Pesach è forse la principale ricorrenza ebraica, quest'anno cade tra il 4 e il 12 aprile (14-22 del mese di nisan); ancora oggi la festa, fin dalla vigilia, ricalca le indicazioni bibliche presenti nel Pentateuco, con gli adattamenti resi necessari in seguito alla diaspora ebraica.
In Israele Pesach dura sette giorni, mentre fuori da Israele, nei territori della diaspora, dura otto giorni. La distinzione ha origini antiche: in passato, infatti, nei territori della diaspora era difficile far pervenire per tempo l'esatta data della ricorrenza e, per ovviare all'insorgere di errori, si decise di far durare la celebrazione un giorno in più. La pratica viene mantenuta ancora oggi, nonostante ormai non vi siano più problemi di comunicazione tali da giustificarla, serve solo a sottolineare simbolicamente la differenza tra chi vive nella Terra promessa e chi vive fuori da essa.
La Pasqua è una delle tre feste bibliche di pellegrinaggio (Esodo 23:14-17), celebrata in ricordo della liberazione del popolo israeliano dalla schiavitù d'Egitto. Il primo giorno di Pesach prevedeva una santa convocazione durante la quale veniva offerto a Dio, oltre all'olocausto del mattino, un olocausto di due torelli, un montone e sette agnelli di un anno, i quali dovevano essere senza difetto, insieme a un 'oblazione di cibo di fior di farina mescolata con olio (Numeri 28:19-20). Inoltre veniva offerto anche un capro come sacrificio espiatorio per il peccato. Tutti questi olocausti dovevano essere offerti anche per i sette giorni successivi. Il primo e il settimo giorno di Pesach si celebrava una santa convocazione e non doveva essere svolto alcun lavoro servile (Numeri 28: 16-25) -
Il 14 di Nisan (quest'anno venerdì 3 aprile) è la vigilia di Pesach, detta ta'anìt bekhoròt. In passato, quando esisteva ancora il Tempio di Gerusalemme, ogni famiglia ebrea "sacrificava la Pasqua" per mezzo di un agnello di un anno, senza difetto, ricordando la salvezza degli israeliti dalla piaga dello sterminio dei primogeniti, che invece colpì gli egiziani (episodio ricordato in Esodo 11:1-7); durante la vigilia i primogeniti ebrei digiunano.
Il termine Pesach viene dal verbo pasach, col significato di "passare oltre", in ricordo dell'azione dell'angelo della morte che "passò oltre" i primogeniti israeliti, risparmiando le case i cui stipiti erano segnati con il sangue d'agnello.
Dopo il tramonto del 14, quindi all'inizio del 15 di Nisan, (quest'anno sabato 4 aprile) parte la festa effettiva, che dà il via a sette giorni durante i quali ebrei e non ebrei (questi ultimi in territorio d'Israele) mangiano, come in passato, pani azzimi o matzot (la festa degli Azzimi citata in Esodo 23:14) e organizzano cene di commemorazione con un preciso rituale.
Prima della festa, la sera precedente alla vigilia di Pesach, le case delle famiglie ebree vengono ripulite da ogni traccia di lievito e alimenti lievitati (hamez).
Il lievito rappresenta il peccato e la malvagità.
Quindi, il gesto di eliminare ogni traccia di hamez rappresenta il fare pulizia nella propria vita e nella propria famiglia da ogni peccato e malvagità.
Dopo aver eliminato l'hamez si prendono alcuni pezzetti di pane e si nascondono per casa, di modo che i bambini possano trovarli. La ricerca viene effettuata a lume di candela e ha uno scopo prettamente educativo. Prima di dar via alla ricerca dei pezzetti di pane si pronuncia la benedizione Baruch atah Adonai Elohenu melech a'olam asher kiddeshanu bemitzvotav vetzivvanu al biur chametz ("Benedetto sei Tu Signore Iddio nostro, Re del mondo, che ci hai santificato coi tuoi precetti e ci hai comandato lo sgombro del hamez"). I pezzi di pane trovati vengono, poi, messi da parte fino al mattino seguente, avendo pronunciato la formula Kol chamirà vechamità deica birshtì, delà chamitè udelà viartè, livtil veleevè keafrà dearà ("Qualunque cibo lievitato sia ancora in mio possesso e mi sia sfuggito e sia stato eliminato, sia resto nullo e considerato polvere di terra"). Successivamente, il mattino dopo, vengono presi i pezzi di hametz precedentemente conservati per essere bruciati con gli elementi utilizzati per il Sukkot precedente, ovvero il lulav e i rametti di salice. A questo punto, viene detto quanto segue: Kol chamirà vechamità deica birshtì, dechamitè udelà chamitè, deviartè udelà viartè, livtil veleevè keafrà dearà ("Qualunque cibo lievitato che ancora sia in mio possesso, che lo abbia visto o che mi sia sfuggito, che lo abbia sgombrato o meno, sia resto nullo e considerato polvere di terra").
LA CENA DI PESACH
In tavola, durante il seder, viene sempre lasciato un posto vuoto con la Coppa di Elia posta davanti, dalla quale nessuno deve bere perché è riservata all'Elia delle profezie. Egli, infatti, è colui che annuncia la venuta del Messia escatologico. Il posto, perciò, rimane vuoto nel caso egli venga. Elia, secondo l'ebraismo, verrà e porterà con sé il Messia.
Le pietanze si alternano a meditazioni talmudiche, canti e letture bibliche correlate, introdotte dalla domanda rituale sul senso della celebrazione (anche questa riportata nella Bibbia), posta dai bambini agli adulti, e alla relativa risposta; dopo che gli adulti hanno bevuto la quarta coppa di vino, l'ultima prevista dal rituale, i bambini corrono ad aprire la porta di casa e tutti i commensali, in piedi, esclamano: Baruch haba b'shem Adonai! ("Benedetto colui che viene nel nome del Signore!"). La celebrazione si conclude poi con canti tradizionali che ricordano la potenza di Dio e la comune fede. -
http://iomeetiziana.blogspot.it/2014/04/festivita-ebraiche-pesach.html
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