venerdì 4 aprile 2014

Ebraismo ed amore


L'ebraismo impiega una vasta definizione d'amore, sia tra le persone sia tra la persona umana e il Signore.
La Torah  dice "ama il prossimo tuo come te stesso" (Levitico 19.18). Un individuo deve amare il Signore "con tutto il tuo cuore, tutta la tua anima, tutti i tuoi possedimenti" (Deuteronomio), 6.5 (vedi anche Shemà)..
La letteratura rabbinica differisce su come l'amore possa esser sviluppato, e su come contemplare i beni divini e le meraviglie della natura. L'amore coniugale è considerato un elemento essenziale per la vita: "guarda la vita con la moglie che tu ami" (Ecclesiaste 9.9). Il testo biblico del Cantico dei Cantici è considerato una metafora romantica dell'amore di Dio verso il suo popolo. Il rabbino Eliyahu Eliezer Dessler è invece noto per aver definito l'amore secondo la concezione ebraica come "dare senza aspettarsi di ricevere".
L'amore romantico di per sé ha poche citazioni nella letteratura ebraica, sebbene il rabbino medievale Judah Halevi scrisse poesie romantiche in arabo durante la giovinezza.


L'Ebraismo offre una quantità di considerazioni circa l'amore per Dio e l'amore tra esseri umani. L'amore è un valore centrale nell'Etica ebraica e Teologia ebraica.
La parola ebraica basilare per "amore" – אהבה, ahavah – viene usata per descrivere sentimenti intimi o romantici o relazionali, come per esempio l'amore tra genitore e figlio in Genesi 22:2,25,28-37:3, l'amore tra amici intimi in 1 Samuele 18:2,20:17, o l'amore tra un giovane e una giovane nel Cantico dei cantici.
Un'altra parola usata spesso per indicare amore – חסד, chesed – è di solito tradotta come "gentilezza amorevole" o "misericordia/carità". Comprende aspetti di affetto, bontà e compassione. Daniel Elazar ha notato che "Chesed" non può essere facilmente tradotto in inglese (o italiano), ma che vuol dire qualcosa come "obbligo di patto d'amore", un tipo di amore che va al di là della preoccupazione di rispettare e seguire leggi o contratti.[1]

Nel pensiero ebraico, il matrimonio, viene considerato l’unico legame capace d’innalzare e perfezionare la personalità individuale attraverso l’amore e la mutualità. Questa unione è considerata talmente importante che “ad un uomo è permesso vendere un rotolo della Torah allo scopo di sposarsi e una donna tollererà un matrimonio infelice pur di non rimanere sola”.

Il Matrimonio ebraico ha come scopo principale la creazione di una forte amicizia e complicità all’interno della coppia. La particolare situazione di complicità supera d’importanza l’amore, di cui è fondamento. L’amicizia tra partners viene considerata una particolare situazione d’intimità esclusiva che si crea qualora "un uomo ami la propria moglie quanto la sua stessa persona e la rispetti più di se stesso, sia compassionevole nei suoi riguardi, la protegga come avrebbe cura di se stesso così che lei lo amerà come se fosse parte di lui".
L’enfasi posta dalla tradizione ebraica sul concetto di "amicizia" emerge dal fatto che delle sette benedizioni nuziali, due celebrano l’amicizia e la complicità. Le benedizioni nuziali non includono invece una citazione che illustri l’importanza della "mitzvà" della procreazione. L’ultima benedizione elenca dieci sinonimi della parola "gioia" che, posti in un crescendo, raggiungono il climax con la benedizione a Dio che gioisce con gli sposi; questa benedizione ha lo scopo d’insegnare agli sposi che il fine ultimo dell’esistenza è il miglioramento del mondo e la glorificazione di Dio.


Forte come la morte è l’amore”. E’ uno struggente e terribile verso del Cantico dei Cantici a dare il titolo all’antologia, curata da Sara Ferrari e pubblicata dalla casa editrice Salomone Belforte & C. di Livorno, in cui sono raccolte le poesie scritte in ebraico in tremila anni di storia del popolo d’Israele. Il libro non può che iniziare con il testo integrale del Cantico dei Cantici, inno alla donna e alla sua bellezza, che non è solo membra aggraziate e occhi sognanti, ma anche e soprattutto il coraggio di vivere l’amore nella piena coscienza di quanto questo sentimento possa essere terribile. A questo splendido inizio seguono le liriche sensuali della Spagna del X secolo, che ci trasportano nella magia del califfato di Cordoba, dell’Alhambra di Granada. Qui arabi ed ebrei vivono gli uni al fianco degli altri, in un vivace e reciproco scambio culturale, che ha dato vita a quella che è stata definita “l’età dell’oro” della poesia medievale ebraica. Le donne sono gazzelle o cerbiatte, creature di soave bellezza, per lo più crudeli e insensibili al richiamo di uomini disperati e disposti a morire per amore. Non meno sensuali di quelle destinate alle donne sono poi le liriche d’amore indirizzate a giovani uomini scritte dai maggiori poeti ebrei del tempo. La storia della poesia d’amore ebraica, in tempi più recenti, riflette inevitabilmente la tormentata storia d’Israele. Amore e guerra allora si sovrappongono in un turbine di sentimenti contrastanti, come in Poesia d’amore israeliana di Moshe Dor, dove l’inquietudine dei conflitti arriva quasi a cancellare dalla memoria la donna amata. Ma l’uomo ha bisogno dell’amore, della sua ebbrezza, che si chiami “Rosalia, Laura, Eva, Avigail” oppure “Morte”, parafrasando Pinhas Sade. Amore può essere la semplice libertà dello scegliersi espresso da Perché con te di Yonah Wallach, o il sadismo insito in Vengo di Aryeh Sivan. Esso può avere il dolceamaro sapore della terra natale, come in Topografia di Moshe Dor, o essere elevato a icona ideologica, come in Politica di Aharon Shabtay; può camminare spavaldo per la città come la protagonista di Schizzi di Tel Aviv di Meir Wieseltier o procedere incerto tra affermazione e negazione, come in Terza danza di Hezy Leskly. Nelle sue molteplici sfaccettature, l’amore appare dunque sempre diverso, sebbene in realtà esso non muti mai nella sostanza, nel suo essere forza salvifica e sconvolgente. Un amore che è dolce, ma nello stesso tempo duole. Del più tremendo e soave dei dolori.

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