confronto non è
politico ma economico sociale. Anche in questo tema infatti abbiamo
una contrapposizione forte: il mondo arabo è improntato a una
visione di gruppo in cui l'uomo ha un determinato ruolo, la donna un
altro. Il sionismo è basato sull'uguaglianza dei diritti e doveri
tra uomo e donna. Per gli arabi del luogo, abituati a ruoli
femminili che si occupano esclusivamente di casa e figli, è
rivoluzionario vedere donne che lavorano a fianco di uomini, magari
sbracciate.. E' un concetto alieno al loro modo di concepire i
ruoli..
Lo scontro è tra
“culture” differenti, economie differenti; il sionismo scuote
profondamente il mondo arabo, diventa davvero un movimento tellurico
per il mondo arabo e per i latifondisti della zona, introducendo un
mutamento socio-economico notevole.
Il mondo arabo
sinora non aveva rivendicazioni nazionaliste, i primi arabi
nazionalisti furono alcuni giovani, figli di ricchi arabi che avevano
potuto studiare in prestigiose università statunitensi per lo piu',
o a Beirut, ma la loro presa sul mondo arabo non fu pesante, l'arabo
era abituato a vedersi parte di un gruppo, famigliare, tribale, e non
come “Stato” modernamente inteso. Concetto al loro mondo
estraneo.
Domanda:
la risoluzione 181 dell'ONU: perchè il mondo arabo la rigetto'?
( Nota mia : la
risoluzione Onu 181 statui' un piano adottato dall’Assemblea
generale delle NU (29 nov. 1947) per la spartizione della Palestina
mandataria in due Stati: uno ebraico, comprendente il 56% del
territorio, l’altro arabo, sulla parte restante, mentre Gerusalemme
sarebbe stata corpus separatum sotto l’amministrazione
delle NU. Approvata a larga maggioranza dopo lunghi negoziati
preliminari, fu accettata dalla parte ebraica e respinta dalla
comunità araba, e non fu mai attuata. Qui sotto quello che la
risoluzione 181 prevedeva)
Prof. Vercelli:
L'onu, dopo la seconda guerra mondiale statui' una divisone dei
territori tra Stato di Israele e popolazione araba, la divisione fu
basata su un carattero demografico, ossia dove piu' vi era
concetrazione di arabi il territorio sarebbe stato loro e viceversa,
non
fu affatto una divisione basata su terreni piu' o meno
produttivi.
Il rigetto arabo fu
una volontà politica. Ossia, se sul versante sionista vi era la
volontà di avere uno Stato, dall'altra parte questa volontà non ci
fu mai.. La prima guerra contro Israele, subito dopo la sua
proclamzione, nel 1948, non fu solo una guerra contro lo Stato di
Israele ma anche contro l'eventuale costituzione di quello
palestinese. Da parte araba non si voleva affatto la nascita di uno
Sttao nazionale palestinese .
Chi voleva la
separazione dei due gruppi, arabi ed ebrei, ciascuno con un suo stato
territoriale, erano solo i sionisti, i quali in questo modo puntavano
alla fine delle ostilità. L'altra parte però non voleva questa
seprazione e non voleva la fine delle ostilità, puntava piuttosto a
mantenere vivo il conflitto.
Il problema è
appunto di “riconoscimento”. La parte araba non vuole
riconoscersi in uno Stato, e non vuole riconoscere lo Stato
dell'altro, Israele. Per loro quello è sempre e solo l'entità
sionista.
Domanda: e
oggi? A che punto è la situazione?
Prof. Vercelli:
Oggi esiste una condizione di status quo. Non è detto che tutta la
popolazione palestinse sia contraria allo Stato di Israele, ma il
punto è come l'identità palestinese pensa se stessa e che volontà
abbia di trovare una soluzione al conflitto e non piuttosto di farlo
perdurare.
La questione dei
Profughi è vista per esempio sempre e solo univocamente e cioè quei
palestinesi che dopo il 48 dovettero, spesso per scelta, lasciare le
loro case. Ebbene, v'è da dire che in tempi di sconvolgimenti
politici la migrazione di parte di popolazioni vi è sempre stata,
anche in europa. Ma soprattutto non si parla mai dei profughi ebrei,
cioè quegli ebrei che abitavano da secoli in paesi arabi e che dal
48 furono scacciati, si ritrovarono profughi e approdarono nel
neonato stato israeliano..si parla di oltre un milione di profughi
ebrei, che lo stato Israele faticò ad assorbire.
In Israele furono temporaneamente
collocati in tendopoli, le ma'abarot in ebraico. Queste
tendopoli continuarono ad esistere fino al 1963! I loro abitanti
furono gradualmente e con successo integrati nella società
israeliana, senza ottenere aiuto dalle organizzazioni delle Nazioni
Unite per i rifugiati.
L'integrazione comportò comunque dei problemi.
L'Organizzazione
mondiale degli ebrei dai paesi arabi (WOJAC) stima che le proprietà
ebraiche nei paesi arabi sarebbero valutate oggi a più di $ 300
miliardi di dollari ed le proprietà immobiliari lasciate nelle terre
arabe equivarrebbero a 100.000 chilometri quadrati (quattro volte la
dimensione dello Stato di Israele)
Anche in questo caso
ci troviamo di fronte alla non volontà di trovare una soluzione, ma
anzi abbiamo un continuo rimando al problema dei “profughi
palestinesi”.. La popoalzione palestinese oggi si attesta sui
10-12milioni di individui, un po' nei territori palestinesi, un po'
in alre zone del MO, molti in Usa. Hanno una buona scolarizzazione,
una buona economia..pochi sanno che il pil palestinese nell'ultimo
anno è stato +7%
Oggi la popolazione
israeliana ha varcato la soglia degli 8 milioni di cittadini. Di
questi, sei milioni sono ebrei, per cui Israele ospita oggi la
comunità ebraica più grande del mondo, ma sono israeliani,
cioè con passaporto israeliano, anche 1,6 milioni di
arabi, 350.000 cristiani non-arabi e altre minoranze. E'
un errore pensare che israeliano sia sinonimo di ebreo o che tutti
gli ebrei siano israeliani.
Domanda:
perchè gli Usa hanno raggiunto così pochi risultati
diplomaticamente in MO?
Prof. Vercelli:
Gli usa hanno per lungo tempo giocato al gatto col topo in MO, il
loro primario impegno sino alla fine degli anni 80 era piu' che altro
di contenimento del comunismo russo, e, mentre il mondo arabo era
pericolante, sempre in bilico, Israele era certamente una nazione di
modello occidentale, democratica, stabile, un paese basico per gli
Usa contro l'espansionismo comunista russo.
La qestione
israelo-palestinese invece è piu' recente,non nasce subito..nel 48
possiamo avere un problema legato ai profughi (e arabi ed ebrei) ma
nessuna questione palestinese. Questa sorge solo negli anni 70 -80.
Domanda: Come
è pensabile che oggi, in un mondo moderno, aperto alle diversità,
vi sia ancora un antisemitismo tanto forte?
Prof. Vercelli
:La risposta è complessa, certo il pregiudizio è comodo, è
molto difficile abbandonarlo e il fatto che si sia in un mondo
moderno cio' non esclude la barbarie. Antisemitismo non è
necessariamente ignoranza. L'antisemitismo fa parte della tradizione,
anche cristiana, ed è difficile dismettere la tradizione.
Con la
globalizzazione l'antisemitismo, che è il principale pregiudizio
etnico di tutti i tempi, è diventato mondiale. Spinto dai Paesi
arabi e islamici, agganciandosi a fonti europee e cristiane di antica
matrice, accantonate solo momentaneamente dopo la Shoa,
l'antisemitismo è oggi presente in larga misura ovunque. I media
digitali - dal web alla tv satellitare - l'hanno messo alla portata
di chiunque, ovunque e in qualsiasi momento.
L'antisemitismo
globale attinge a vecchi pregiudizi cristiani, musulmani, di sinistra
e di destra, ma oggi ha assunto anche nuove forme e dimensioni. Se
prima prendeva di mira gli ebrei locali - quelli che si conoscevano
direttamente per città, regione o nazione - oggi è accanitamente
fissato anche sugli ebrei lontani, ovvero su quelli americani e
israeliani. Inoltre, mentre in precedenza era un fenomeno di matrice
principalmente sociale o culturale, oggi è anche un fenomeno
politico. Per la prima volta, esso occupa un posto centrale nelle
strategie e nella politica estera di molti Paesi, contro lo Stato
d'Israele.
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